Sul piano nazionale Bagnasco è tornato a difendere la famiglia. Non si possono “cambiare le categorie elementari dell’umano, categorie che non sono confessionali e che – nella loro sostanza - appartengono all’umanità intera. Si vuole ridefinire – così si dice – i fondamenti non solo del vivere insieme, ma anche del vivere con se stessi, del pensarsi come persone, come libertà e amore, come famiglia e società, come vita e morte nel loro naturale intreccio. Questo clima, aggressivo nei confronti di chi la pensa diversamente, esalta a gran voce democrazia e libertà, ma a condizione che nessuno esca dalle righe stabilite, come se esistesse un diritto di cittadinanza condizionata”. A tirare i fili, secondo il Cardinale, “sono le ricchezze esorbitanti di alcuni, che esercitano il loro spropositato potere per cambiare il modo di pensare della gente, spinti solo da un’insaziabile avidità di profitto”.
Il Cardinale Bagnasco ha anche affrontato il tema della pedofilia. Ogni caso accertato “rinnova in noi il dolore e la vicinanza alle vittime e ai familiari; insieme ribadiamo la condanna dei colpevoli, mentre cresce la preoccupazione per lo scandalo delle anime. I Vescovi italiani sono stati tra i primi a mettere in essere con rigore le indicazioni della Santa Sede in ordine all’accertamento degli addebiti e all’erogazione delle pene, e hanno rafforzato le strutture di recupero nonché i criteri di prevenzione. Fermo restando tutto questo, riconosciamo e condividiamo la generosità del nostro Clero, che si spende ogni giorno accanto a tutti e a ciascuno con disinteresse e trasparenza”.
Non è mancata inoltre la denuncia del “progressivo sgretolamento del tessuto sociale, così che ognuno, anziché sentirsi ascoltato e partecipe, facilmente si sente vittima della cultura dello scarto”. La comunità cristiana deve ovunque essere luce di riferimento e luogo di accoglienza “dove, prima di fare, ricevere o dare, ognuno possa sentirsi se stesso, possa incontrare una comunità di ideali, uno spazio di relazioni benevole, respirare un orizzonte alto e ampio. Sì, bisogna ritessere i rapporti umani perché ognuno si senta a casa anche oltre il suo tetto. E i rapporti umani si creano non con il collante degli interessi individuali e delle convenienze, ma della gratuità, di cui Gesù è sorgente e criterio”.
Sul possibile intervento militare italiano in Libia Bagnasco è netto. No ad “avventure sconsiderate” occorre “prudente ponderazione”.
Bagnasco misura poi il polso del Paese che sembra “stia reagendo alla crisi, ma il cammino si presenta faticoso. La gente è ammirevole, continua a rivelare una grande capacità di resistere e lottare, di non perdere la fiducia, di unire le forze. La famiglia, poi, ancora una volta dà prova di essere il perno della rete sociale, luogo in cui si condividono le risorse e si genera fiducia e coraggio per andare avanti. Essa è veramente il più grande capitale di impresa e di solidarietà, un tesoro da non indebolire e disperdere con omologazioni infondate, trattando nello stesso modo realtà diverse. Da una parte si rivendicano le differenze sul piano culturale e, dall’altra, le si negano sul piano normativo, creando di fatto delle situazioni paramatrimoniali”.
Basta liti e distrazioni: “è l’ora di una grande responsabilità, perché i germogli possano diventare presto raccolto abbondante, perché l’occupazione, la famiglia e lo stato sociale siano a portata di tutti, specialmente dei giovani che hanno diritto di farsi la propria famiglia. I beni materiali sono certamente necessari per vivere con dignità, ma esiste un patrimonio invisibile che non ha prezzo e che non si può comprare: è la fiducia, la speranza”.
La Chiesa italiana è in prima linea per sostenere il suo popolo. “Da sempre – ha ricordato l’Arcivescovo di Genova – cerchiamo di fare, senza chiasso, il nostro dovere di solidarietà evangelica. Non vogliamo sbandierare nulla né ricevere medaglie; desideriamo solo di avere la grazia di poter continuare – e se possibile intensificare – l’aiuto a quanti – sono moltitudini – bussano fiduciosi alla porta delle Parrocchie. Qualche ombra, che a volte dolorosamente si constata, non deve oscurare né screditare l’operato limpido e generoso di moltissimi operatori – sacerdoti, consacrati e laici – che servono con gratuità e sacrificio di energie, tempo, denaro”.
Puntuale la denuncia di un “inverno demografico, sintomo di una crisi più profonda di quella economica. La famiglia, grembo della vita, e l’occupazione, sono le cose concrete a cui il popolo guarda con preoccupazione crescente. Ed è su queste emergenze che la gente vuole vedere la politica impegnata giorno e notte per misure urgenti e concrete. Sono questi i veri passi con cui presentarsi in Europa a testa alta!”.
Avere figli è un bel desiderio – ha aggiunto ancora il porporato – ma “è diritto dei bambini non diventare oggetto di diritto per nessuno, poiché non sono cose da produrre. Tanto più che certi cosiddetti diritti risultano essere solo per i ricchi alle spalle dei più poveri, specialmente delle donne e dei loro corpi. Così, fa parte di un umanesimo umano il fatto che l’amore non giustifica tutto, che i bambini hanno diritto a un padre e una madre, come anche recentemente il Tribunale dell’Aia ha affermato. A questo riguardo, è necessario semplificare e accelerare le procedure di adozione, perché possano avere risposta le migliaia di richieste a fronte di alcune centinaia di bambini dichiarati adottabili. Fa parte dell’umanesimo pure la constatazione che la vita nessuno se la può dare e quindi togliere; che mai, in nessuna sua fase, può essere manipolata e distrutta; che sempre deve essere rispettata e mai può essere soppressa anche quando l’intenzione appare buona; che l’accanimento terapeutico è una cosa, mentre l’eutanasia e il suicidio assistito sono tutt’altro”.
Concludendo il Presidente della Cei ha fatto riferimento al raccapricciante omicidio avvenuto pochi giorni fa alla periferia di Roma per denunciare il “profondo disagio educativo che serpeggia e miete vittime. Emerge un inquietante, assoluto vuoto interiore, una disperata noia di vivere che esige un insaziabile bisogno di sensazioni forti, per cui la tortura e il delitto sono pensati, voluti e vissuti per se stessi. Siamo preoccupati che non si sia aperto un serio, corale dibattito pubblico; che si continui a mostrare colpevole superficialità o vile rassegnazione di fronte alla cultura dello sballo con droghe, alcool, azzardo, fino al disprezzo totale della vita propria e altrui. I Vescovi italiani si sono dati come meta pastorale del decennio proprio la sfida dell’educazione: vorremmo che questo ideale venisse percepito assolutamente prioritario, e innervasse la coscienza di tutta la società per creare un clima educativo alto e sostanzioso che non istilli miti, desolazione, vuoto e noia, ma lucidità di pensiero, passioni nobili, forza d’animo, spirito di dedizione e sacrificio”.
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