Città del Vaticano , giovedì, 10. aprile, 2025 11:00 (ACI Stampa).
Dopo 75 anni, una delle testimonianze più straordinarie della pittura etrusca torna finalmente visibile al pubblico. I Musei Vaticani presentano il restauro della copia al vero della Tomba Campanari di Vulci, realizzata da Carlo Ruspi (1786–1863), artista e archeologo del XIX secolo, ora riallestita in esposizione permanente nel percorso del Museo Gregoriano Etrusco.
La Tomba Campanari (fine IV - III sec. a.C.), scoperta da Secondiano Campanari nel 1833, fu completamente distrutta poco dopo la scoperta a causa di uno sfortunato tentativo di distacco dei dipinti parietali. Ne resta oggi solo una copia pittorica al vero, limitata alla scena con Ade e Persefone, realizzata da Carlo Ruspi tra il 1835 e il 1837. Il resto del ciclo pittorico è noto solo attraverso disegni.
L’opera di Ruspi è inscindibile dalla straordinaria impresa ottocentesca di documentare e preservare la pittura etrusca. Definito egli stesso "artista-archeologo", Ruspi fu pioniere nella riproduzione al vero delle tombe dipinte di Tarquinia e Vulci, lavorando per anni in condizioni estreme, all’interno degli ipogei, illuminato da torce e candele.
La sua attività diede origine alla stagione dei fac-simile etruschi, oggi considerati veri capolavori di archeologia visiva. Alcuni suoi lavori furono acquisiti dal Re di Baviera per la Alte-Pinakothek di Monaco (poi distrutti durante la Seconda guerra mondiale), altri furono protagonisti della mostra londinese organizzata dai Campanari nel 1837. La collezione vaticana conserva le riproduzioni di ben sei tombe tarquiniesi, della Tomba François di Vulci e, appunto, della Tomba Campanari, oggi nuovamente visibile.
Maurizio Sannibale, Curatore del Reparto Antichità Etrusco-Italiche spiega che "la copia di Carlo Ruspi è l’unica testimonianza rimasta della Tomba Campanari, il cui ciclo pittorico originale è andato perduto. Questo restauro ci permette di riscoprire e apprezzare una testimonianza della pittura etrusca, attraverso gli occhi e la maestria di un artista del XIX secolo che dedicò la sua vita alla documentazione accurata di queste opere, sottraendole all’oblio e all’ingiuria del tempo." Per Barbata Jatta Direttore dei Musei Vaticani "questo restauro non solo restituisce al pubblico un capolavoro della pittura etrusca, ma sottolinea anche il nostro impegno continuo nella valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale."