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Amicizia fra Santi: Don Bosco e Domenico Savio

Il racconto dell'amicizia fra il santo sacerdote piemontese e il suo discepolo Domenico Savio

San Giovanni Bosco e il giovane Domenico Savio | San Giovanni Bosco e il giovane Domenico Savio | Credit pd San Giovanni Bosco e il giovane Domenico Savio | San Giovanni Bosco e il giovane Domenico Savio | Credit pd

Un’amicizia fra santi: stiamo parlando di San Giovanni Bosco e il suo allievo, il suo fedele discepolo, il giovane San Domenico Savio. Non è possibile parlare di loro come soltanto di un dialogo tra magister e discipulus. Vi è qualcosa di più profondo e grande: un’amicizia di anime, di sentimenti. Si tratta di una comunione profonda nata durante le ore di catechismo dell’oratorio di Valdocco, quel primo famoso centro creato per l’istruzione per gli ultimi dal sacerdote piemontese il 12 aprile del 1846. 

 

Il giovane Domenico oltrepassa la soglia del famoso istituto a soli dodici anni. Don Bosco comprende, fin da subito, che Domenico non è un ragazzo come gli altri: Domenico diverrà catechista in poco tempo. Usando un termine dei giorni d’oggi si potrebbe affermare che il Savio fu - in  un certo - l’enfant prodige di Gesù e Maria. Don Bosco stesso scrive nella sua “Vita del giovanetto Savio Domenico” - edita nel 1859, due anni dopo la morte - parole che farebbero già pensare, all’epoca, a una vera e propria positio per la canonizzazione di un santo: “Si scrisse alcuni ricordi che conservava gelosamente in un libro di devozione e che spesso leggeva. (...) Erano di questo tenore: “Ricordi fatti da me, Savio Domenico l’anno 1849 quando ho fatta la prima comunione essendo di 7 anni. 1° Mi confesserò molto sovente e farò la comunione tutte le volte che il confessore mi darà licenza. 2° Voglio santificare i giorni festivi. 3° I miei amici saranno Gesù e Maria. 4° La morte, ma non peccati”. Questi ricordi, che spesso andava ripetendo, furono come la guida delle sue azioni sino alla fine della vita”.

 

Il primo incontro fra i due? “Era il primo lunedì d’ottobre di buon mattino [lunedì 2 ottobre 1854, ndr], allorché vedo un fanciullo accompagnato da suo padre che si avvicinava per parlarmi. Il volto suo ilare, l’aria ridente, ma rispettosa, trassero verso di lui i miei sguardi. – Chi sei, gli dissi, onde vieni? – Io sono, rispose, Savio Domenico, di cui le ha parlato don Cugliero mio maestro, e veniamo da Mondonio. Allora lo chiamai da parte, e messici a ragionare dello studio fatto, del tenor di vita fino allora praticato, siamo tosto entrati in piena confidenza egli con me, io con lui. Conobbi in quel giovane un animo tutto secondo lo spirito del Signore e rimasi non poco stupito considerando i lavori che la grazia divina aveva già operato in così tenera età”, questo il racconto di san Giovanni Bosco sempre nel libro citato. 

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Un’amicizia costellata da infiniti doni di Dio, di episodi che hanno tutto il sapore del Paradiso. Fra i tanti: un giorno Savio entra di fretta nello studio di Don Bosco e lo invita a seguirlo: c’è “una bell’opera da fare”. Il sacerdote, allora, incuriosito, lo segue. Arrivano davanti a un caseggiato. Savio invita il sacerdote a salire al terzo piano: lì c’è una donna che lo prega di confessare suo marito gravemente malato. Quest’uomo voleva ritornare alla fede cattolica dopo aver abbracciato per un periodo il protestantesimo. Alcuni giorni dopo il fatto, Don Bosco chiese al giovane come potesse sapere la storia dell’ammalato. Domenico lo guardò, in silenzio, per poi scoppiare in un forte pianto. Il Signore gli aveva parlato e Savio non aveva fatto altro che ascoltarlo. 

L’amicizia fra i due santi si alimentava di un’amicizia “in comune”, immensa, ancor più grande: quella con Dio.