Nel 1936, dopo che era stato confermato lo status di amministrazione apostolica per l’Estonia, Profittlich fu nominato vescovo. Nel 1939 cominciò la Seconda Guerra Mondiale, e il vescovo Profittlich decise di rimanere in Estonia, anche dopo l’occupazione sovietica. Molti sacerdoti furono perseguitati, per tre volte Profittlich andò nell’ambasciata tedesca per avere dei visti su alcuni sacerdoti e suore cattolici di Germania imprigionata dai sovietici. Descrisse anche la situazione in una lettera al Papa. Tutto questo attivismo gli costò comunque l’arresto da parte dei sovietici.
Nel giugno 1941, Profittlich fu prelevato nel suo appartamento, appena fuori dalla cattedrale. E lui chiese di poter trascorrere un ultimo momento nella Chiesa, per rimanere vicino al tabernacolo per pregare. A sorpresa, i comunisti lo concessero. E così, Profittlich si inginocchiò davanti l’altare e pregò per la comunità cattolica di Estonia.
La notizia dell’arresto si diffuse subito, anche perché la mattina dopo il suo arresto c’era la Messa e la sua assenza si notò subito. Anche perché Profittlich aveva in pratica, costruito la Chiesa Cattolica in Estonia: quando arrivò nel Paese c’erano solo 2 preti, ma 10 anni dopo, nel 1939, c’erano 14 sacerdoti.
Dal giorno del suo arresto, per quasi cinquant'anni c’è stata molta incertezza riguardo la sorte di Eduard Profittlich. Si ipotizzò fosse ad Ufa, poi a Kazan, ma senza prove concreta. Fino all’inizio degli Anni Novanta, tutte le indagini furono infruttuose.
Soltanto in occasione della proclamazione della rinnovata indipendenza dell'Estonia, il 30 marzo 1990, la Corte suprema estone informò la parrocchia cattolica di Tallinn, il 12 giugno 1990, che Eduard Profittlich, condannato a morte il 21 novembre 1941 e morto il 22 febbraio 1942 nel luogo della sua prigionia a Kirov, era stato completamente riabilitato. È stato così concesso il permesso di visionare la parte pubblica dei verbali degli interrogatori, delle dichiarazioni dei testimoni e degli atti del tribunale, in modo da ricostruire gli ultimi mesi di vita dell'arcivescovo.
Profittlich fu interrogato per diverse ore, perlopiù di notte, il 2, 21 e 22 agosto, il 29 settembre, il 2 e il 14 ottobre 1941. Quindi, a Kirov fu redatto l’atto di accusa. Il vescovo era incriminato per "agitazioni antisovietiche" durante le funzioni religiose, sfruttando "i sentimenti religiosi delle masse" e fomentando "l'odio contro il potere sovietico e il Partito comunista". Fu anche accusato di “diffondere disfattismo”, “false segnalazioni di rapide vittorie tedesche e sconfitte sovietiche durante la seconda guerra mondiale” e “assistenza all’emigrazione del personale della chiesa cattolica”.
Profittlich aveva spesso visitato l’ambasciata tedesca, e dunque uno dei punti chiave dell’incriminazione era proprio l’accusa di spionaggio. Dopo ulteriori interrogatori e il confronto con un compagno di prigionia che aveva riferito di presunte "conversazioni antisovietiche", il giudice istruttore responsabile volle interrompere il procedimento penale contro Eduard Profittlich il 17 ottobre 1941, "perché non c'è colpevolezza".
Il 25 ottobre 1941, tuttavia, l'NKVD riassunse nuovamente tutte le accuse sopra menzionate e le consegnò al tribunale di Kirov. In un altro interrogatorio, il 21 novembre 1941, Eduard Profittlich dichiarò: "Quando in Estonia fu introdotto il potere sovietico, non reagii in modo amichevole, perché come sacerdote sapevo che il potere sovietico era contro la religione e che non esisteva libertà di parola o di religione [...]. Durante le mie omelie invitavo la gente a non ascoltare coloro che negano Dio, ma a pensare alla Chiesa e a pregare per coloro che sono perseguitati per motivi religiosi. Non credo che sia propaganda, è la verità!"
