Città del Vaticano , sabato, 23. aprile, 2016 12:00 (ACI Stampa).
Quella parola: genocidio. Quella parola che la storia sembrava non voler pronunciare e che invece hanno scritto e pronunciato i Papi e che forse Francesco userà di nuovo proprio là, in Armenia. Domani si ricorda quello che c’è dietro “il grande male” la grande persecuzione.
Agli armeni Francesco aveva detto che è necessario e doveroso ricordare i martiri “perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!”. A giugno sarà in Armenia per medicare la ferita.
Da quel “grande male” sono nati beati e santi: sangue dei martiri seme di nuovi cristiani.Due di loro sono vescovi, Ignazio Maloyan e Flaviano Michele Melki.
Nel 2001 Giovanni Paolo pregò davanti al Memoriale di Tzitzernakaberd con parole che ricordavano l’impegno dei Pontefici per scongiurare il genocidio. Oggi più che mai quella preghiera si leva da tutto il popolo cristiano in attesa che di nuovo un vescovo di Roma alzi la sua voce.