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Diplomazia pontificia, contatto Gallagher – Lavrov, il presidente estone da Parolin

La Bielorussia ha annunciato che entro l’1 settembre stabilirà una ambasciata residente in Italia. Il presidente estone Alar Karis ha avuto un bilaterale in Segreteria di Stato. Parolin ricevere il premio Path to Peace

Karis, Parolin | Il presidente estone Alar Karis e il Cardinale Pietro Parolin con l'arcivescovo Gallagher | Vatican Media / ACI Group Karis, Parolin | Il presidente estone Alar Karis e il Cardinale Pietro Parolin con l'arcivescovo Gallagher | Vatican Media / ACI Group

L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha chiamato il 4 aprile il suo omologo della Federazione Russa Sergej Lavrov. La telefonata si inserisce nel lavoro che la Santa Sede sta facendo per il ritorno a casa dei bambini ucraini rimasti dall’altra parte del confine russo durante la guerra, ma anche come una apertura di un canale di comunicazione.

Lo stabilimento di una sede dell’ambasciata di Bielorussia presso la Santa Sede, annunciato con risoluzione del governo di Minsk il 27 marzo scorso, è un passo avanti interessante nelle relazioni tra i due Paesi. La Santa Sede aveva, nel 2017, stabilito una nuova “casa” a Minsk, una nunziatura tutta nuova e ristrutturata, ma le relazioni erano diventate difficili anche a seguito dell’appoggio della Chiesa alle proteste che avevano fatto seguito all’ennesima rielezione del presidente Aleksandr Lukashenko e all’esilio forzato – poi rientrato - dell’arcivescovo di Minsk Tadeusz Kondrusiewicz.

Oggi, però, l’ambasciata di Minsk viene stabilita in un contesto geopolitico nuovo. L’ambasciatore russo presso la Santa Sede non sarà più isolato, come è successo in questi anni di aggressione della Russia in Ucraina, e Minsk allo stesso tempo cerca di accreditarsi in Vaticano.

Nel frattempo, proseguono le visite dei presidenti in Vaticano, che prevedevano anche un incontro con Papa Francesco, che non può avvenire per ovvie ragioni. Il 3 aprile, è stato in Segreteria di Stato il presidente estone Alar Karis, che ha recentemente insignito con la più alta onorificenza di Stato la vicepostulatrice della causa di canonizzazione di Eduard Profittlich, gesuita, primo santo di Estonia, che sarà beatificato il prossimo 18 maggio. Anche di questa beatificazione si è parlato nel Palazzo Apostolico.

Il 18 maggio, tra l’altro, il Cardinale Parolin sarà a New York, per ricevere il premio della Path to Peace Foundation in una serata di gala che celebra anche il 60esimo anniversario della prima visita di un Papa alle Nazioni Unite.

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Sguardo internazionale: la Cina inasprisce le sanzioni contro le religioni, Indonesia e Santa Sede festeggiano 75 anni di relazioni diplomatiche, i vescovi di Ruanda e Burundi si uniscono per chiedere la pace nella Regione.

                                               FOCUS RUSSIA

Telefonata tra Gallagher e Lavrov

Una telefonata sollecitata dalla Santa Sede, per parlare di pace in Ucraina e di impegno umanitario. L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha chiamato il suo omologo della Federazione Russa, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov.

Secondo un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, “il dialogo è stato dedicato al quadro generale della politica mondiale, con particolare attenzione alla situazione della guerra in Ucraina e ad alcune iniziative volte a fermare le azioni belliche”.

Inoltre, si legge ancora, “è stata anche ribadita la disponibilità della Santa Sede a continuare l’impegno umanitario nelle questioni riguardanti lo scambio di prigionieri”.

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Infine, “sono state esaminate anche alcune questioni relative alla vita religiosa e, in particolare,

alla situazione della Chiesa cattolica nella Federazione Russa”.

È il comunicato del Ministero degli Esteri di Mosca a mettere in luce che l’iniziativa della telefonata era vaticana.

Mosca afferma che le parti “hanno scambiato vedute su temi internazionali chiavi di mutuo interesse, inclusa la situazione in Ucraina nel contesto dell’attuale dialogo Russo-USA sulla definizione permanente della crisi ucraina attraverso la rimozione delle sue cause alla radice”.

Il comunicato sottolinea che Lavrov “ha espresso gratitudine alla Santa Sede per la sua assistenza su questioni umanitarie, incluso lo scambio di prigionieri di guerra”.

