Città del Vaticano , sabato, 6. agosto, 2016 10:00 (ACI Stampa).
Non hanno dovuto solo superare allenamenti durissimi, ma anche guerre e persecuzioni: sono i dieci membri del ROT, il Refugee Olympic Team, cui Papa Francesco ha mandato un messaggio di auguri alla vigilia della cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Rio, riportato il 5 agosto sull’Osservatore Romano.
“Che il coraggio e la forza che portate dentro possano esprimere attraverso i Giochi Olimpici un grido di fratellanza e di pace”, scrive Papa Francesco.
L’augurio del Papa è che “tramite voi tutti, l’umanità comprenda che la pace è possibile, che con la pace tutto si può guadagnare; invece con la guerra tutto si può perdere”. E spera, il Papa, che la testimonianza degli atleti rifugiati “faccia bene a tutti”.
Alla cerimonia di inaugurazione di ieri, la squadra dei rifugiati ha sfilato sotto la bandiera olimpica, appena prima del Brasile, Paese ospitante. Cinque di questi atleti arrivano dal Sud Sudan, due dalla Siria, due dal Congo, uno dall’Etiopia. Sono stati selezionati tra 43 candidati – come ha sottolineato il presidente del Comitato Olimpico Thomas Bach – “non hanno casa, non hanno una squadra, né una bandiera o un inno”. Per questo, hanno sfilato sotto il vessillo olimpico, con l’inno delle Olimpiadi li rappresenterà, dando “un segnale di speranza per tutti i rifugiati del mondo”.
Il profilo di questi dieci atleti è stato delineato da Ettore Sutti in “Scarp de’ Tenis”, mensile di strada della Caritas. Sutti ricorda in particolare la siriana Yusra Mardini, uno dei volti più noti della selezione, ragazzi di 15 anni che “è stata quella che, insieme ad altri, nell’agosto del 2015 si è tuffata dal barcone che stava affondando nelle acque del Mare Egeo con 20 migranti a bordo, e per tre ore lo ha trascinato fino a mettere tutti in salvo sulle coste dell’Isola di Lesbo”.