Cracovia , martedì, 2. agosto, 2016 16:00 (ACI Stampa).
“Anche oggi, Giovanni Paolo II chiederebbe di non avere paura… di non avere paura degli attentati, di parlare insieme, di pregare insieme, di cantare insieme”. Don Jan Machniak, sacerdote tra i più ascoltati da Giovanni Paolo II e membro della commissione storica della causa di beatificazione, riceva ACI Stampa nella canonica di via Kanoniczka, a due passi da quella che è stata la prima casa dell’arcivescovo Wojtyla a Cracovia. Racconta dell’eredità di Giovanni Paolo II, della Polonia, della devozione della Divina Misericordia di cui lui è un esperto.
Padre Machniak, quale è l’eredità che Giovanni Paolo II ha lasciato alla Polonia?
Giovanni Paolo II ha fatto della Polonia un Paese aperto al mondo. Quando venne a visitarci per la prima volta, chiese che scendesse lo Spirito Santo e desse la forza. E questa forza si sentiva, si percepiva che qualcosa andava a cambiare in Polonia. Era questa apertura al mondo che noi sognavamo di vedere, ma che la Cortina di Ferro non ci permetteva di vivere.
E come è venuta questa apertura?
Giovanni Paolo II ci ha detto che Cristo è il futuro del mondo. Dopo 2 mila anni di cristianesimo, c’erano nuove correnti filosofiche come il comunismo e l’esistenzialismo che dicevano che il cristianesimo era finito, non aveva forza. Veniva anche detto che il capitalismo legato al cristianesimo aveva distrutto il cristianesimo stesso. Giovanni Paolo II ha invece dimostrato che il cristianesimo è invece qualcosa che ti spinge allo sviluppo, a scoprire nuove prospettive, nuovi livelli di vita. Noi, da studenti, eravamo affascinati dall’esistenzialismo, era di moda, e lo contrapponevamo al comunismo, cui non credevamo. Giovanni Paolo II ci ha detto che né l’esistenzialismo, né il comunismo erano la risposta. La risposta era l’apertura al mondo, perché il cristiano è capace di cambiare il mondo. Ha portato in questo senso nuova luce e nuovo respiro.