Giuba , sabato, 4. giugno, 2016 11:00 (ACI Stampa).
Frate Federico Gandolfi è un giovane frate minore. Nato a Cesena, è frate francescano dal 2004 della Provincia Romana. Da Gennaio 2015 è missionario a Juba, capitale del più giovane stato Africano, il Sud Sudan. Ogni giorno è impegnato a costruire in Africa un futuro migliore, ma soprattutto, è impegnato a proseguire il mandato che Gesù affidò ai discepoli di portare per le strade e nelle case la Buona Notizia, il Vangelo che salva. “Forse non salviamo vite, ma portiamo il senso e la vicinanza di Dio che sana molte ferite dell’anima”, ha detto Fra Federico ai microfoni di ACI Stampa e racconta il Sud Sudan spiegando la sua missione.
Qual è la situazione a Juba?
“Molto difficile da definire, il Paese sta facendo piccoli passi verso la pace e si è divisi tra ottimisti e pessimisti per il prossimo futuro. Ci saranno scelte importanti che il governo e la Comunità Internazionale dovrà fare per il bene di tutto il Paese. Inoltre la stagione delle piogge, per lo meno su Juba, è molto scarsa e questo rischia di far aumentare la fame e la miseria, e di conseguenze malattie per migliaia di persone”.
Di cosa si occupano i frati minori in Africa?
“In quanto frati ci è stata affidata una parrocchia in una zona non centrale della capitale all’internodella quale ci sono diversi gruppi con i quali collaboriamo: gruppo giovani, lectio divina, legionarie di Maria, chierichetti, più il normale catechismo. Ogni pomeriggio la parrocchia è letteralmente “invasa” da tantissimi giovani e meno giovani”. Ancora la parrocchia è una zona di ritrovo per molti; la città solo ultimamente comincia ad avere punti di aggregazione diversi dalle chiese; ma ancora non esistono centri commerciali o altre cose simili. La fede è naturale e messa poco in discussione. Oltre alla parrocchia svolgiamo un servizio plurisettimanale presso un campo POC (Protection of Civilians) gestito dalle Nazioni Unite. La domenica andiamo a celebrare la messa anche in alcuni villaggi; otto per l’esattezza, e quindi usciamo dalla capitale viaggiando su strade dissestate per più di 100km. La situazione nei villaggi è completamente diversa, capanne di fango e paglia, chilometri per prendere acqua e il cibo che sono veramente scarsi; la gente passa le giornate cercando cibo e chiacchierando. Oltre a queste attività ufficiali di parrocchia spesso visitiamo le famiglie e così entriamo non solo nelle loro capanne ma anche nelle loro storie spesso di sofferenza. Il paese vive una guerra civile dopo l’altra; ma molti hanno ancora la forza di sperare in un futuro migliore nonostante le gravissime difficoltà. Questo è quello che siamo: frati, una presenza non solo come pastori, ma anche come compagni di viaggio in una terra spesso inospitale; ma non importa, il Vangelo ci chiama ad essere con gli ultimi, gli emarginati e con loro guardare alla luce della Resurrezione.”