Città del Vaticano , lunedì, 23. maggio, 2016 17:00 (ACI Stampa).
Tra i diversi temi da affrontare nelle questione delle crisi umanitarie c’è anche quello spinoso della educazione. 75 milioni di bambini e giovani in età per studiare sono strappati della loro case, dalle loro culture e non conoscono la lingua dei paesi che li ospitano. Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati ha recentemente curato un rapporto su questo tema: Providing Hope, Investing in the Future: Education in Emergencies & Protracted Crises.
Nelle diverse emergenze del pianeta il JRS interviene sul campo organizzando attività educative e ricreative allo scopo di aiutarli a superare il trauma subito, promuoverne la dignità umana, e dotarli di competenze.
"Questo rapporto mette in risalto la necessità di dare priorità all'educazione di rifugiati e sfollati da crisi e conflitti, e di assicurare che questi importanti programmi ottengano le risorse e il sostegno politico che meritano", spiega Giulia McPherson, vicedirettrice delle politiche del JRS Stati Uniti e autrice del rapporto.
La violenza nel mondo colpisce sempre di più scuole e istituti di formazione e ci sono le calamità naturali e le migrazioni che rendono la situazione sempre più esplosiva.
Eppure, spiega il Rapporto, dal 2010 in poi all'educazione si è devoluto annualmente meno del due percento di tutti i fondi stanziati per gli aiuti umanitari. Un andamento, questo, che si può tuttavia invertire. Anche di questo si parlerà ad Istanbul e sarà inaugurato l'Education Cannot Wait Fund, iniziativa che si propone di mobilitare e coordinare le forme di sostegno ai programmi che intendono rispondere alle necessità educative di bambini e ragazzi vittime di situazioni di crisi.