Città del Vaticano , lunedì, 20. giugno, 2016 9:00 (ACI Stampa).
La parola chiave è “genocidio”. Così dovrebbe essere definito il massacro degli armeni, che furono deportati dalla parte orientale della Turchia e uccisi in massa durante la I Guerra Mondiale. Gli armeni lo chiamano “il Grande Male”, la Turchia rifiuta la definizione tanto che ogni volta che uno stato la usa, c’è crisi diplomatica. Ma Papa Francesco non ha avuto paura a dirlo. E lo potrebbe dire ancora, secondo padre Georges-Henry Ruyssen, gesuita, canonista, che si è avvicinato alla questione armena grazie ad un incontro, e che ha curato sette volumi fitti di documenti, dispacci diplomatici, lettere che dimostrano come la Santa Sede non solo fosse al corrente, ma fosse anche l’unica potenza ad essersi davvero attivata per fermare quel massacro dimenticato. Papa Francesco sarà in Armenia dal 24 al 26 giugno, e per padre Ruyssen è possibile che il Papa userà di nuovo il termine genocidio. Come è anche possibile che il Papa parlerà di ecumenismo del sangue, un tema che a lui sta molto a cuore. Perché in fondo la storia si ripete sempre. E sono molti i punti in comune con i fatti di cento anni fa.
Cosa dirà Papa Francesco in Armenia? Userà il termine “genocidio”?
Lo ha già fatto, alla celebrazione con i fedeli di rito armeno il 12 aprile 2015, e credo lo farà di nuovo. Ma sono convinto che, sul sagrato del Memoriale del Genocidio parlerà di ‘ecumenismo del sangue’, e potrebbe anche fare il parallelo tra le persecuzioni che ebbero luogo 100 anni fa e quello che accade oggi.
Davvero la storia si sta ripetendo?
Le somiglianze con l’epoca del genocidio sono impressionanti. Allora, c’era la persecuzione delle minoranze cristiane, soprattutto quella dei fedeli armeni, oggi c’è la persecuzione dei cristiani in generale. In alcuni casi, queste persecuzioni hanno luogo negli stessi luoghi in cui avvenivano cento anni fa, come Dei-el-Zor. Allora, c’era un flusso di profughi, soprattutto cristiani, che sfuggivano alla persecuzione: c’era anche cento anni fa. Allora, le potenze tradizionalmente cristiane sono rimaste indifferenti o in silenzio: Francia, Inghilterra, Germania, l'Italia stessa non hanno parlato, erano in guerra, avevano altri problemi. Anche oggi, le potenze cristiane sembrano stare a guardare. Allora, l’unica voce che si levava nel cercare di fermare il genocidio era quella della Santa Sede (il Papa inviò persino due lettere personali al sultano). Anche oggi, la Santa Sede è tra le poche a levare la voce per fermare il massacro dei cristiani in Medio Oriente.