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Lotta alla schiavitù moderna: l'impegno del Papa

Papa Francesco alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali | Papa Francesco alla Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali, Casina Pio IV, 3 giugno 2016 | PASS Papa Francesco alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali | Papa Francesco alla Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali, Casina Pio IV, 3 giugno 2016 | PASS

Una dichiarazione finale in dieci punti, per dire no alla tratta di esseri umani e delineare quali sono i prossimi obiettivi di tipo giuridico internazionale per combatterla e chiedere di riconoscere il traffico di esseri umani come crimine contro l’umanità: l’ha firmata il Papa presso la Casina Pio IV, insieme a circa un centinaio tra giudici, pubblici ministeri, esperti legali coinvolti nel traffico di esseri umani.

Un impegno di cui il Papa è “orgoglioso”, come spiega nel suo discorso alla Casina Pio IV, sede della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali guidata dall’attivissimo arcivescovo Marcelo Sanchez Sorondo. A lui, Papa Francesco indicò all’inizio del Pontificato l’idea di dedicare buona parte del lavoro dell’Accademia al tema della tratta degli esseri umani.

Da allora, questo è il terzo grande evento che viene organizzato sul tema: prima c’è stato l’incontro del 2 dicembre 2014 con i grandi leader religiosi, e quindi un summit con sindaci delle più importanti città del mondo il 21 luglio 2015. In tutti i casi, si è giunti alla firma di una dichiarazione finale, che certifichi l’impegno di tutti nella lotta al fenomeno. Dichiarazioni che il Papa ha sempre appoggiato.

Ma è un tema che al centro anche dell’impegno delle Nazioni Unite, tanto che il Papa nel suo discorso ricorda che “nella realizzazione di questo complesso progetto umano e cristiano di liberare l’umanità dalle nuove schiavitù” possiamo “contare sull’importante e decisiva sinergia con le Nazioni Unite”, citando l’obiettivo 8 degli Obiettivi ONU di Sviluppo Sostenibile che chiede proprio di “prendere misure efficaci e immediate per sradicare il lavoro forzato, terminare la schiavitù moderna e il traffico di esseri umani, e assicurare la proibizione e l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, incluso il reclutamento e l’uso di bambini soldati, e – a partire dal 2025 – di terminare il lavoro minorile in tutte le forme”.

La sinergia con le Nazioni Unite è ben presente anche nei dieci punti della dichiarazione finale. Il Papa auspica “una onda” che trasversalmente comprenda “l’intera società” dall’alto verso il basso, dal centro verso le periferia, dai leader alle comunità, dai villaggi all’opinione pubblica e viceversa.

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I giudici hanno una parte fondamentale in questo, dice il Papa, perché “si potrebbe dire che il giudice sta alla giustizia come il leader religioso e il filosofo stanno alla moralità, e il governante sta alla politica”.

E allora, Papa Francesco chiede ai giudici di “soddisfare la loro vocazione e la loro missione cruciale” ovvero di “stabilire la giustizia”, perché senza giustizia “non ci può essere sviluppo umano integrale”. 

La corruzione è un tema chiave per il Papa, che chiede anche ai giudici di non cadere nella rete della corruzione.

Non solo. Il Papa parla di giustizia esecutiva, e ci tiene a sottolineare che “questo non significa cercare la punizione come un fine in se stesso”, ma che “nel caso di punizioni” queste siano date allo scopo di “rieducare” quanti hanno sbagliato. E sottolinea che "una pena chiusa in se stessa, che non da possibilità alla speranza è una tortura: non è una pena! Su questo mi baso anche per affermare seriamente la posizione della Chiesa contro la pena di morte". E sul reinserimento, il Papa parla bene dell'esperienza delle donne che gestiscono le carceri.

Si tratta, dice il Papa, di una delicata “connessione tra giustizia e misericordia”, ed è vera soprattutto per le vittime, che sono “spesso tradite anche nelle loro parti più intime e sacre”.

Per questo, il Papa chiede ai giudici di concentrarsi “ora più che mai” sui bisogni delle vittime, le quali “sono le prime ad aver bisogno di essere riabilitate e reintegrate nella società”. Recuperare le vittime è il primo obiettivo, anche perché ora c’è “un buon numero di sopravvissuti” che sono “avvocati, politici, scrittori brillanti” e servono il bene comune in molti modi.

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Tra le buone pratiche, il Papa poi segnala quella del riutilizzo sociale dei beni dei criminali. Un tema che rientra tra i dieci punti firmati nella dichiarazione, secondo una bozza intermedia che circolava tra i partecipanti alla conferenza, ancora da approvare. 

In generale, la bozza chiede chiede agli Stati un impegno ad aumentare le risorse contro il traffico di esseri umani e a riconoscere la schiavitù moderna come un crimine contro l’umanità. Anche il traffico di organi deve essere riconosciuto come crimine in tutte le nazioni.

Ma i punti della dichiarazione toccano anche situazioni legali: no ai ritardi per il supporto legale delle vittime; no alla confusione dei soggetti di schiavitù con i migranti non soggetti a traffico; sì a permessi temporanei di residenza nella nazione di arrivo in caso di vittime senza documenti.