Advertisement

San Paolo nelle parole di Giacomo Alberione

Oggi, Conversione di San Paolo. Un ritratto del Santo realizzato dal Beato Giacomo Alberione, fondatore della Società San Paolo

Il Beato Giacomo Alberione | Il Beato Giacomo Alberione | Credit Paoline.org Il Beato Giacomo Alberione | Il Beato Giacomo Alberione | Credit Paoline.org

 

“San Paolo si convertì nella mente: cambiò completamente le idee. Anche noi per convertirci nella mente dobbiamo cambiare le idee. E' necessario abbracciare le massime del Vangelo di oggi”, così scriveva nel 1946 il Beato Giacomo Alberione sulla Conversione di San Paolo. Convertire, ossia: “Rivolgimento, mutamento di direzione di un corpo; mutamento interiore; cambio, trasformazione”. Parola che deriva dal latino: “convèrtere”, ossia rivolgere, dirigere, cambiare, distogliere. E’ l’uomo che si “trasforma”, converge il corpo e la mente. Nel caso di San Paolo, si tratta di conversione del cuore. E per convertire c’è sempre bisogno di un’azione o di una parola: lo sapeva bene il Beato Alberione, evangelizzatore instancabile, un San Paolo del nostro tempo.

 

Ma chi era San Paolo per il sacerdote piemontese? “San Paolo è il discepolo che conosce il Maestro Divino nella sua pienezza: egli lo vive in tutto, ne scandaglia i profondi misteri della dottrina, del cuore, della santità, della umanità e divinità; lo vede dottore, ostia, sacerdote; ci presenta il Cristo totale come già si era definito: Via Verità e Vita”. Con poche parole, il Beato Alberione riesce a sintetizzare una vita, come quella di San Paolo, così ricca. E’ questa una delle peculiarità dello stile di Alberione: utilizza parole che arrivano allo scandaglio dell’anima con una facilità e una capacità di penetrazione incredibile. E così è stato per il suo maestro, Saulo di Tarso. Le sue Lettere ne sono una chiara prova: basterebbe estrapolare da queste una frase per capirlo subito. 

Amore profondo e devozione viva per l’Apostolo: in ogni scritto di Alberione traspare tutto ciò. Nella sua predicazione e nei suoi Scritti, troviamo continui rimandi a chi - per lui - è stato il vero fondatore della Famiglia Paolina. Lo dice Alberione stesso nel saluto ai visitatori dell’esposizione paolina che si tenne ad Alba in occasione del quarantennio di fondazione della Congregazione (18 agosto 1954): “La riconoscenza più viva va a San Paolo Apostolo, che è il vero Fondatore dell’Istituzione. Infatti egli ne è il padre, maestro, esemplare, protettore. Egli si è fatta questa Famiglia con un intervento così fisico e spirituale che neppure ora, a rifletterci, si può intendere bene; e tanto meno spiegare. Tutto è suo: di lui, il più completo interprete del Maestro Divino, che applicò il Vangelo alle nazioni e chiamò le nazioni a Cristo; di lui, la cui presenza nella teologia, nella morale, nell’organizzazione della Chiesa, nelle adattabilità dell’apostolato e dei suoi mezzi ai tempi è vivissima e sostanziale; e rimarrà tale sino alla fine dei secoli. Tutto mosse, tutto illuminò, tutto nutrì; egli fu la guida, l’economo, la difesa, il sostegno, ovunque la Famiglia Paolina si è stabilita. Meritava la prima Chiesa e la bella gloria che lo riproduce nel suo apostolato e nella sua paternità rispetto ai paolini. Non è avvenuto come quando si elegge un protettore per una persona, o istituzione. Non è che noi lo abbiamo eletto; è, invece, San Paolo che ha eletto noi. La Famiglia Paolina deve essere San Paolo oggi vivente”. Lo scritto di Alberione si concentra sull’importanza che ricopre San Paolo nell’istituzione da lui fondata. Colpisce un termine: vivente. E’ tutta in questa parola la missione del Beato Alberione e della Famiglia Paolina, vivente. Non si parla di “qualcuno” o di “qualcosa” ormai perso nel tempo: è ben fissa in lui l’immagine di un San Paolo che vive nel presente. “Se vivesse, che cosa farebbe?” si chiede Alberione in uno scritto. Ancora una volta la risposta induce il pensiero alla riflessione: “Adempirebbe i due grandi precetti come ha saputo adempierli: amare Iddio con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta la mente; e amare il prossimo senza nulla risparmiarsi, perché egli ha vissuto Cristo: «Vive in me il Cristo» [Gal 2,20]. Egli adopererebbe i più alti pulpiti eretti dal progresso odierno: stampa, cinema, radio, televisione; i più grandi ritrovati della dottrina d’amore e di salvezza: il Vangelo di Gesù Cristo”.

Advertisement

 

In questo caso, il ritratto di San Paolo diviene davvero “vivo” grazie ad Alberione che guarda ai nuovi mezzi di comunicazione che - secondo il fondatore della Famiglia Paolina - vengono considerati “ritrovati della dottrina d’amore e di salvezza”. La salvezza, tema cardine della comunicazione e del comunicatore: l’incontro con le parole può divenire segno di salvezza per ciascuno. Così è stato per San Paolo, così è stato per il Beato Giacomo Alberione.