Città del Vaticano , mercoledì, 6. aprile, 2016 15:00 (ACI Stampa).
“Non si tratta di aderire agli standard anglo-sassoni. Si tratta di aderire agli standard internazionali. Quella che stiamo mettendo in atto è un cambio culturale”. Il Cardinal George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, parla alla conferenza annuale del NAPA Institute. Una volta l’anno, i membri del NAPA – economisti, avvocati, esperti diocesani – si riuniscono a Roma per parlare di Chiesa e di economia. Provengono dal mondo statunitense, sono generalmente conservatives. E guardano con attenzione le riforme sul tema finanziario che stanno avendo luogo in Vaticano.
Il Cardinal Pell è una persona che ama parlare diretto. Gli dicono che nell’arcidiocesi di Chicago c’erano gli stessi problemi di cambio culturale, e gli dicono che per cambiare tutto si era anche proceduto a un robusto innesto di nuovi responsabili. Il Cardinal Pell dice che molti uomini sono cambiati, ma che forse si dovrebbe cambiare di più. Ma soprattutto va ai nodi di due vicende che hanno dominato la pubblicistica sulle finanze vaticane.
La prima, il cosiddetto scandalo IOR / Ambrosiano. Il Cardinal George Pell fa i nomi dell’arcivescovo Marcinkus, responsabile dello IOR, che poi finì i suoi giorni in Arkansas; di Roberto Calvi, il “banchiere di Dio”, che finì coinvolto nello scandalo che costò allo IOR la reputazione e molti milioni in un risarcimento volontario che non era tenuto a versare; e mette in luce che si parla anche di un coinvolgimento della massoneria in questi fatti, sottolineando che la massoneria italiana è molto diversa da quella che lui era abituato a conoscere in Australia.
Questo tema vale la pena di una digressione. Perché c’è stato un libro in Italia, passato quasi sotto silenzio, “Ambrosiano: il contro processo”, in cui vengono analizzate le carte del processo dello scandalo in cui fu lo IOR fu coinvolto nel processo della bancarotta del banco, il cui presidente, Roberto Calvi, fu trovato morto, appeso al ponte dei Blackfriars di Londra. E l’autore del libro, Mario Tedeschi – di certo non cattolico – arrivò alla conclusione, carte alla mano, che l’Istituto era stato solo un capro espiatorio, lo specchietto per le allodole usato dagli uomini del governo italiano e della Banca d’Italia per nascondere le proprie responsabilità – e relazioni pericolose – intrattenute con Roberto Calvi, presidente e dominus dell’Ambrosiano, che veniva chiamato il “banchiere di Dio” e in realtà finanziava i partiti della sinistra comunista e i ribelli sandinisti in Sudamerica. È una posizione di cui non si racconta mai nel dibattito pubblico. Il mito dello IOR come luogo di malaffare e illecito ha resistito fino ai giorni nostri.