La Corte confermò quindi tutte le accuse e condannò il vescovo Profittlich a cinque anni di prigione in un campo di lavoro e di pena dell'NKVD "per assistenza illegale all'emigrazione del personale della chiesa cattolica" e alla morte per fucilazione senza confisca dei beni "per attività controrivoluzionarie e agitazione nella chiesa".
Sebbene il verdetto fosse considerato “definitivo”, fu ammesso un ricorso “entro 72 ore alla Corte Suprema”, che Eduard Profittlich presentò il 23 novembre 1941. Nel ricorso, il vescovo assicurava che "soggettivamente e oggettivamente tutto ciò che ho detto non era né propaganda né agitazione controrivoluzionaria e non ho mai voluto dire o fare nulla che potesse danneggiare l'Unione Sovietica".
Poiché non si considerava colpevole, valutava la testimonianza del suo compagno di prigionia contro di lui come "molto poco chiara e incerta" e "giudicava che i fatti [fossero] interpretati diversamente dalle autorità", Eduard Profittlich chiese infine perdono e una "sentenza più mite", prima di perdonare finalmente i suoi persecutori e aguzzini.
Con questo ricorso, redatto in estone, e con la conferma che Eduard Profittlich aveva ricevuto la sentenza, si concludeva la parte “pubblica” dei documenti.
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L’appendice segreta dei documenti fu accessibile per la prima volta solo il 4 settembre 1998 fu possibile dare un'occhiata all'appendice fino a quel momento "segreta". Si è scoperto che il ricorso di Eduard Profittlich era stato respinto dalla Corte Suprema dell’Unione Sovietica il 16 gennaio 1942. Non erano disponibili altri documenti che potessero provare che Eduard Profittlich stesso avesse ricevuto questa decisione o che fossero state intraprese ulteriori azioni a Kirov.
Tuttavia, c'era una lettera non specificata, contrassegnata come "top secret", che confermava la decisione della Corte Suprema a livello della Confederazione Sovietica il 24 aprile 1942. Eduard Profittlich non era più in vita a quel tempo. Senza ulteriori tentativi di sfuggire alla sofferenza e al dolore della persecuzione, morì, completamente esausto, ma cosciente, il 22 febbraio 1942.
In una lettera di addio, Eduard Profittlich chiese alla sua congregazione di pregare "affinché Dio non mi neghi la sua grazia in futuro, affinché io possa rimanere fedele alla mia alta, santa vocazione e al mio compito in tutto ciò che può venire, e possa dare tutta la mia forza vitale e, se è la sua santa volontà, anche la mia vita, per Cristo e il suo regno". E aggiunse: "Quella sarebbe la conclusione più bella della mia vita".
Il 7 maggio 2000, durante la commemorazione dei testimoni della fede del XX secolo, Papa Giovanni Paolo II lo definì un “esempio luminoso” e una “preziosa eredità” che “può sostenere tutti noi credenti affinché possiamo esprimere con altrettanta intensità il nostro amore per Cristo”.
Le iniziative su Profittlich si sono moltiplicate negli scorsi mesi. Il suo profilo è inserito tra i martiri del XX secolo in una raccolta pubblicata in Polonia. Mentre una lettera di Profittlich alla sua famiglia è stata invenuta recentemente. La lettera, datata 8 febbraio 1941, raccontava alla famiglia i rischi che l’arcivescovo avrebbe corso quando l’Unione Sovietica avrebbe annesso l’Estonia.
Profittlich scriveva che “è opportuno che un pastore rimanga con il suo gregge e condivida le sue gioie e i suoi dolori”. E aggiungeva: "So che Dio è con me. La mia vita, e se dovesse essere la mia morte, sarà vita e morte in Cristo. Ed è davvero molto bello”. La lettera giunse ai parenti solo molti anni dopo.