Lavrov e Gallagher – si legge ancora – “hanno anche discusso l’attuale Stato e le previsioni delle relazioni bilaterali, con particolare attenzione per la cooperazione umanitaria”, e “hanno espresso mutuo interesse nel continuare il loro dialogo costruttivo”.

                                                           FOCUS AMBASCIATE

La Bielorussia stabilirà una ambasciata residente presso la Santa Sede

La notizia della nomina di Ignazio Ceffalia come nunzio in Belarus (questo il nome ufficiale del Paese) è arrivata insieme alla notizia che Minsk aveva nominato un nuovo ambasciatore presso la Santa Sede, Yuryi Ambrazevich. Ambrazevich, però, non resterà al ministero degli Esteri, perché il governo ha deliberato di aprire entro l’1 settembre una residenza dell’ambasciata presso la Santa Sede.
Si tratta di uno sviluppo di una certa importanza nelle relazioni Minsk – Vaticano. L’arcivescovo di Minsk Józef Stanevsky, che è anche presidente della Conferenza Episcopale del Belarus, ha salutato entrambe le nomine con un comunicato.

Ad Ambrazevich, Stanevsky ha assicurato preghiere “perché possiate adempiere al vostro nuovo compito per il bene dei popoli della Bielorussia e del Vaticano, nonché per la pace e la prosperità”.

Rivolgendosi a monsignor Ceffalia, Stanesky si è detto “certo che la ricca esperienza diplomatica di Vostra Eccellenza, maturata finora in Ecuador, in Thailandia, presso la Rappresentanza permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa, presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali della Segreteria di Stato della Santa Sede, e oggi in Venezuela, La aiuterà a svolgere al meglio la nuova missione in Bielorussia che il Pontefice Le ha affidato durante l'Anno giubilare del Cristianesimo”.

La decisione di stabilire una ambasciata residente di Belarus presso la Santa Sede è stata presa già il 20 dicembre 2024, con una risoluzione del Consiglio dei Ministri della Repubblica di Belarus. Nella risoluzione si legge che l’ambasciata deve essere aperta prima dell’1 settembre 2025, e che il ministero delle Finanze sarà incaricato di finanziare e mantenere i costi di apertura e mantenimento dell’ambasciata con i fondi fornito allo scopo dal Ministero degli Affari Esteri.

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                                                           FOCUS ESTONIA

Il presidente Alar Karis in Vaticano

Alar Karis, presidente dell’Estonia, è stato in Vaticano lo scorso 3 aprile, ed ha avuto un bilaterale in Segreteria di Stato con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, e con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali.

Secondo un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, “durante il cordiale colloquio, è stato espresso apprezzamento per i buoni rapporti bilaterali, rilevando il positivo contributo della Comunità cattolica locale alla società estone”.

Inoltre, “è stato altresì compiacimento per la imminente beatificazione dell’Arcivescovo Eduard Profittlich, martire gesuita, primo beato di Estonia”, e ci si è infine “soffermati anche su questioni di carattere bilaterale, regionale ed internazionale, con particolare riferimento alle prospettive per la fine della guerra in Ucraina”.

L’ufficio della presidenza estone ha diffuso qualche informazione in più sull’incontro. Nel comunicato di Tallinn, si legge che il presidente Karis ha riconosciuto il valore delle attività della Chiesa Cattolica in Estonia e il contributo della Chiesa nel difendere la pace nel modo, mentre da parte della Santa Sede c’è stato interesse riguardo la legislazione estone sulla Chiesa Ortodossa Russa.

Il presidente Karis ha dichiarato che “le relazioni bilaterali tra Estonia e Santa Sede sono molto buone. La Chiesa Cattolica in Estonia fornisce a molte persone supporto spirituale e assistenza sociale, una cura pastorale che è importante per tutti noi. È di particolare importanza che quest’anno ci sarà in Estonia la beatificazione di Eduard Profittlich, che ha condiviso il destino del popolo estone, ha sofferto sotto il regime sovietico ed è morto in prigione a Kirov, in Russia”.

Karis ha anche commentato il comune interesse per i temi internazionali, sottolineando come “Papa Francesco ha sostenuto una pace giusta e duratura in tutti i conflitti” e “ha enfatizzato il bisogno del dialogo, chiedendo la fine delle ostilità”, e anche “condannando chi uccide in nome di Dio” e “descrivendo il supporto della guerra e della violenza come una blasfemia contro il nome di Dio”.

