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Il sistema penitenziario è una risorsa di speranza

Il convegno all'Università Europea di Roma |  | Università Europea di Roma Il convegno all'Università Europea di Roma | | Università Europea di Roma

“Funzione della pena, giustizia ripartiva e amministrazione del sistema carcerario” è il tema del convegno che si è tenuto giovedì 7 aprile 2016 all’Università Europea di Roma.

L’incontro è nato per iniziativa degli studenti della stessa università ammessi, per meriti di studio, nelle Eccellenze Accademiche del Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza, sotto il coordinamento del Prof. Aniello Merone.

Il convegno, aperto da un saluto del Prof. Emanuele Bilotti, coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza, è stato moderato dal Prof. Carmelo Leotta, ricercatore di Diritto penale nell’Università Europea di Roma.

Fra i vari interventi Silvana Sergi, Direttore della Casa Circondariale Regina Coeli di Roma, ha ricordato che “se il sistema penitenziario fosse un apparato dedicato alla sicurezza, un contenitore di nemici da neutralizzare, difficilmente l'obiettivo potrebbe essere raggiunto. Senza un contenuto rieducativo e risocializzante la pena perderebbe la sua funzione”.

“Nell’amministrazione del carcere – ha spiegato Silvana Sergi - sicurezza e trattamento rieducativo costituiscono un circolo virtuoso ed accompagnano il detenuto.

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La rieducazione non è un astratto percorso comportamentale, bensì una crescente consapevolezza del danno individuale e sociale del proprio comportamento, che non ha solo prodotto una violazione della norma penale, ma ha offeso la vittima e la stessa comunità.

Solo comprendendo ciò il sistema penitenziario si trasforma da contenitore senza spazio e senza tempo, in una preziosa risorsa, che, con la pluralità di figure professionali e la ricchezza di contributi del volontariato e della comunità esterna, ricompone il cammino di una società, interrotto da avvenimenti di violenza e di dolore”.

Marcella Reni, Presidente di Prison Fellowship Italia Onlus, ha parlato delle iniziative per la rieducazione dei carcerati. Fra queste, il Progetto Sicomoro, che, senza fare sconti di pena, fa incontrare detenuti e vittime di reati all’interno del carcere in un percorso di riumanizzazione perché assieme percorrano un cammino di risocializzazione secondo i concetti di responsabilità, confessione, pentimento, perdono, riconciliazione, riparazione, attraverso l’abbandono del contesto criminale e per un nuovo senso di giustizia. Il programma ha effetti profondi sulle vittime e i colpevoli. Molte vittime hanno riferito di aver ricevuto un processo di guarigione dal dolore morale e dalle paure dovute alla violenza subita. Gli autori dei reati sono accompagnati a confrontarsi, molte volte per la prima volta, sul danno procurato ad altre persone dalle loro cattive azioni.

“Le vittime – ha spiegato Marcella Reni - hanno bisogno di vedere riconosciuto, in concreto, che hanno subito una ingiustizia e i detenuti hanno bisogno di essere riconosciuti nella loro dignità di uomini, prescindendo dal loro crimine. La dottrina della “giustizia riparativa” sottolinea la necessità della riparazione del danno causato dal comportamento criminale ed è realizzata attraverso processi di cooperazione che includono tutte le parti interessate perché i tanti assetati di giustizia – di una giustizia giusta, una giustizia che giustifichi e renda giusti rapporti che non lo sono stati – possano trovare ristoro”.