Città del Vaticano , mercoledì, 11. maggio, 2016 11:01 (ACI Stampa).
E’ la parabola evangelica del figliol prodigo l’argomento centrale della catechesi che Papa Francesco ha offerto ai fedeli nel corso della consueta Udienza Generale.
“Facciamo festa - ha detto il Papa citando il brano del Vangelo - perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. Con queste parole il padre ha interrotto il figlio minore nel momento in cui stava confessando la sua colpa. Gesù non descrive un padre offeso e risentito che gli dice: me la pagherai, il padre lo abbraccia, lo aspetta con amore. L’unica cosa che il padre ha a cuore è che questo figlio sia davanti a lui sano e salvo. E questo lo fa felice, e fa festa! L’accoglienza del figlio che ritorna è descritta in modo commovente: quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò… Quanta tenerezza! Lo vide da lontano, significa che lo aspettava continuamente, dall’alto. Lo aspettava, è una cosa bella la tenerezza del padre. La misericordia del padre è traboccante, incondizionata, e si manifesta ancor prima che il figlio parli. Certo, il figlio sa di avere sbagliato e lo riconosce: ho peccato, trattami come uno dei tuoi salariati. Ma queste parole si dissolvono davanti al perdono del padre”.
“In qualunque situazione della vita - ha aggiunto il Pontefice - non devo dimenticare che non smetterò mai di essere figlio di Dio, di un Padre che mi ama e attende il mio ritorno. Anche nella situazione più brutta nella vita Dio mi attende, vuole abbracciarmi. L’abbraccio e il bacio di suo papà gli fanno capire che è stato sempre considerato figlio, nonostante tutto, ma è sempre suo figlio. È importante questo insegnamento di Gesù: la nostra condizione di figli di Dio è frutto dell’amore del cuore del Padre, non dipende dai nostri meriti o dalle nostre azioni, e quindi nessuno può togliercela. Nessuno può toglierci questa dignità, neppure il diavolo! Questa parola di Gesù ci incoraggia a non disperare mai. Penso alle mamme e ai papà in apprensione quando vedono i figli allontanarsi imboccando strade pericolose. Penso ai parroci e catechisti che a volte si domandano se il loro lavoro è stato vano. Ma penso anche a chi si trova in carcere, e gli sembra che la sua vita sia finita, a quanti hanno compiuto scelte sbagliate e non riescono a guardare al futuro, a tutti coloro che hanno fame di misericordia e di perdono e credono di non meritarlo”.
“La sofferenza del padre - ha proseguito Francesco - è come la sofferenza di Dio e di Gesù, quando ci allontaniamo o quando pensiamo di essere vicini e invece non lo siamo”. Anche il fratello maggiore, secondo protagonista del brano evangelico, “ha bisogno di scoprire la misericordia del padre. Lui è sempre rimasto a casa, ma è così diverso dal padre! Parla con disprezzo. Si vanta di essere rimasto sempre accanto al padre e di averlo servito; eppure non ha mai vissuto con gioia questa vicinanza. E adesso accusa il padre di non avergli mai dato un capretto per fare festa. Povero padre! Un figlio se n’era andato, e l’altro non gli è mai stato davvero vicino!”.
“Il figlio maggiore - ha concluso il Papa - anche lui ha bisogno di misericordia. Questo figlio rappresenta noi quando ci domandiamo se valga la pena faticare tanto se poi non riceviamo nulla in cambio. Gesù ci ricorda che nella casa del Padre non si rimane per avere un compenso, ma perché si ha la dignità di figli corresponsabili. Non si tratta di barattare con Dio, ma di stare alla sequela di Gesù che ha donato sé stesso sulla croce senza misura”.