Città del Vaticano , domenica, 10. luglio, 2016 12:15 (ACI Stampa).
Nell’Angelus della seconda Domenica di Luglio,in Piazza San Pietro, Papa Francesco commenta la parabola della liturgia odierna tratta dal Vangelo di Luca, quella del “buon samaritano”.
“Essa – dice Francesco - nel suo racconto semplice e stimolante, indica uno stile di vita, il cui baricentro non siamo noi stessi, ma gli altri, con le loro difficoltà, che incontriamo sul nostro cammino e che ci interpellano. E quando gli altri non ci interpellano qualcosa in quel cuore non è cristiana”.
“Chi è il mio prossimo?”, viene chiesto da un dottore della legge nella parabola. E il Papa invita i fedeli a porsi queste domande : “Chi è il mio prossimo? Chi devo amare come me stesso? I miei parenti? I miei amici? I miei connazionali? Quelli della mia stessa religione?...”
Gesù risponde con la parabola del buon samaritano e il Papa ne rammenta la storia: “Un uomo, lungo la strada da Gerusalemme a Gerico, è stato assalito dai briganti, malmenato e abbandonato. Per quella strada passano prima un sacerdote e poi un levita, i quali, pur vedendo l’uomo ferito, non si fermano e tirano dritto. Passa poi un samaritano, cioè un abitante della Samaria, come tale disprezzato dai giudei perché non osservante della vera religione; e invece proprio lui, quando vide quel povero sventurato, ne ebbe compassione, lo portò in un albergo e si prese cura di lui”.
“Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?” chiede Gesù al dottore della Legge e lui risponde “Chi ha avuto compassione di lui”. E qui Francesco commenta: “In questo modo Gesù ha ribaltato completamente la prospettiva iniziale del dottore della legge – e anche nostra! –non devo catalogare gli altri per decidere chi è mio prossimo e chi non lo è. Dipende da me essere o non essere prossimo della persona che incontro e che ha bisogno di aiuto, anche se estranea o magari ostile”.