Città del Vaticano , mercoledì, 18. maggio, 2016 9:00 (ACI Stampa).
Di cosa hanno bisogno i sacerdoti? “Di un cuore caldo”, risponde il Cardinal Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani. E poi aggiunge: “Sappiamo che il calore interiore – capace di riempire la vita e di rivestire ogni azione di eternità – non è dato dal successo, dal consenso, dal seguito che si può conseguire, ma dallo stare umile nella volontà di Dio: nella pace!”.
La mattina dell’Assemblea generale della CEI comincia con un pellegrinaggio attraverso la porta Santa (è l'Anno del Giubileo Straordinario della Misericordia) e la Messa officiata nella Basilica Vaticana. La celebra il Cardinal Bagnasco, perché festeggia un anniversario importante: i cinquanta anni di sacerdozio. Li aveva già festeggiati a Genova, durante la Messa del Crisma, lì nella stessa Cattedrale di San Lorenzo che lo aveva visto diventare sacerdote. Lo fa con i vescovi italiani, della cui conferenza è alla guida ormai da dieci anni.
“Una grazia che mai avrei pensato di avere: celebrare con voi questo anniversario”, dice il Cardinale all’inizio dell’omelia. E poi aggiunge: “Nel mio, vorrei raccogliere pure i vostri diversi anniversari, anche se fossero già passati e fossero ancora da venire”. Perché – aggiunge – tutti “condividiamo la grazia della vocazione” che è “il mistero di poter parlare, noi poveri uomini, con l’Io di Cristo”. “Nel sacerdozio si rivela la grazia di Dio, che a piccoli esseri umani affida se stesso. E nella sua audacia, troviamo una temerarietà che solo Dio può avere”, commenta il Cardinale.
Il quale invita poi tutti a “ritornare all’inizio sacramentale della nostra ordinazione, a lasciare libera per un momento l’onda calda dei ricordi”, perché solo a distanza di anni si può “comprendere meglio quanto le mani invisibili dello Spirito hanno fatto in noi”. Da una parte c’è l’eterna domanda se “abbiamo risposto a tanta grazia”, ma dall’altra – afferma il presidente dei vescovi italiani – c’è la consapevolezza che “i bilanci li fa il Signore”, per i sacerdoti il primo compito è affidarsi e avere “il desiderio crescente di mai sminuire la grazia ricevuta”.
Perché – aggiunge - “il fluire degli anni potrebbe farci assopire”, mentre “il primo modo per vegliare sul popolo che ci è affidato è quello di vigilare su noi stessi, sul nostro stare con lui”.