Fabriano- Matelica , martedì, 31. maggio, 2016 10:00 (ACI Stampa).
Sabato 28 maggio ad Ascoli Piceno mons. Giovanni D’Ercole, vescovo della città, e mons. Giancarlo Vecerrica, vescovo di Fabriano – Matelica, hanno ordinato vescovo mons. Stefano Russo, che prenderà possesso della diocesi di Fabriano – Matelica, sabato 18 giugno. Il neo eletto è nato ad Ascoli Piceno il 26 agosto 1961 ed è laureato in architettura e dal marzo 2005 all’agosto 2015 è stato Responsabile dell’Ufficio Nazionale Beni Culturali Ecclesiastici della CEI.
A lui abbiamo rivolto alcune domande, partendo dal suo saluto alla nuova diocesi: “Sulla scia di papa Francesco, anche io desidero raggiungere, con la luce e la forza del vangelo, le ‘periferie esistenziali’ che caratterizzano il nostro tempo. Da oggi voi siete diventati la mia gente: mi appartenete nel Signore, come io appartengo a voi”.
In quale modo un vescovo può costruire ponti?
“I vescovi, in quanto pastori di una comunità, sono impegnati in prima persona a corrispondere all’esortazione più volte fatta, in questa direzione, da Papa Francesco. Chi costruisce un ponte lo fa perché capisce l’importanza di mettere in agevole comunicazione popolazioni che, seppure vicine, sono separate a motivo della particolare conformazione del territorio in cui vivono. I ponti costituiscono un investimento importante e non si possono costruire casualmente. E’ fondamentale conoscere bene il territorio in cui si vive per capire dove e come costruirli, ed è indispensabile che siano progettati in modo tale che assolvano al meglio la loro funzione particolare. Sta proprio nella capacità di ‘costruire ponti’ che possiamo riconoscere la maturità di una comunità cristiana. E’ normale che fra gli uomini esistano ‘separazioni’, a cui possono corrispondere diversità di opinione, di credo religioso, di visione della vita, di estrazione sociale, politica e culturale. Un cristiano è chiamato a riconoscere queste ‘separazioni’ ma è anche impegnato in prima persona a favorire il ricongiungimento della famiglia umana, ricercando le forme di un dialogo possibile con tutti. Come ogni cristiano il vescovo, insieme alla sua comunità, è chiamato a farsi prossimo alle situazioni di separazione, mettendosi principalmente in atteggiamento di ascolto. I modi concreti per costruire ponti possono essere tanti. In generale possiamo dire che il primo dialogo da promuovere, che non bisogna mai dare per scontato, è quello all’interno della stessa comunità ecclesiale, facendosi promotore di comunione con i confratelli dell’episcopato, attuandola in modo concreto con i propri sacerdoti, religiosi/e, con i laici e fra i laici impegnati. Comunione promossa anche fra le associazioni e i movimenti, esortandoli a far si che i doni di cui sono portatori, contribuiscano sempre più all’edificazione dell’unica Chiesa (cfr. 1 Cor 12). E’ a partire da queste fondamenta che poi è possibile diventare, come Chiesa, sempre più capaci di costruire quei ponti che le permettono un effettivo ed efficace dialogo con le istituzioni, con le persone di altre convinzioni e appartenenze religiose, con le situazioni di degrado sociale”.
Come le parrocchie possono diventare scuola di comunione?