Tra i temi internazionali, si è discussa più nel dettaglio la situazione in Ucraina e l’aggressione russa. Il presidente Karis ha apprezzato la mediazione vaticana per il ritorno dei bambini ucraini deportati alle loro famiglie.

Due Papi hanno finora visitato l’Estonia: Giovanni Paolo II nel 1993 e Papa Francesco nel 2018. Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha visitato l’Estonia nel 2016, occasione in cui ha tenuto un discorso all’Università di Tartu sul tema della Santa Sede e le relazioni internazionali.

                                                           FOCUS CINA

Pechino stringe le maglie contro le attività religiose degli stranieri

Cina: il 31 marzo, l’Amministrazione Nazionale per gli Affari Religiosi (NRAA) ha pubblicato le “Norme attuative del Regolamento sull’Amministrazione delle attività religiose degli stranieri nel territorio della Repubblica Popolare Cinese”, che entreranno in vigore il 1° maggio 2025. Le norme restringono con forza le attività religiose straniere che interferiscono sugli affari religiosi cinesi.

La NRAA è la longa manus del Fronte Unito del Partito Comunista per le questioni religiose. Si tratta di regole dettagliate, rivolte a stranieri di qualsiasi confessione religiosa che in 38 articoli mettono in chiaro che anche a chi non è cinese è richiesto “il rispetto dell’indipendenza e dell’auto-governo” delle comunità religiose locali, obbedendo alle indicazioni del partito.

È l’ultimo passo della “sinicizzazione” delle religioni di Cina, imposta dal presidente Xi Jinping a tutte le religioni in Cina, che così facendo si garantisce il controllo di quello che succede nei gruppi religiosi.

Tra i primi a pubblicare le nuove regole c’è stato il sito internet della diocesi di Shanghai, dove è vescovo Giuseppe Shen Bin, trasferito unilateralmente da Pechino con nomina poi sanata dal Papa. In Vaticano a maggio 2024 per una conferenza sui 100 anni del Concilio cinese, Shen Bin difese con forza la sinicizzazione. Ora dovrà accogliere nei prossimi giorni l’Archivista e Bibliotecario uscente, l’arcivescovo Vincenzo Zani, che dovrebbe essere a Shanghai per una serie di incontri e farà anche tappa sulla tomba del missionario Martino Martini.

Cosa dice il nuovo regolamento?

All’articolo 5 affermano programmaticamente che “gli stranieri che svolgono attività religiose in Cina devono attenersi alle leggi, ai regolamenti e alle norme cinesi, rispettare il principio dell'indipendenza e dell'autogestione religiosa della Cina e accettare la gestione legittima del governo cinese: la religione non deve essere usata per danneggiare gli interessi nazionali, gli interessi pubblici sociali o i diritti e gli interessi legittimi dei cittadini e non deve violare l'ordine pubblico e i buoni costumi della Cina”.

Le norme vanno anche più in là, e stabiliscono che qualsiasi attività religiosa anche tra stranieri che si trovano in Cina deve avvenire solo all’interno dei luoghi di culto “ufficiali” o - se questo non è fisicamente possibile perché non presenti nella zona - solo dopo aver ottenuto il permesso degli appositi organismi controllati dal Partito, seguendo apposite procedure. È una risposta anche alle celebrazioni “illegali” del giubileo del vescovo Pietro Shao Zumin, a causa delle quali il presule è stato arrestato?

Forse non è una risposta diretta, ma chiarisce il punto di vista del Partito. Che, di fatto, con queste nuove norme proibisce espressamente ogni contatto con le comunità cattoliche “sotterranee” o con quei sacerdoti che in coscienza non ritengono di dover aderire all’Associazione patriottica.

Nell’articolo 10, viene specificato che comunque anche nei luoghi di culto considerati ufficiali le attività religiose per gli stranieri “dovranno essere presiedute da religiosi cinesi”, e solo nel caso “in cui sia veramente necessario che gli stranieri presiedano le attività religiose” andrà comunque presentata una richiesta all’ufficio locale del dipartimento per gli affari religiosi.

L’articolo 16 specifica poi che “ad eccezione dei religiosi cinesi che le organizzano, le attività religiose di gruppo tenute da stranieri in Cina sono limitate alla partecipazione di stranieri in Cina”.

Il regolamento norma espressamente anche le attività dei religiosi stranieri che entrano in Cina attraverso scambi accademici e culturali, che tra l’altro dovranno essere autorizzati uno per uno dal Partito, e addirittura si stabilisce che non si possono portare più di dieci copie di libri o pezzi di materiale audiovisivo ad argomento religioso nel Paese.

