Città del Vaticano , venerdì, 6. maggio, 2016 13:25 (ACI Stampa).
Non muri, ma ponti: è questo l’appello di Papa Francesco all’Europa, lanciato nel discorso di accettazione del Premio Carlo Magno. Il Papa chiede all’Europa di lanciare un “nuovo umanesimo”, basato su tre concetti chiave: l’Europa deve avere capace di integrare, di dialogare e di generare. Solo così potrà tornare ai suoi valori originari. Con il sogno di "un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni".
Nella Sala Regia, di fronte a presidenti del Consiglio e teste coronate, dopo aver ascoltato la laudatio di Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo ultimo vincitore del Premio, Papa Francesco riprende i temi dei suoi discorsi alle istituzioni europee del 2014. Anche perché, i discorsi a Strasburgo sono la linea guida delle motivazioni del Premio Carlo Magno, che dal 1950 viene conferito a coloro che hanno promosso in qualche modo l’integrazione europea.
Cosa ha portato al conferimento del Premio a Papa Francesco? Le considerazioni che vengono fuori dai discorsi sono amare. Marcel Philipp, sindaco di Aachen (città sede del Premio) parla di una “allarmante erosione delle fondazioni morali e culturali dell’Europa”, e di un “consumismo della benestante Europa che è vergognoso, se non distruttivo”. Martin Schulz sottolinea a chiare lettere che “l’Europa sta vivendo una crisi di solidarietà. I nostri valori condivisi sono sotto attacco”. Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, afferma che “il progetto europeo non cesserà mai di essere rilevante” e invita a “riprendere il coraggio dei nostri predecessori di affrontare le difficoltà per superarle e indirizzare la storia, piuttosto che essere indirizzati dalla storia”. E Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, sottolinea che “siamo stati e saremo europei. (…) In un certo senso, l’Europa è un articolo di fede”.
Per parte sua, Papa Francesco plaude “la creatività, l’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti”, tipici di una Europa che si è saputa ricostruire dopo la guerra, creando una “famiglia di popoli” che è “lodevolmente diventata nel frattempo più ampia”.
Il Papa riprende il concetto di Europa “nonna”, usato da lui perché notava crescere “l’impressione di una Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso attrattiva”, tanto che l’Europa era “tentata di voler assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione”.