Advertisement

Letture, il ritorno di " Orfeo in Paradiso" di Luigi Santucci

Lo sguardo sul mondo dalle guglie del Duomo di Milano

Un dettaglio della copertina |  | Mondadori Un dettaglio della copertina | | Mondadori

Dalle guglie del Duomo di Milano si vede  scorrere la vita incessante della metropoli, ma ci si sente anche sospesi in un non-tempo, in uno scorrere del tempo che non è più lineare. Una vertigine non solo fisica ma interiore, spirituale. Un grande dolore si può trasformare in pulsione autodistruttiva, oppure il tunnel per sbucare in un’altra dimensione, dove tutto è di nuovo possibile. E può dare vita ad un romanzo struggente. E’ proprio sulle guglie del duomo che comincia uno dei romanzi più geniali e forti di una scrittura potente, duttile, ricca di invenzioni stilistiche degli ultimi cinquant’anni. 

Parliamo di "Orfeo in paradiso" di Luigi Santucci, che sta per uscire in una nuova, bella edizione degli Oscar Mondadori. Dopo aver perduto la madre, il protagonista Orfeo medita di buttarsi  dal parapetto delle guglie del Duomo di Milano. L’improvvisa apparizione di un misterioso personaggio stravolge i suoi piani. Lo sconosciuto gli offre la possibilità di un viaggio nel passato per ripercorrere la giovinezza della madre perduta. Orfeo accetta, anche se non comprende pienamente la posta in gioco del patto faustiano, che a poco a poco rivelerà la sua insidia demoniaca. Lo scrittore, dunque, mette in scena  l’antico modello dell’incontro- scontro con il demonio, da cui si esce sempre  con grande difficoltà r piuttosto malconci, se non intervenisse la Grazia. Seduce, promette, poi spalanca l’abisso ai piedi della vittima prescelta. Ad Orfeo schiude la porta di un mondo felice, la possibilità di una vita piena e luminosa, ma alla fine, prima che tutto precipiti nella voragine spalancata è il vero, unico amore che può salvare.

Rileggere quest’opera rappresenta anche l'occasione per riscoprire  questo scrittore molto amato e apprezzato negli anni Sessanta e Settanta, poi colpevolmente lasciato nell’oblio, da cui bisogna farlo uscire. E bisogna sottolineare che negli Oscar Mondadori, meritoriamente,  si è cominciato da tempo a riproporlo al grande pubblico dei lettori.

Santucci è nato a Milano nel 1918 ed è scomparso nel 1999; ha esordito come  scrittore con una monografia sulla letteratura per l’infanzia  che riflette chiaramente il suo interesse per la pedagogia. E successivamente i “Misteri gaudiosi”, un “manifesto” della sua poetica, animata da una religiosità serena, percorsa da un senso dello humour, che non dimentica gli aspetti difficili della vita, le cadute e le fragilità di ogni uomo. Sono seguiti romanzi e racconti che hanno rapidamente conquistato lettori e critica, riuscendo anche a superare le diffidenze che suscitava la sua etichettatura come “scrittore cattolico”. Santucci è da annoverare  tra i maggiori narratori italiani della seconda metà del Novecento. Negli anni della Resistenza collabora alla fondazione della rivista L’Uomo, accanto a Turoldo, Del Bo, De Piaz, Bontadini, Merlin e Romanò. Alla fine degli anni Quaranta lavora con Bo, Mazzolari, Sereni, Lisi, Tombari, Novello, Angelini e gli esponenti del caffè letterario delle Giubbe Rosse di Firenze. Nel 1967 vince il Premio Campiello con Orfeo in paradiso.

La sua opera  forse più nota è  “Il velocifero”, il cui titolo fa riferimento a quella che alla fine dell’Ottocento era la diligenza usata per i viaggi più celeri. Ed è anche l’oggetto-simbolo che attraversa la storia  e le storie quel periodo, in primis quella  di una pittoresca famiglia milanese. Lo scenario è mobile, attraverso le grandi case della Milano fine Ottocento, bella e ancora romantica,  gli oggetti e i riti delle stagioni e delle usanze, sia in campagna che in città scanditi dalle feste religiose, la Milano delle campagne a ridosso della città, non ancora diventata metropoli, in quella periferia che  assomiglia ai paesi e alle contrade disseminate verso i laghi e le montagne, le luci della Scala e delle vie del centro, con i grandi palazzi ricchi di vita e di storie, come la casa della famiglia protagonista del romanzo, una grande famiglia allargata, ma non nel senso che gli attribuiamo noi, una famiglia composta da padri, madri, zii, domestiche , cugini, amici, animali.

Advertisement

Dalle pagine di Santucci emerge spesso e volentieri il  gusto delle parole elaborate, cercate, “lavorate”,  un gusto per la bella scrittura più o meno totalmente perduto. Quella scrittura si vuole fare ricerca della bellezza della vita, delle misteriose strade percorse dalla misericordia di Dio che tutto salva e che a tutto dona significato e senso. Egli vive in mezzo a noi, anche se non vogliamo o non possiamo rendercene conto, nella bellezza e nello stupore di quanto ci circonda e ci succede. Vive le nostre gioie e i nostri dolori, si rende presente dell’amore che viviamo nella relazione con gli altri, ma c’è anche  nell’amarezza della solitudine e nella sensazione di essere inutili, finiti, senza scampo. Nel buio e nella luce.

 

Luigi Santucci, Orfeo in paradiso, Oscar Mondadori,  pp.228, euro 13