L’articolo 21 delle norme precisa che coloro che saranno ammessi agli scambi culturali non dovranno “parlare o compiere azioni ostili alla Cina, avere tendenze ideologiche estremiste o interferire con le questioni religiose cinesi”.

L’articolo 26 specifica inoltre che “le organizzazioni o gli individui stranieri non devono reclutare studenti che studiano all'estero allo scopo di coltivare nuovi religiosi all'interno del territorio cinese senza autorizzazione”.

Qualsiasi straniero che si trovi in Cina è comunque sottoposto a una rigida lista di divieti, dettagliata nell’articolo 29. Tra questi, il divieto di interferire nelle attività dei gruppi religiosi, tenere conferenze o prediche non autorizzate, “reclutare seguaci tra i cittadini cinesi”, produrre libri o altro materiale ad argomento religioso, accettare donazioni da singoli o organizzazioni cinesi, condurre attività religiose su internet.

Mentre la Santa Sede cerca di mantenere un canale di dialogo con la Cina, con l’idea di elevare il livello del bilaterale da quello del viceministro degli Esteri a quello di Ministro degli Esteri, Pechino continua la sua politica interna a forte caratterizzazione anti-religiosa.

                                                           FOCUS EUROPA

Il Cardinale Parolin alla COMECE

Lo scorso 26 marzo, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, è intervenuto all’assemblea plenaria della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE) che si è tenuta dal 26 al 28 marzo, e che si è concluso con un messaggio con il quale i vescovi chiedevano di “guardare al mondo con speranza”.

La COMECE è composta di vescovi delegati delle Conferenze Episcopale dei Paesi dell’Unione Europea, e monitora le attività del Parlamento Europeo sulla base dell’articolo 17 del Trattato di Lisbona.

Nel suo intervento, il Cardinale Parolin si è detto “rallegrato” della prossima firma della Charta Oecumenica riveduta a Vilnius il prossimo 27 aprile, un documento che “può essere di grande utilità per la missione delle nostre Chiese in Europa nei prossimi anni”.

Il Cardinale ha mostrato apprezzamento per il lavoro del CCEE, e ha definito “prezioso” l’aiuto fornito dal Segretariato nel seguire le vicende legate all’applicazione del Regolamento generale sulla protezione dei Dati dell’Unione Europea (GDPR), con un impegno che “trova il pieno appoggio della Santa Sede”, visto che si tratta di “un tema delicato che interessa non solo gli Episcopati europei, ma la vita dell’intera Chiesa e per certi versi anche la stessa libertas ecclesiae”.

Il Cardinale si riferisce in particolare al lavoro “che si sta portando avanti in difesa dei registri di battesimo, allorché sono minacciati da ricorsi pretestuosi presso le Autorità nazionali di protezione dei dati personali e ora anche in un procedimento presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea”, e ricorda che “una delle responsabilità dei Vescovi è proprio quella di tutelare la libertà della Chiesa, il che non contraddice, anzi nel nostro tempo equivale a tutelare la libertà religiosa in genere”.

Il Segretario di Stato vaticano nota che oggi sembra “che lo sforzo fatto dall’umanità, dopo i terribili conflitti del secolo scorso, di creare un ordine mondiale basato sulla collaborazione tra gli Stati e sul multilateralismo, sia messo seriamente in questione e sembra prevalere la tentazione di pensare solo a se stessi, facendo prevalere logiche egemoniche”.

In particolare, Parolin si concentra sul conflitto “causato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”, che si trascina da tre anni e riguardo il quale Santa Sede e COMECE sono “intervenute varie volte con chiarezza, chiedendo la fine negoziata della guerra, una pace giusta e duratura, il rispetto del diritto internazionale, e lo sforzo comune per la ricostruzione di quel martoriato paese”.

Il Cardinale sottolinea che “è dovere nostro stare vicino al popolo ucraino ingiustamente aggredito, aiutarlo nella misura delle possibilità di ciascuno e chiedere alle parti belligeranti e all’intera Comunità internazionale di adoperarsi per una rapida e giusta soluzione”.

Il capo della diplomazia vaticana guarda poi alle elezioni europee che si sono svolte a giugno 2024, con tutti i loro stravolgimenti politici. “Gli Episcopati – sottolinea -  non devono mancare di mantenere un dialogo aperto e sincero con tutte le forze politiche, alla luce dell’insegnamento evangelico, del Magistero e della Dottrina sociale della Chiesa”.

