Rimini , mercoledì, 24. agosto, 2016 13:00 (ACI Stampa).
Al Meeting dell’Amicizia tra i popoli continua il dialogo ‘politico-religioso’ tra intellettuali sulla convivenza tra i cristiani ed i mussulmani. Aziz Hasanović, è il Gran Muftì di Croazia, autorità riconosciuta dallo Stato e dai Governi del mondo, portatore di un modello di convivenza tra musulmani e cristiani, trasferitosi da Srebrenica dove ha avuto 38 membri della famiglia sterminati.
Hasanović ha ringraziato il pubblico per l’accoglienza, mentre sul maxischermo è apparsa la foto dell’incontro sul sagrato di san Pietro tra lui e papa Francesco: “Il dramma è la forza che si dà alla religione come fonte di legittimità della violenza e le persone che usano la religione per giustificare le guerre.
Le stragi colpiscono noi per primi insieme alle persone innocenti che muoiono”. Chiarita la differenza tra Islam e mussulmani, il Gran Muftì ha ribadito che occorre combattere l’ignoranza: “La persona è condizionata dal contesto in cui cresce, alcuni musulmani rifiutano costumi credendoli contrari al proprio credo, riducono la religione invece di viverla pienamente e questo porta a un’introversione. L’Islam vieta solo i costumi che contraddicono la religione e molti sono incapaci di vivere l’anima e il tempo in cui si trovano”. Dopo alcune testimonianze di integrazione ha preso la parola Wael Farouq, vicepresidente del Meeting del Cairo e docente presso l’Istituto di Lingua Araba all’Università Americana del Cairo e dell’Università Cattolica di Milano, che si è detto “grato per il Meeting dove vedo una proposta. Il mondo è diviso tra chi condanna e chi dice ‘ma che te ne importa’.
Qui si cerca, con la certezza di trovare un bene e un bene per me”. Il docente universitario ha spiegato anche l’assenza dei musulmani dalla scena politica e sociale italiana: “Vengono da paesi dove regnano dittature. Questa assenza non ha a che fare con la modernità”. Infine ha risposto alla domanda fondamentale a cui il Meeting invita da alcuni anni gli intellettuali a rispondere: quale Europa e quale cultura? “Viviamo nella cultura del nulla. Provate a chiedere a qualcuno cosa significhi libertà. La risposta sarà quella di Caino dopo aver ucciso il fratello: a me che importa? I grandi valori occidentali sono stati svuotati del loro significato. Sono occidentali quelli che acquistano petrolio dall’Isis, che gli vendono le armi: sono i Caino, dicono a me che importa?. Invece il cuore pulsante è alla ricerca dell’amore e l’amore è la condizione della fede”.
Poi il professore ha ribadito che occorre che cresca un Islam ‘europeo’, come quello tracciato dal Gran Muftì: “L’unica soluzione al problema dell’islam in Europa è un islam europeo. L’islam non è una religione araba, ma uno spazio aperto a tutte le culture che possono arricchirlo e allargare i suoi orizzonti. I precetti dell’islam hanno sempre subito mutazioni con il tempo e lo spazio, è il solido fondamento alla base di tutti i contributi che l’islam ha dato alla civiltà umana. Il musulmano europeo, oggi, deve dunque restituire all’islam il suo spirito pluralista. Le società europee, dal canto loro, devono aprire lo spazio pubblico a un vero pluralismo, moralmente fondato sull’amore per il prossimo e non sul ‘che me ne importa’… Quale identità ha un giovane di 18 anni; quale cultura ha, a quali modelli si può ispirare?. Queste sono le vere domande e non si può parlare di accidente, ma bisogna analizzare le cause nel profondo, partendo dal laicismo che spinge a considerare sacra qualsiasi ideologia, dove il potere diventa esso stesso una religione”.