Bari , venerdì, 1. maggio, 2015 17:39 (ACI Stampa).
Raccontano che avesse uno sguardo vivo e calmo, e un carisma di leader naturale. E che fu proprio questo a renderlo amatissimo dalla popolazione, rispettato dalla popolazione, ma anche temuto dai suoi stessi capi. Perché Aldo Gastaldi era entrato nella Resistenza, nelle Brigate Garibaldi, praticamente da subito, tanto che è riconosciuto come “Primo partigiano di Italia.” Ma di certo considerava la Resistenza come un movimento unico di liberazione, senza connotazioni politiche poi invece sono giocoforza entrate, nel tentativo di accaparrarsi il potere e di raccontare la storia.
Settanta anni dopo la Liberazione, dopo moltissimi libri che hanno “revisionato” quella parte di storia di Italia e hanno cercato di ripulirla da ogni connotazione di partito, l’immagine di questo cattolico fervente spicca tra tutte le altre. Marco Gandolfo, ligure di origini, con varie esperienze di montaggio televisivo e regista con Paul Badde di "Baddes Bilder", gli ha dedicato un lungometraggio, “Bisagno”, che è stato presentato il 29 aprile all’Università Cattolica di Milano. Ha raccontato Aldo Gastaldi con la voce di chi lo aveva conosciuto, andando a incontrare parenti, nipoti, facendo – come ogni giornalista dovrebbe fare – un passo indietro rispetto alla storia. Perché la storia è potente, e si racconta da sé.
Nato nel 1921, Aldo Gastaldi aveva appena 21 anni quando le sorti dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale cambiarono radicalmente. Lui, ufficiale dell’esercito, il 25 luglio 1943, giorno della caduta di Mussolini, andò con i suoi uomini a distruggere i simboli della Casa del Fascio. L’8 settembre, giorno della firma dell’armistizio, fece nascondere ai suoi uomini armi e munizioni all’arrivo dell’occupazione tedesca. E subito entrò nella Resistenza, prendendo la strada delle montagne, e diventando il capo della divisione Cichero, che divenne una delle più famose della guerra.
Perché la divisione Cichero aveva un codice severissimo, che alcuni consideravano quasi ai limiti della sopravvivenza. Ma era probabilmente l’unico modo di tenere unito e disciplinato un plotone di ex soldati, ma anche cittadini comuni che avevano preso la strada delle montagne per resistere ai nazifascisti. E Bisagno, con le sue doti naturali di condottiero, era presto diventato un punto di riferimento.
Un punto di riferimento tale che era temuto dagli stessi vertici delle Brigate Garibaldi. Cattolico fervente, Gastaldi aveva una mentalità completamente apartitica. L’idea della “presa di potere” era completamente lontana dalla sua testa.