Roma , venerdì, 1. luglio, 2016 15:00 (ACI Stampa).
“Bisogna gridare con forza che occorre verità non solo per Giulio Regeni e per gli altri attivisti che in questi momenti in Siria stanno operando per la pace, ma anche per padre Paolo Dall’Oglio, che - da quel che è dato sapere - è ancora vivo”.
A queste parole scatta convinto l’applauso di tutti i presenti ed è qui che la nipote del gesuita, rapito in Siria il 29 luglio 2013, si alza d’impeto dalla platea per abbracciare Lorenzo Trombetta, esperto di Medio Oriente e studioso della Siria contemporanea, corrispondente da Beirut per l’agenzia Ansa. E’ stato questo il momento più toccante della cerimonia che giovedì 23 giugno ha radunato al Maxxi di Roma i vincitori del Premio Archivio Disarmo Colombe d’Oro per la pace 2016, giunto quest’anno alla XXXII edizione. Insieme al blogger Diego Bianchi, alias “Zoro”, conduttore della trasmissione televisiva su Rai3 Gazebo, e alla cronista di Avvenire Lucia Capuzzi, Trombetta è stato il terzo premiato per la “sezione giornalisti”, mentre a Don Mosè Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, e al progetto “Corridoi umanitari”, sostenuto da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, è andato il Premio Colomba d’Oro internazionale.
Significativa la motivazione per il Premio assegnato a “Zoro”, che “sdoganando l’informazione dal dominio delle grandi concentrazioni editoriali e televisive, ha introdotto in televisione un linguaggio fresco e moderno che parla ai giovani”, unendo a esso “una serietà di contenuti nell’originale testimonianza sulle periferie metropolitane e sui drammi dell’immigrazione”. “Il conflitto è ormai entrato dentro casa – ha commentato Diego Bianchi -. Nell’informazione degli ultimi anni gli Esteri sono stati un po’ bistrattati, ma quando arrivano dentro casa, non solo a Lampedusa ma in tutta l’Italia, si ha un motivo in più per parlare degli Esteri. Come? Andando direttamente nei posti a farci permeare da quello che vediamo.
Tutto sta nel raccontarlo, dopo, nella maniera più diretta”. Altrettanto partecipata la testimonianza di Lucia Capuzzi, che dopo un iniziale percorso accademico, ha cominciato la sua carriera giornalistica in Rai per approdare oggi ad Avvenire - dove si occupa di conflitti dimenticati, narcotraffico, tematiche umanitarie, soprattutto in America Latina - e che ha ringraziato insieme al suo direttore, Marco Tarquinio, presente in sala, per il sostegno e il supporto ricevuti. Impressionanti le cifre fornite dalla reporter: “Duecentocinquantamila persone uccise, 30 giovani massacrati ogni giorno a El Salvador, 400 mila persone all’anno che tentano il viaggio-incubo dal Centro America agli Stati Uniti. Non è solo violenza strutturale. È guerra”. Per la giornalista occorre allargarne il concetto, perché “guerra” non è solo una lotta fra eserciti, ma una quotidiana violenza diffusa a danno dei più poveri e degli esclusi.
“Poche volte mi sono trovato a digitare “pace” nei miei pezzi. In realtà la tocco con mano in episodi di vita locali, difficili da raccontare in un take di 30 righe per l’Ansa” - ha affermato il terzo premiato, Lorenzo Trombetta, che da anni segue e approfondisce la complessa questione siriana e che ha voluto dedicare il suo premio a Padre Dall’Oglio. “Pace in Medio Oriente a volte può essere una foglia di fico, due belle parole e poco altro”, ha proseguito. “In realtà è un percorso lungo, da costruire, in cui le popolazioni coinvolte dovrebbero pensare che c’è interesse anche per loro nello smettersi di fare la guerra”.