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Cardinale Koch chiede una terza via sull’interpretazione del Concilio Vaticano II

Né con i tradizionalisti, né con i progressisti. Il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicatsero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, chiede una terza via guardando al Concilio e al futuro ecumenico

Cardinale Kurt Koch | Il cardinale Koch riceve il cappello accademico, Università Cattolica di Valencia, Valencia, 5 febbraio 2025 | Università cattolica di Valencia Cardinale Kurt Koch | Il cardinale Koch riceve il cappello accademico, Università Cattolica di Valencia, Valencia, 5 febbraio 2025 | Università cattolica di Valencia

C’è molto del maestro Benedetto XVI, nella lectio magistralis che il Cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha tenuto presso l’Università di Valencia lo scorso 5 febbraio. Titolo della lectio era “Il Concilio Vaticano II, tra tradizione e modernità”, e l’occasione era la laurea honoris causa conferita al Cardinale in occasione dell’atto accademico che ha celebrato il 50esimo anniversario della fondazione dell’Università Cattolica di Valencia.

Quale è la tesi finale del Cardinale Koch? Che sia coloro che vengono definiti “progressisti” che i cosiddetti “tradizionalisti” interpretano il Concilio Vaticano II come una rottura. Ma c’è bisogno piuttosto di una “terza via”, di un modo più equilibrato di guardare agli eventi conciliari, perché si possano portare a frutto le intuizioni del Concilio.

Nel suo intervento, il Cardinale Koch ha parlato della tensione tra coloro che si dicono fedeli alle fonti del Concilio Vaticano II e coloro che invece sono fedeli ai segni dei tempi, una relazione – quella tra queste due dimensioni – che “ha sempre caratterizzato la Chiesa, ma la cui tensione è diventata acuta in un modo nuovo dopo il Concilio Vaticano II”.

Il capo del Dicastero ecumenico vaticano ha sottolineato che “tra il conformismo secolarista e il fondamentalismo separatista, è necessario cercare una terza via nella fede cattolica, che il Concilio ci ha già fornito”.

In fondo, i due estremi considerano entrambi il Concilio come una rottura, e dunque “sono così vicini proprio perché non interpretano il Vaticano II nell’ambito della generale tradizione della Chiesa”.

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Rispondendo ai tradizionalisti, Koch ricorda che lo stesso Benedetto XVI aveva sottolineato che “l’autorità magisteriale della Chiesa non può essere congelata al 1962”. Rispondendo invece ai progressisti, il cardinale mette in luce che “se l’enfasi è basata solamente sull’aggiornamento, c’è il pericolo che l’apertura della Chiesa al mondo, desiderato e raggiunto dal Concilio, diventerà un frettoloso adattamento dei fondamenti della fede allo spirito dell’età moderna”.

Secondo Koch, “molte correnti del periodo post-conciliare erano così orientate verso il mondo che non hanno notato i tentacoli della modernità o ne hanno sottovalutato l’impatto, al punto che la cosiddetta conversione al mondo non ha permesso al lievito del Vangelo di permeare ancora di più la società moderna, ma piuttosto ha portato a un ampio conformismo della Chiesa con il mondo”.

Ci vuole, insomma, “il ripristino di un sano bilanciamento nella relazione tra la fede e la Chiesa da un lato e il mondo dall’altro”, perché la Chiesa non può essere confusa con il mondo, né può “essere separata dal mondo in modo fondamentalista”.

Il cardinale Koch afferma che il dialogo tra la Chiesa e l’età contemporanea non deve portare la fede e la Chiesa ad adattarsi al mondo in modo secolarista, rinunciando pericolosamente alla propria identità.

Si arriva qui al tema della riforma della Chiesa. Questa non deve implicare “un cambiamento di essenza”, ma consiste piuttosto “nell’eliminazione di ciò che non è autentico”, attraverso un processo di purificazione della Chiesa basato sulle origini, in modo che “la forma di una sola Chiesa voluta da Cristo sia di nuovo visibile”.

Il cardinale sottolinea che il Concilio Vaticano II non contrapponeva l’una all’altro la fedeltà alle origini e la conformità ai tempi, ma piuttosto “voleva proclamare la fede cattolica in un modo che fosse sia fedele alle sue origini e appropriato ai tempi, in modo da poter trasmettere la verità e la bellezza della fede alla gente di oggi, così che questi potessero comprenderlo e accettarlo come un aiuto per le loro vite”.

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