Parolin mette in luce altre sfide: dalla difesa della vita dal concepimento alla morte naturale a quella della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. E ancora, la difesa “della libertà dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni; del rispetto della dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili: i giovani, gli anziani, i disoccupati, gli immigranti e i richiedenti asilo”.

Il dialogo è cruciale, ma “non si può non osservare che, anche tra i politici di ispirazione cristiana, vi sia una minore consapevolezza dei valori che hanno contribuito a dare vita alle Comunità europee”, e per questo “non devono mancare da parte degli Episcopati iniziative volte alla sensibilizzazione e alla formazione dei cristiani impegnati in ambito politico, né ritengo bisogna essere ‘timidi’ nel chiedere un impegno maggiore di coerenza ai politici cattolici nel superare le logiche di partito”.

Infatti, afferma il Cardinale Parolin, “essere cristiani significa scegliere e seguire la via di Gesù, che è la via della fedeltà al Padre fino alla Croce”.

Il Cardinale ricorda anche la sfida delle migrazioni, sottolinea che la preoccupazione per il gran numero di migranti è comprensibile, e che questa preoccupazione “cresce con le notizie di attentati terroristici in alcune delle nostre città e l’aumento della delinquenza e del consumo di stupefacenti”.

Tuttavia, nota che resta fermo il dovere ad accogliere, accompagnare e integrare queste persone, e apprezza lo sforzo dell’Europa di arrivare ad una politica comune sul tema, mentre dà alla COMECE il compito di “dialogare con le Istituzioni dell’Unione per far sì che non si manchi mai di guardare ai migranti come a persone con le proprie storie, i propri drammi e le proprie attese, e non semplicemente come a numeri”.

Il cardinale Parolin non manca di affrontare la politica estera della nuova amministrazione USA, che “sta mettendo in discussione le relazioni atlantiche sviluppatesi dal 1945 e ritenute da tutti solide e durevoli”, e che ha portato la commissione europea a dare priorità a competitività e difesa. Il Segretario di Stato vaticano si augura “che le nuove relazioni transatlantiche siano l’occasione di una maggiore presa di coscienza collettiva del ruolo e delle responsabilità che l’Europa ha nel mondo, senza cedere ad una logica difensiva e di mero riarmo che diviene prodromo di chiusure e nuovi conflitti”.

In fondo, siamo una sola famiglia umana, e pensare al bene del proprio Paese non impedisce di pensare “al bene di tutta l’umanità”, perché “non si possono tralasciare obblighi morali come l’aiuto umanitario e lo sviluppo dei Paesi più poveri, il rispetto dei diritti umani e la tutela dell’ambiente”.

Il cardinale nota anche che “varie organizzazioni, anche cattoliche, dedicate all’aiuto umanitario, hanno alzato in questi giorni la loro voce sulla forte riduzione delle risorse che ricevono, per questi fini”.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

New York, il premio Path to Peace al Cardinale Pietro Parolin

Ogni anno, la Path to Peace Foundation organizza una cena di gala, in supporto al lavoro della Missione dell’Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York. Nell’occasione, la Path to Peace Foundation conferisce un premio.

La cena avrà luogo il prossimo 18 maggio, e quest’anno verrà premiato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede. Si tratta di un premio simbolico, che va alla Santa Sede e come parte delle celebrazioni del 60esimo anniversario della storica visita alle Nazioni Unite di Paolo VI avvenuta il 4 ottobre 1965 e del decimo anniversario della visita di Papa Francesco alle Nazioni Unite del 25 settembre 2015.

La Santa Sede a New York, la nazioni con medio reddito

Lo scorso 1 aprile, si è tenuto al Palazzo di Vetro di New York un incontro di Alto Livello sulle Nazioni a Medio Reddito, che aveva l’obiettivo di discutere le barriere strutturali che affrontano queste nazioni nell’implementazione dell’agenda 2030.

L’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha messo in luce quali sono i problemi strutturali delle nazioni a medio reddito, che rappresentano circa un terzo del Prodotto Interno Lordo Globale, ma sono anche casa del 62 per cento della popolazione povera del mondo e si trovano ad affrontare ostacoli crescenti come il cambiamento climatico, l’instabilità economica e il debito.

