Roma , giovedì, 5. maggio, 2016 9:00 (ACI Stampa).
“La malattia non è mai solo una questione medica ma anche culturale e teologica”. Così il Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, intervenuto ieri al convegno svoltosi all’Ospedale Bambin Gesù di Roma e dedicato al tema “Nascere malati”.
L’intervento del porporato si è concentrato sul tema del dolore innocente. “I due termini - ha osservato il Cardinale - sono uniti fra loro anche se non appartengono strettamente allo stesso livello perché dolore potrebbe essere la componente fisiologica, la struttura biologica della persona, mentre innocente afferisce all’aspetto culturale ed etico. Bisogna ininterrottamente coniugare queste due dimensioni. Il malato non deve coinvolgere solo la scienza medica ma anche la dimensione umana, etica, esistenziale e dell’esperienza”.
“Credo che il percorso che si deve fare - ha proseguito il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura - sia duplice: accanto al malato ci deve essere la conoscenza del medico, ma anche la sua dimensione umana. Il medico deve essere capace di entrare in sintonia con le domande implicite che il malato gli pone”.
“Dobbiamo riuscire a vivere il dolore ma anche comprenderlo se capita agli altri. La crisi e il male - ha proseguito Ravasi - fanno parte della nostra esistenza. Il dolore può offrire un senso, un senso non definitivo. Trovare a tutti i costi una spiegazione al dolore è impossibile, Gesù con la parabola del cieco nato ci insegna esattamente questo”.
Il Cardinale offre una lettura cristiana, secondo cui “la creatura ha una componente decisiva e necessaria che è l’imperfezione, altrimenti sarebbe divinità. Tuttavia nella creazione viene deposto un seme di redenzione attraverso Cristo. Egli stesso è fratello nella vicinanza del dolore perché tocca il lebbroso, il malato. Così come fanno i medici e gli infermieri che oltre alla cura offrono un atto di donazione toccando il paziente che soffre. Metà dell’attività pubblica di Gesù tratta di guarigioni, il che vuol dire che si è preoccupato di lanciare un messaggio, ai peccatori alle persone sole ed emarginate, ma soprattutto di parlare ai malati, di stare insieme a loro, di toccare ininterrottamente carni sofferenti. Il malato fisico è colui che pone a se stesso delle domande sull’essere sull’esistere”.