Roma , giovedì, 23. gennaio, 2025 14:00 (ACI Stampa).
Da quando San Francesco di Sales (domani la sua memoria liturgica) è divenuto Patrono di “tutti quei cattolici, che con la pubblicazione o di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina” (Enciclica Rerum omnium perturbationem di Papa Pio XI, 26 gennaio 1923) è trascorso molto tempo. E ancor di più dalla sua “esperienza” giornalistica: stiamo parlando di quei foglietti che il giovane ventisette Francesco di Sales inchidò ai muri durante la coraggiosa missione nella zona del Chablais contro le tesi di Calvino. Questi fogli non sarebbero giunti fino a noi senza l’intervento del nipote del Santo, Carlo-Augusto di Sales (1606 – 1660), Vescovo di Ginevra. Nel 1658 egli li trovò abbandonati nel castello di famiglia, a La Thuille. Per questi foglietti, oggi, definiamo San Francesco di Sales patrono della comunicazione.
Un foglio, una parola scritta che parla al cuore di tutti: racconta Dio e il Messaggio del Vangelo. Ma anche la Chiesa, la sua storia. I contenuti passano attraverso le parole scritte. Ora, forse, di più attraverso le immagini di un post su facebook o su istangram. E poi, ci sono gli incrollabili quotidiani che, anche se stanno vivendo da tempo una forte crisi, continuano il loro lavoro di informare il popolo di Dio. La storia del giornalismo cattolico è assai interessante: affascinante. Uomini e donne che attraverso la penna - o attraverso un tasto della macchina da scrivere, di un pc, di un cinguettio di twitter - hanno parlato di Dio e della Chiesa. I nomi sono tanti, perciò è doverosa una sintesi per non perdersi nei meandri della storia. Ciò che colpisce di questi uomini e donne è la vasta produzione giornalistica e libraia: un maremagum di pagine stampate, appunto.
Volti semplici, di chi con professionalità ha voluto raccontarci Gesù e la Vergine; di chi ha narrato storie del Vaticano e della Chiesa. E fra questi volti ce ne sono - non pochi - che addirittura sono diventati santi. E’ questo il caso di San Massimiliano Kolbe, ad esempio. Lui, il fondatore (nel gennaio 1922) della rivista Rycerz Niepokalanej (Il Cavaliere dell’Immacolata). Oppure di San Paolo VI che prima di divenire Pontefice svolgeva l’attività di giornalista (figlio di giornalista: il padre era stato per lunghi anni direttore del quotidiano cattolico bresciano Il Cittadino): aveva partecipato alla fondazione di un quindicinale, da giovanissimo, La Fionda, che seppur ideato e stampato a Brescia era pensato per i giovani studenti cattolici del Nord Italia. E poi con l’epserienza della Fuci, la Federazione universitaria cattolica, ideò due riviste cattoliche quali lo Studium e Azione Fucina. Per poi non dimenticare la sua attività in Segreteria di Stato in Vaticano: a lui spettò il compito di seguire L’Osservatore Romano.