Come Benedetto XVI ha accolto l’idea del tema?
Come al solito, noi abbiamo presentato tre possibilità. Lui ha scelto il tema dell’Europa, ma con una certa esitazione, devo dire. Quando lo ha scelto, ha posto la domanda: “E’ ancora viva l’Europa? C’è ancora una Europa? Esiste veramente l’Europa?” E poi ha aggiunto: “Se scegliamo questo tema, dobbiamo fare una analisi profonda, altrimenti non saremo in grado di parlare in maniera approfondita delle sfide dell’Europa.
Questa esitazione di Benedetto XVI è interessante, dato che il Papa emerito ha dedicato all’Europa pagine straordinarie, con grandi riflessioni sulla crisi dell’Europa, ma anche con una visione che sembrava quasi speranzosa. Cosa pensa oggi Benedetto dell’Europa?
Non ne abbiamo discusso a fondo, ma sono rimasto colpito dal commento del Papa: non me lo aspettavo. Eppure, questa ansia è condivisa, anche dal professor Joseph H.H. Weiler, che sarà uno dei due relatori al Ratzinger Schuelerkreis quest’anno.
Quale è la grande sfida della Chiesa in Europa secondo il pensiero di Benedetto XVI?
Lui non ha mai fatto teologia politica, perché per il Papa emerito la politica è una cosa etica. Ci tiene a separare la religione dalla politica, nel cristianesimo c’è una certa distanza tra Chiesa e Stato. Benedetto XVI ritiene piuttosto che la politica, le decisioni dei governi, debbano avere un fondamento etico. È questa la grande sfida della Chiesa, della fede: quello di dare un fondamento etico ai politici. Benedetto XVI pensa che anche il mondo laico possa accettare le conclusioni della fede, perché la fede porta in sé la verità e aiuta a conoscere dunque la verità etica. Per questo, Benedetto XVI pensa che in qualche modo la fede può salvare la politica dando questo fondamento.
La fede come seme della società, come sorgente di un pensiero di largo respiro…
Sì, perché Benedetto XVI non crede che i filosofi debbano essere credenti per accettare temi e pensieri della fede. Ma la fede dà da pensare. Così, con la fede si salva anche la filosofia, perché il pensiero filosofico si è troppo ristretto alle cose concrete, pratiche, e non alle grandi sfide.
Di quali grandi sfide parlerete allo Schuelerkreis?
Prima faremo una analisi di ciò che manca all’Europa, e poi discuteremo anche di questa idea che la fede può salvare la filosofia. Una idea opposta alle tendenze che mirano ad eliminare la fede dal pensiero.
Cosa vi aspettate dai due relatori, il professor Weiler e il vescovo emerito Egon Kapellari?
Ci aspettiamo dal professor Weiler l’analisi: lui conosce come giurista quale è la situazione, in che modo l’etica e la fede vengono toccate dalla politica europea. In pià, le può vedere dall’esterno della fede cristiana, essendo ebreo. Ma allo stesso tempo, viene dalla stessa tradizione della Bibbia, e accetta molto bene i valori cristiani, come il perdono come strumento nelle relazioni tra gli Stati. Per quanto riguarda il vescovo Kapellari, questi ci parlerà dei diversi cantieri in cui la Chiesa è chiamata a collaborare con le istituzioni, e lui pensa forse anche alla sfida dell’integrazione dell’immigrazione di persone di religione islamica.
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Dopo lo Schuelerkreis, in che modo ciascuno di voi svilupperà il tema della crisi dell'Europa nelle vostre posizioni, in Accademia o in società?
Stiamo ampliando il nostro punto di vista. Per esempio, c’è l’arcivescovo Bartholomew Adokonou, dall’Africa, che è parte dello Schuelerkreis, e che considera la sfida europea cruciale. Non potrà essere presente, ma avrebbe voluto. Sottolinea con forza il problema che la politica europea non ha rispetto per le religioni. Si vuole imporre un mondo secolarizzato, non religioso. E questo livello di relazione interculturale – dice, con Papa Benedetto – non porta a un vero dialogo, perché mette da parte la religione. Eppure le religioni che il mondo secolarizzato vuole distruggere ha un valore. Ma sviluppiamo varie altre dimensioni: un nostro membro, Burns, è un giurista che proviene dagli Stati Uniti, dove c’è una separazione ancora più grande tra Stato e Chiesa.
E poi c’è il punto di vista tedesco…
Sì, dove c’è una connessione troppo stretta tra Stato e Chiesa, come diceva Benedetto XVI. La Chiesa deve liberarsi un po’ da questo vincolo. Abbiamo molte grandi istituzioni, come la Caritas, ma quanti lavorano in queste istituzioni sono cristiani senza fare davvero una vita cristiana. Dobbiamo pensare a una vita nella fede, più che alle strutture. Forse è necessario lasciare le istituzioni che non portano veramente qualcosa di cristiano.
È la demondanizzazione di cui parlava Benedetto XVI...
Esattamente. Sono questi i sentimenti che portiamo con noi, e vogliamo veramente aiutare a diffondere le idee di Papa Benedetto.