Macerata , domenica, 12. giugno, 2016 20:00 (ACI Stampa).
I 100.000 pellegrini del pellegrinaggio Macerata-Loreto non sono stati fermati dallo sverzo di pioggia, che li ha accolti nello stadio maceratese ed a tratti li ha accompagnati fino a Loreto, grazie anche all’incoraggiamento telefonico di papa Francesco, che li ha rincuorati dicendo che anche la pioggia è un atto di misericordia, invitandoli a pregare per lui: “Ma anche la pioggia è una grazia. Perché è brutta, ma è anche bella! Ha due cose. E’ brutta perché ci dà fastidio, ma è bella perché è come la figura della grazia di Dio che viene su di noi. Voi incominciate adesso a fare il cammino; cammino che durerà tutta la notte. Ma anche la vita è un cammino. Nessuno di noi sa quanto durerà la propria vita, ma è un cammino. E quando uno crede di vivere la propria vita senza camminare”.
Appena terminata la telefonata la pioggia è cessata e tra le nuvole si è scorto l’arcobaleno, permettendo ai pellegrini di asciugare ombrellini e k-way, che sono serviti per l’ultimo tratto da Chiarino a Loreto. Dopo la telefonata i pellegrini non hanno ascoltato la testimonianza di padre Ibrahim, a cui all’ultimo momento è stato impedito di allontanarsi da Aleppo; hanno comunque potuto udire la testimonianza di alcuni detenuti del carcere ‘Due Palazzi’ di Padova, dove dal 1991 opera la cooperativa sociale ‘Giotto’, composta da reclusi che fanno diversi lavori, fra cui anche quello di pasticceri, accompagnati dai familiari.
In due lettere, un ergastolano e un condannato a 30 anni hanno raccontato come in carcere la loro vita sia cambiata in meglio. Uno, specialista in evasioni da penitenziari di mezza Europa, addirittura ha detto che incontrando amici cristiani lì ha perso pure la voglia di evadere, per chiedere un aiuto alla Madonna: “Siamo qui, quasi tutti per la prima volta, in questo particolare Anno della Misericordia. Ecco che per tutti noi essere qui presenti, proprio in questa circostanza, assume un valore del tutto particolare. Siamo qui con il cuore colmo di Gratitudine a ringraziare di tutti i Doni e di tutto il Bene che il Signore ha voluto e vuole a ciascuno di noi, così come siamo. Siamo venuti a chiedere alla Madonna di Loreto che ci aiuti a non dimenticare mai l’amore che Gesù ha per ciascuno di noi e che riusciamo ogni giorno a chiederGli: ‘Con umile certezza, che l’inizio di ogni giornata sia un sì al Signore che ci abbraccia e rende fertile il terreno del nostro cuore per il compiersi della Sua opera nel mondo, che è la vittoria sulla morte e sul male’. Abbiamo scelto di leggere due brevi pensieri di due detenuti che oggi non possono essere con noi: un ergastolano che avendo pochi giorni di permesso ed avendo la mamma che sta per morire usa questi permessi per starle vicino, ed un detenuto che non può ancora uscire in permesso”.
Il primo contributo letto è di un condannato all’ergastolo dal 1994: “Fino a qualche anno fa pensavo che ognuno bastasse a se stesso, e ritenevo che ognuno di noi fosse l'artefice del proprio destino. Anche una volta arrestato credevo, quindi, che a farmi ‘incontrare’ il carcere di Padova, e un Gruppetto di persone che lì dentro avevano avviato una serie di attività lavorative, fosse stato soltanto il caso. Una serie di circostanze. Nulla di più. Naturalmente pensavo anche che quelle persone così interessate a me e ai miei compagni detenuti, al punto da assumerci come normali lavoratori, nascondessero chissà quale trucco e tornaconto personale. Soltanto col passare degli anni, molti anni, ho iniziato a capire che il trucco si chiama Cristo e il tornaconto si chiama Amore. Ci sono voluti tempo e pazienza, ma soltanto il bene che ogni giorno mi veniva offerto, e che io preferivo respingere ed allontanare anziché abbracciare, ha fatto accadere in me quello che mai neppure lontanamente avrei ipotizzato: riconoscere Cristo. Accoglierlo. Lasciarmi abbracciare. Fidarmi. Ascoltarlo… Non sono entrato nella Cappella del carcere per una dozzina di anni.
Ero arrabbiato per la condanna, ero arrabbiato con Lui: Lui che non aveva fatto niente per aiutarmi nonostante le mie preghiere, le mie implorazioni, le mie suppliche… Pian piano ho iniziato a sentire di essere voluto bene, il bene che quelle persone mi volevano per davvero, e tutto ciò, più di qualsiasi altra cosa, ha fatto sì che il mio cuore iniziasse a schiudersi, permettendo di lasciar penetrare da quel piccolo varco uno spiraglio di luce… Una mattina a Messa ho improvvisamente sentito la necessità di confessarmi e di fare la Comunione. Ho pianto a dirotto, proprio con i singulti come piange un bambino. Finalmente avevo fatto pace anche con Cristo. Finalmente sentivo il Suo abbraccio, il Suo perdono”.