Ventimiglia , sabato, 4. giugno, 2016 10:00 (ACI Stampa).
“Ho spalancato le porte della mia parrocchia ai migranti”: così padre Francesco Marcoaldi, frate della congregazione Figli di Maria Immacolata e parroco a Ventimiglia nella parrocchia di San Nicola da Tolentino, ha accolto una settantina di profughi, in accordo con mons. Antonio Suetta, vescovo della diocesi di Ventimiglia-Sanremo.
I migranti erano accampati nella città in attesa di varcare il confine con la Francia; il gesto del religioso ha evitato a questo gruppo di essere sgomberato: “Ho avuto apertura dal vescovo e io ho spalancato le porte della mia parrocchia ai migranti.
Resteranno qui fino a quando non sarà trovata una soluzione a questo problema. Resteranno qui fino a quando è necessario. Ai pasti ci pensa la Caritas”. Mons. Suetta ha invitato tutte le parrocchie a rendersi disponibili: “Lancio un appello ai parroci della diocesi affinché seguano l’esempio di padre Francesco ed aprano le porte delle loro parrocchie ai migranti… Abbiamo una media di 250 passaggi al giorno al nostro Centro di ascolto di Ventimiglia gestito dalla Caritas, dove prevalentemente diamo un pasto. Poi compatibilmente con la disponibilità dei volontari, cerchiamo di dare la possibilità di una doccia. Ci sono anche medici volontari e si provvede anche alla distribuzione di vestiario. Le stime ultimamente parlano di circa 300 persone nei campi abusivi… Abbiamo soccorso persone mal menate dalla polizia francese che sono tornate indietro ferite e doloranti. Li hanno accolti i nostri medici volontari e volontari che li hanno portati al pronto soccorso.
Abbiamo avuto anche queste situazioni… La parola da dire è che bisogna guardare con coraggio e anche con fiducia all’uomo perché sovente i nostri calcoli e le nostre organizzazioni risultano essere disumane per cercare un bene che poi è un bene di pochi, che concentra ricchezza nelle mani soltanto di alcuni. Molte volte noi europei propagandiamo dei diritti che non sempre sono tali e poi quando concretamente abbiamo tra noi persone che sono calpestate nei loro diritti fondamentali che sono cibo, vestito, casa, lavoro, pace, sicurezza e incolumità, da una parte facciamo come se non li vedessimo e dall’altra le carichiamo su un pullman e le spostiamo altrove. Trovo che sia il segno di una grande sconfitta. Se solo proviamo ad immedesimarci nella loro avventura, quello che mi colpisce profondamente, è che dopo aver viaggiato così tanto, cercando una sponda di speranza, noi li rimettiamo in moto. Credo che sia una grave insensibilità”. Padre Marcoaldi ci ha regalato alcune sue sensazioni: “Come le abbiamo accolte, io mi sono sentito sereno. Sono preoccupato. Preoccupato per quello che può succedere. Sono tutti ragazzi molto giovani. La speranza oggi è che tutto si risolva nel modo più pacifico possibile. Noi come chiesa li accogliamo e li difendiamo. L’appello alle autorità è che siano anche loro comprensive. Quello che mi stupisce e mi addolora è che con un po’ di buona volontà da parte di tutti noi potremmo egregiamente risolvere la situazione”.
Come è nata l’iniziativa di accogliere i profughi nella parrocchia?