L’arcivescovo ha messo in luce che il PIL non basta a misurare lo sviluppo, perché questo esclude spesso le nazioni a medio reddito dalla concessione di finanziamenti, e ha chiesto indicatori di sviluppo che riflettono realtà economiche, sociali e ambientali, facendo crescere anche assistenza finanziaria senza debiti.

In questo, ha detto il nunzio, la Quarta Conferenza Internazionale su Finanziamento e Sviluppo fornirà l’opportunità di stabilire impegni che vadano al di là dei parametri del PIL e permettano alle nazioni a medio reddito di raggiungere uno sviluppo sostenibile.

                                                           FOCUS ASIA

India, approvate le nuove norme sulle donazioni delle proprietà

Il Parlamento indiano ha approvato la nuova versione della legge Waqf. Si tratta di un provvedimento presentato dal ministro degli Affari Parlamentari Kiren Rijjju, e che vuole regolamentare le donazioni permanenti delle proprietà secondo la tradizione islamica.

Il testo è stato è stato approvato alla Camera Bassa del Parlamento indiana con 288 voti a favore e 232 contrari. La discussione passerà ora al Rajya Sabha, l’altro ramo del parlamento indiano, per il via libera definitivo.

La legge punterebbe a migliorare l’efficienza dei consigli del Waqf, migliorando il processo di registrazione con l’uso della tecnologia. Ma questo viene visto anche come una mossa del governo per imporre un controllo sulla comunità musulmana.

Il Paese è diviso, e così lo sono i vescovi. Il Consiglio episcopale cattolico del Kerala (KCBC), che riunisce i vescovi siro-malabaresi, siro-malankaresi e latini di questo Stato, il 29 marzo avevano diffuso una dichiarazione di sostegno. Sullo sfondo, c’è una disputa a Munambam, dove più di 600 famiglie protestano da un anno perché un'area di 400 acri, dove si trovano le loro case, è stata dichiarata un bene Waqf dal Waqf Board del Kerala. Padre Thomas Tharayil, vice segretario generale della KCBC, ha dichiarato ai media che il sostegno del consiglio alla legge è esclusivamente per il benessere dei residenti di Munambam.

Da parte sua nei giorni scorsi anche la Conferenza episcopale indiana (Cbci) aveva diffuso una dichiarazione ufficiale che chiede una "soluzione permanente" alle annose controversie sui terreni nell'ambito degli emendamenti proposti alla Waqf Law.

La riforma, però, si inserisce anche nel contesto più generale di un nazionalismo indù sempre più ostile alla comunità musulmana, che ovviamente non può non destare reazioni. Da parte sua l'All India Muslim Personal Law Board ha già dichiarato che ricorrerà in tribunale contro l’approvazione della riforma del Waqf.

Indonesia, la posizione del vescovo sull’isola di Flores

È scontro tra l’arcivescovo Paulus Budi Kleden di Ende (Indonesia) e il governo di Jakarta. A marzo, un inviato speciale del ministero dell’Energia e delle risorse minerarie ha incontrato l’arcivescovo per perorare la causa della realizzazione di centrali geotermiche a Mataloko e altre località del territorio. L’arcivescovo, però, continua ad opporsi, perché sottolinea che queste nuove centrali andrebbero a causa gravi danni ambientali e stravolgerebbero la vita della popolazione.

In una nota pubblicata nei giorni successivi la visita, inviata per conoscenza ad AsiaNews, l’arcivescovo Kleden ribadisce la posizione della diocesi come illustrata nel gennaio scorso e ribadita nella lettera Pastorale 2025 per l’Anno giubilare e nella lettera per la Quaresima.

“Il rifiuto del progetto di sviluppo geotermico - sottolinea il prelato - deriva da preoccupazioni relative al contesto dell’arcidiocesi [fra le quali] aree montuose e collinari, che lasciano un terreno limitato per gli insediamenti e l’agricoltura. Dal punto di vista occupazionale, quasi l’80% degli abitanti del territorio dell’arcidiocesi è costituito da agricoltori”. Inoltre, prosegue la dichiarazione, le coltivazioni di Ende dipendono “in larga misura dalle precipitazioni, poiché le fonti d’acqua di superficie sono scarse. Un uso improprio delle risorse idriche - conclude - potrebbe causare danni e carenze d'acqua, ponendo un problema sociale significativo per la comunità”.  

Dal 2017 l’isola di Flores è stata ufficialmente dichiarata da Jakarta come potenziale sede per l’esplorazione di siti adatti agli impianti geotermici, con almeno 17 progetti allo studio tra i quali alcuni sono stati già attribuiti alle località di Daratei e Mataloko nell’area di Ngada.

