Valencia , venerdì, 14. febbraio, 2025 14:00 (ACI Stampa).
C’è molto del maestro Benedetto XVI, nella lectio magistralis che il Cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha tenuto presso l’Università di Valencia lo scorso 5 febbraio. Titolo della lectio era “Il Concilio Vaticano II, tra tradizione e modernità”, e l’occasione era la laurea honoris causa conferita al Cardinale in occasione dell’atto accademico che ha celebrato il 50esimo anniversario della fondazione dell’Università Cattolica di Valencia.
Quale è la tesi finale del Cardinale Koch? Che sia coloro che vengono definiti “progressisti” che i cosiddetti “tradizionalisti” interpretano il Concilio Vaticano II come una rottura. Ma c’è bisogno piuttosto di una “terza via”, di un modo più equilibrato di guardare agli eventi conciliari, perché si possano portare a frutto le intuizioni del Concilio.
Nel suo intervento, il Cardinale Koch ha parlato della tensione tra coloro che si dicono fedeli alle fonti del Concilio Vaticano II e coloro che invece sono fedeli ai segni dei tempi, una relazione – quella tra queste due dimensioni – che “ha sempre caratterizzato la Chiesa, ma la cui tensione è diventata acuta in un modo nuovo dopo il Concilio Vaticano II”.
Il capo del Dicastero ecumenico vaticano ha sottolineato che “tra il conformismo secolarista e il fondamentalismo separatista, è necessario cercare una terza via nella fede cattolica, che il Concilio ci ha già fornito”.
In fondo, i due estremi considerano entrambi il Concilio come una rottura, e dunque “sono così vicini proprio perché non interpretano il Vaticano II nell’ambito della generale tradizione della Chiesa”.