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Claudel, la fede e il suo "Annuncio a Maria". Domande per il nostro oggi

70 anni fa moriva il grande poeta francese narratore della Fede

Paul Claudel | Paul Claudel | Credit Comunione e Liberazione Paul Claudel | Paul Claudel | Credit Comunione e Liberazione

 

Sono trascorsi 70 anni (era il 23 febbraio del 1955) dalla morte del poeta e scrittore francese Paul Claudel, eppure le sue parole sono impresse nella loro freschezza e vivacità nella storia della letteratura mondiale. Voce della letteratura e poesia cattolica, Claudel rappresenta una delle più belle testimonianze di conversione che si siano mai sentite: entra in Notre Dame di Paris, un canto (quello del Magnificat) e ritorna a casa convertito. Comincia a leggere e studiare la Bibbia. La contempla, così come contempla il Signore e la Vergine. In un solo istante. Le sue parole - quelle del racconto della sua conversione avvenuta nel 1886: “Io ero in piedi tra la folla, vicino al secondo pilastro rispetto all’ingresso del coro, a destra, dalla parte della sacrestia. In quel momento capitò l’evento che domina tutta la mia vita. In un istante il mio cuore fu toccato e io credetti”. 

 

Conversione, sete di Dio e ricerca interiore: questi, i pilastri della sua personalità. Una produzione letteraria, la sua, che spazia e che giunge - grazie ai suoi versi, alle sue parole - nell’intimità del lettore portandolo in iperboli e “castelli interiori”: Conoscenza dell’Est, 1900; Cinque grandi odi, 1910; Cantata a tre voci, 1913. E poi tanto, tantissimo teatro come Testa d’oro (1891), Lo scambio (1894), Il riposo del settimo giorno (1896), Crisi meridiana (1906), L’ostaggio (1911), Giovanna d’Arco al rogo (1939), La scarpina di raso (1929). Uno dei più famosi testi rimane L’Annuncio a Maria, del 1912. 

 

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L'opera, scritta da Claudel appunto dopo la conversione al cattolicesimo, venne definita dall'autore stesso un dramma “umano e sovrumano”. Opera profondamente legata alla spiritualità medievale, segnata dal tema del miracolo. Un miracolo che diviene sia rivelazione della Grazia divina sia del  "potere sconfinato" della Fede. In uno scritto Don Giussani, sacedote e fine critico letterario, scrisse di quest’opera: "L’Annuncio a Maria è l'invito di Dio a stare al proprio posto nel mondo e questo non può non passare attraverso la croce, ma dalla croce alla risurrezione, non nell'aldià, ma qui". Temi sempre attuali, quindi. 

 

Ambientato vicino al monastero di Montevergine verso la fine del Medioevo (un Medioevo “di maniera” si potrebbe precisare). Un’epoca, quella tratteggiata dalla pgeniale penna di Claudel, in cui lo sfondo storico delle torri merlate diviene “il pretesto” per parlare a quell’oggi del poeta che - per incanto - può assurgere anche al nostro oggi: un Medioevo confuso, in subbuglio, tra le cui pieghe si annidano i tratti della nostra contemporaneità. Un verso: “Tutto è lotta e sommossa”, un panorama sociale che vede l’economia in crisi e una società in cui i valori si sfaldano, cadono, non si reggono in piedi come le cattedrali francesi progettate da uno dei protagonisti dell’opera, Pierre di Craon, il costruttore di cattedrali, il genio santo e peccatore, paradigma della ricerca dell’amore assoluto. E poi, c’è Anne Vercors, padre di Violaine e Mara (altri due personaggi), che nella sua opera di agricoltore scorge la bontà e la Grazia di Dio. Poi, ancora, c’è il giovane Jacques - amato da entrambe le figlie di Anne -  che è uomo giusto e onesto lavoratore. Intrecci di trame e sentimenti, e sullo sfondo Dio, la Vergine Maria che diviene la massima espressione di libertà umana davanti al Mistero del Signore. Accogliere o non accogliere, in piena libertà, la volontà di Dio? Domanda che scava il cuore di ogni fedele. Sempre.