Ma questi progetti si inseriscono in veri e propri paradisi naturali, e gli abitanti stessi stanno mettendo in luce come questa situazione stia minacciando la salute pubblica.

La designazione di Flores come isola geotermica fa parte del programma di transizione energetica dell’Indonesia nell’ambito del Just Energy Transition Partnership (Jetp), con un piano di investimenti fino a 22,5 miliardi di dollari e fra i progetti strategici nazionali. L’area ha un potenziale geotermico stimato di circa 776 megawatt in 12 aree di lavoro geotermiche (Wkp), secondo i dati 2023 dell’Esdm. La costruzione degli impianti hanno però portato a perdite di reddito per gli agricoltori di miliardi di rupie, secondo studi indipendenti.

Indonesia e Santa Sede festeggiano 75 anni di relazioni diplomatiche

Lo scorso 13 marzo, Indonesia e Santa Sede hanno festeggiato i 75 anni di relazioni diplomatiche. Papa Francesco ha visitato il Paese nel 2024, enfatizzando anche l’importanza dell’Indonesia nel mantenere il pluralismo in una situazione globale in cui i conflitti possono nascere in ogni momento.

Qualche mese dopo la visita di papa Francesco Nazaruddin Umat, Grande Imam della moscha Istiqlal a Jakarta, è stato scelto come Ministro degli Affari Religiosi dal presidente Prabowo Subianto, e ha promesso nell’occasione di incorporare la “Dichiarazione Congiunta di Sviluppare l’Armonia Religiosa per il bene dell’Umanità”, da lui firmata con Papa Francesco, nei curricula scolastici.

Trias Kuncahyono, ambasciatore di Indonesia presso la Santa Sede, ha detto ai media indonesiani che l’anniversario è uno stimolo per rafforzare le relazioni diplomatiche con la Santa Sede in futuro. I cattolici in Indonesia rappresentano solo il 3,1 per cento della popolazione indonesiana, che conta 281 milioni di abitanti.

Nonostante l’armonia, ci sono anche delle situazioni preoccupanti. Prima di tutto perché, sebbene molte comunità cristiane siano al sicuro, la presenza di comunità islamiche conservatrici rende difficile per i cattolici di rendere concreta la loro fede. Per esempio, un gruppo islamico ha impedito, all’inizio di marzo, alla comunità cattolica della diocesi di Bandung di usare un edificio per il servizio del Mercoledì Santo.

Altro tema di preoccupazione, il conflitto che continua ad essere presente nella regione di Papua, a Est del Paese, per il quale la Chiesa cattolica è stata considerata di essere insensibile alla difficile situazione della popolazione locale. Per questo, hanno chiesto un riconoscimento al Vaticano, e anche un vescovo indigeno alla guida della diocesi. La recente nomina di due vescovi indigeni di Papua a Jayapura e Timika può essere la risposta vaticana a questa richiesta, e tuttavia non è sufficiente di fronte alla volontà del governo di sopprimere la richiesta di Papua per l’autodeterminazione, perché la Chiesa ha un buon rapporto con il governo.

La questione dell’isola di Flores, già affrontata in questa rubrica, è un altro tema di possibile preoccupazione per la Santa Sede.

                                                           FOCUS AFRICA

Camerun, i vescovi propongono un codice elettorale in vista del voto presidenziale

I vescovi del Camerun, in una lettera pastorale, hanno definito le tre qualità che deve avere il candidato ideale, identificandole in “identità, umiltà, modestia e leadership morale”.

La lettera è stata letta da monsignor Paul Nyaga, segretario generale della Conferenza Episcopale del Camerun, in una conferenza stampa.

I vescovi affermano che il futuro capo dello Stato “non deve utilizzare il suo potere per arricchirsi o sottomettere la popolazione”, deve visitare “ogni regione almeno una volta durante il suo mandato” e deve “comprendere i bisogni e i desideri dei camerunensi”.
Nel loro messaggio i Vescovi ricordano che sebbene “il processo elettorale in Camerun è regolato dalla Costituzione e dal Codice elettorale del 2012, i partiti di opposizione e la società civile nel nostro Paese continuano a criticare il processo elettorale per la sua mancanza di trasparenza, giustizia ed equità”.

