Città del Vaticano , domenica, 26. giugno, 2016 14:15 (ACI Stampa).
Confermano le parole che già avevano scritto i loro predecessori Papa Francesco e Karekin II e definisce il “ Grande Male”, "quello che viene generalmente indicato come il primo genocidio del XX secolo". Era il 2001 e la Santa Sede diventava la guida politica di un processo di riconciliazione che sta ancora svolgendosi, ma che dalle parole dei Patriarchi armeni, sembra ancora lontana.
Ma la dichiarazione comune che fino all’ultimo momento è stata in forse, va oltre la parola “genocidio”, oltre il 1915, e arriva ai martiri di oggi. “Siamo purtroppo testimoni- scrivono i due leaders religiosi- di un’immensa tragedia che avviene davanti ai nostri occhi: di innumerevoli persone innocenti uccise, deportate o costrette a un doloroso e incerto esilio da continui conflitti a base etnica, politica e religiosa nel Medio Oriente e in altre parti del mondo. Ne consegue che le minoranze etniche e religiose sono diventate l’obiettivo di persecuzioni e di trattamenti crudeli, al punto che tali sofferenze a motivo dell’appartenenza ad una confessione religiosa sono divenute una realtà quotidiana”.
É l’ecumenismo del sangue di cui parla sempre Papa Francesco, con i martiri per i quali , dicono “imploriamo i capi delle nazioni di ascoltare la richiesta di milioni di esseri umani, che attendono con ansia pace e giustizia nel mondo, che chiedono il rispetto dei diritti loro attribuiti da Dio, che hanno urgente bisogno di pane, non di armi. Purtroppo assistiamo a una presentazione della religione e dei valori religiosi in un modo fondamentalistico, che viene usato per giustificare la diffusione dell’odio, della discriminazione e della violenza. La giustificazione di tali crimini sulla base di idee religiose è inaccettabile”.
E i cristiani, proprio perché cristiani sono “chiamati a cercare e sviluppare vie di riconciliazione e di pace. A questo proposito esprimiamo anche la nostra speranza per una soluzione pacifica delle questioni riguardanti il Nagorno-Karabakh”.
Francesco e Karekin chiedono di aprire i cuori e le mani “alle vittime della guerra e del terrorismo, ai rifugiati e alle loro famiglie. E’ in gioco il senso stesso della nostra umanità, della nostra solidarietà, compassione e generosità, che può essere espresso in modo appropriato solamente mediante un immediato e pratico impiego di risorse. Riconosciamo che tutto ciò è già stato fatto, ma ribadiamo che molto di più si richiede da parte dei responsabili politici e della comunità internazionale al fine di assicurare il diritto di tutti a vivere in pace e sicurezza, per sostenere lo stato di diritto, per proteggere le minoranze religiose ed etniche, per combattere il traffico e il contrabbando di esseri umani”.