Roma , venerdì, 22. aprile, 2016 16:00 (ACI Stampa).
“Il dato prevalente è che il lavoro in Italia manca. Una scarsità che porta sempre più persone, impaurite dalla prospettiva di perderlo o di non trovarlo, a condividere l’idea che nulla sia più come è stato finora: dignità, diritti, salute finiscono così in secondo piano. Si tratta di una deriva preoccupante messa in moto dal perdurare di una crisi economica stabilmente severa, da una disoccupazione che tocca diversi segmenti anagrafici e demografici e da un cambiamento tecnologico che da più parti viene definito in termini di quarta rivoluzione industriale”. E’ il vero e proprio grido di allarme lanciato dalla Conferenza Episcopale Italiana in occasione del messaggio in occasione del Primo Maggio.
Tutti in questa situazione - osservano i Vescovi - abbiamo una responsabilità: “l’incapacità di fermarci e tendere la mano a chi è rimasto indietro. Intimoriti e atterriti da un mondo che non offre certezze, scivoliamo nel disinteresse per il destino dei nostri fratelli e così facendo perdiamo la nostra umanità, divenendo individui che esistono senza trascendenza e senza legami sociali”.
La CEI ribadisce la necessità dell’educazione al lavoro. “Il lavoro deve tornare a essere luogo umanizzante, uno spazio nel quale comprendiamo il nostro compito di cristiani, entrando in relazione profonda con Dio, con noi stessi, con i nostri fratelli e con il creato. Bisogna, in altre parole, fuggire dall’idea che la vera realizzazione dell’uomo possa avvenire nell’alternativa solo nel lavoro o nonostante il lavoro”. Una riflessione valida sia “per tutti quei giovani che disperano di poter trovare un’occupazione o languono facendo un lavoro che non li soddisfa”, sia per “i datori di lavoro che gestiscono imprese, laboratori, botteghe e uffici con criteri esclusivamente utilitaristici. Il lavoro deve essere sempre e comunque espressione della dignità dell’uomo, dono di Dio a ciascuno”.
I Vescovi suggeriscono di ritrovare la dimensione educativa del lavoro “all’interno delle istituzioni formative, facendo in modo che scuola e lavoro siano due esperienze che si intrecciano e interagiscono: i giovani devono poter fare esperienze professionali il prima possibile, così da non trovarsi impreparati una volta terminati gli studi”.
“L’Italia - è il monito della CEI - non può continuare a sprecare l’intelligenza, il talento e la creatività dei suoi giovani, che emigrano nella speranza di essere accolti altrove. Occorre creare per loro spazi di sperimentazione, dove lasciare libera espressione alla creatività e all’intraprendenza”.