I vescovi camerunensi ribadiscono la necessità di una riforma del sistema e del finanziamento dei partiti, e denunciano le “violenze durante le campagne elettorali”, “i candidati non ben accetti in alcune circoscrizioni”, la “compravendita di voti” e i “registri elettorali manomessi”, e propongono “un codice di condotta elettorale”, ovvero “una serie di regole, di comportamenti mirati a contribuire alla creazione di condizioni favorevoli all’organizzazione di elezioni giuste, libere, credibili e trasparenti”.

La Conferenza Episcopale camerunense aveva anche lanciato, all’inizio dell’anno, l’allarme sulla eccessiva pressione fiscale. Il Camerun è governato dal 1982 dal Presidente Paul Biya, il quale ha avuto problemi di salute tra settembre e ottobre e non ha ancora sciolto le riserve su una sua eventuale ricandidatura.

I vescovi di Rwanda e Burundi chiedono la pace nella regione

I vescovi di Rwanda e Burundi hanno rilasciato una dichiarazione al termine dell’Assemblea Plenaria Ordinaria dell’Associazione delle Conferenze degli Ordinari di Rwanda e Burundi, che si è tenuta dal 30 marzo all’1 aprile.

I vescovi hanno puntato il dito contro la chiusura del confine terrestre tra Burundi e Ruanda ad opera di Bujumbara, che accusa Kigali di offrire supporto ai ribelli burundesi basati sulla parte orientale della Repubblica Democratica del Congo.

Per questo, i vescovi notano che “la chiusura delle frontiere ostacola la crescita economica, la coesione sociale e lo scambio culturale”.
Il Burundi inoltre ritiene che il Ruanda ospiti gli autori del fallito colpo di Stato del 2015 e vuole che vengano consegnati alla propria giustizia. Richiesta respinta al mittente da Kigali, che ha opposto il diritto internazionale che non permette di rimandare coloro che chiedono asilo politico.

I vescovi dei due Paesi implorano “i nostri capi di agire con saggezza e compassione per ripristinare la normalità e promuovere l’unità tra le nostre nazioni”.

La crisi tra Rwanda e Burundi è legata a quella che si vive ad Est della Repubblica Democratica del Congo. L’M23, un movimento di guerriglia appoggiato dal Ruanda, ha preso il controllo di aree estese delle province del Nord e del Sud Kivu. Il Burundi aveva dispiegato i propri militari nel Sud Kivu, e li ha ritirati poco prima che l’M23 e le truppe ruandesi prendessero il controllo del capoluogo Bukavu, e ora tema che la guerriglia faccia incursioni in territorio burundese, allargando il conflitto a tutta la regione dei grandi laghi.

I vescovi supportano anche il messaggio dell'Associazione delle Conferenze Episcopali dell'Africa Centrale (ACEAC), che chiede negoziati per risolvere i conflitti pacificamente. Nel testo della dichiarazione, i vescovi di Ruanda e Burundi ricordano che “dal 24 al 26 febbraio 2025, l'Associazione delle Conferenze episcopali dell'Africa centrale (ACEAC) ha tenuto a Dar-es-Salaam un incontro per la ricerca della pace nella regione dei Grandi Laghi, in particolare nell'est della Repubblica Democratica del Congo”.

“I membri dell’ACOREB – prosegue il messaggio - accolgono con favore e sostengono il messaggio dell'ACEAC, che esorta tutte le parti coinvolte in questa guerra mortale a tornare al tavolo dei negoziati per risolvere i loro conflitti con mezzi pacifici, attraverso un dialogo sincero e inclusivo”.

                                                           FOCUS VATICANO

Un nunzio membro del dicastero per l’evangelizzazion

Era andato in pensione al compiere dei 70 anni, lo scorso 1 settembre 2023, approfittando della possibilità data ai nunzi apostolici di anticipare la pensione per parificare il loro mandato con quello degli altri diplomatici. Dal 4 aprile, l’arcivescovo Leo Boccardi, nunzio apostolico, ha l’incarico di membro del Dicastero dell’Evangelizzazione, sezione per la Prima Evangelizzazione e le Nuove Chiese Particolari.

Boccardi è stato nei ranghi dalla diplomazia pontificia dal 1987 al 2023. È stato dal 2001 al 2007 rappresentante permanente della Santa Sede presso l’OSCE, l’AIEA e altre organizzazioni internazionali a Vienna, quindi nunzio in Sud Sudan ed Etiopia dal 2007 al 2013, nunzio in Iran dal 2013 al 2021 e nunzio in Giappone dal 2021 al 2023.