Cracovia , venerdì, 29. luglio, 2016 12:00 (ACI Stampa).
L’invito ad “essere dissidenti”, a diventare “costruttori di una nuova società”, ad andare oltre la situazione contingente, il Cardinale Angelo Bagnasco lo lancia ai giovani che affollano la Chiesa dei Bernardini, appena dietro il Wavel, a fianco Casa Italia. È l’invito ad essere rivoluzionari nel modo giusto. Vale a dire, a riscoprire se stessi, e a scoprire il proprio legame con Dio, per trovare le risposte ed essere costruttori di una nuova civiltà.
In una catechesi di circa un’ora, densa di riferimenti a Georges Bernanos, Jacques Maritain, Emmanuel Mounier, Martin Buber, Romano Guardini, l presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha invitato i giovani a guardarsi dentro ogni giorno, per scoprire di volta in volta l’intimo legame con Dio, a non cadere nel peccato della solitudine, il peccato di Adamo, quel pensare di essere autosufficienti che ci porta solo a isolarci da tutti, e a fare errori.
E a chi gli obiettava che il silenzio che chiedeva forse era troppo difficile, perché ormai si era sempre connessi ai social e se non si rimaneva connessi si veniva esclusi dal gruppo, il Cardinale ha risposto: “Esiste nella nostra vita la disciplina? Noi dobbiamo mettere in atto delle regole ogni tanto, delle selezioni, le regole sono libertà”.
Esattamente il contrario di quello che viene spiegato nella mentalità corrente, sempre più individualista, sempre più tesa ad andare oltre le regole. “Respiriamo un’aria di menzogna – denuncia il Cardinale - Ci vogliono far credere delle cose e ci dicono ciò che non dobbiamo pensare e non dobbiamo dire”.
Da qui, l’invito ai giovani: “Voi dovete creare delle polis alternative, delle città diverse con un linguaggio nuovo. E gli spazi, ecco le parrocchie, degli spazi dove il modo di pensare, il modo di giudicare le cose sia nuovo. Perché bisogna giudicare, non è vero che non si devono dare giudizi. Anche Gesù giudicava! Quello che diceva è che l’altro non deve essere schiacciato dal tuo giudizio. Ma questo non significa non creare spazi alternativi per il modo di giudicare, di valutare, di proporsi”.