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Diplomazia pontificia, la Santa Sede media a Cuba, Parolin in Giordania, Gallagher in Congo

La mediazione della Santa Sede ha portato alla liberazione di più di 500 prigionieri politici a Cuba. Di cosa ha parlato Parolin nell’incontro con i nunzi del Medio Oriente. Gallagher in Congo

Cardinale Parolin | Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano | Vatican Media Cardinale Parolin | Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano | Vatican Media

La liberazione di più di 500 prigionieri politici a Cuba, avvenuta con la mediazione della Santa Sede, è un segnale politico particolarmente importante. Così come lo è il fatto che gli Stati Uniti abbiano escluso Cuba dalla lista degli Stati che patrocinano il terrorismo. In entrambi i casi, la mediazione della Santa Sede è stata importante. E così, Joe Biden, alla vigilia della fine del mandato, lancia segnali alla Chiesa cattolica, ma soprattutto pone una discontinuità con il suo successore Donald Trump, cercando di accreditarsi il più possibile vicino al pensiero di Papa Francesco. Una scelta politica che lo ha portato a conferire al Papa la medaglia d’onore del Congresso.

La Santa Sede prosegue, intanto, il suo lavoro diplomatico. In un incontro che ha pochi precedenti, il Cardinale Pietro Parolin ha terminato la sua visita in Giordania lo scorso 13 gennaio in una conversazione con tutti i nunzi dell’area mediorientale, dall’Egitto ai Paesi del Golfo, discutendo delle problematiche della regione. L’arcivescovo Dal Toso, nunzio in Giordania, spiega il senso e le tematiche affrontate nell’incontro.

Parolin è stato anche in Francia il 15-16 gennaio, e si è recato poi in Norvegia il 17 gennaio.

Dal 10 al 14 gennaio, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è stato in Congo, per avviare la commissione per l’implementazione dell’accordo quadro con il Paese.

                                                           FOCUS CUBA

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Cuba libera i prigionieri, gli USA la cancellano dagli stati supporter del terrorismo

Con una dichiarazione del Ministero degli Affari Esteri del 14 gennaio, lo Stato cubano ha reso noto della liberazione di più di 500 prigionieri politici.

Si legge nella dichiarazione che lo Stato ha preso la decisione “nello spirito del Giubileo del 2025”, ricordando che “come parte delle fluide relazioni con il Vaticano, il governo di Cuba si è tenuto in comunicazione con Papa Francesco e con i suoi rappresentanti, e, come in passato, ha informato Sua Santità dei processi di revisione e scarcerazione di persone private della libertà, pratica comune nel nostro sistema di giustizia e che ha caratterizzato la traiettoria umanitaria della revolucion”.

Il ministero sottolinea che tra il 2023 e il 2024 sono state scarcerate più di 10 mila persone. La dichiarazione ricorda anche la visita in Vaticano del presidente di Cuba Miguel Diaz Chanel del giugno 2023, preceduta da un incontro del ministro delle Relazioni Estere Bruno Rodríguez Parrilla nell’agosto 2022 – incontri nei quali si parlò anche “della natura ingiusta e dell’effetto nocivo della politica degli Stati Uniti nei confronti di Cuba”, mentre il Papa “ha dimostrato chiaramente simpatia e affetto verso il popolo cubano”.

Si arriva così ai primi di gennaio, quando il presidente invia una lettera a Papa Francesco comunicando la decisione di scarcerare 553 persone che sono sanzionate per delitti diversi, e la cui liberazione arriva a seguito di una prudente analisi delle distinte modalità che contempla la legislazione.

“Manteniamo, con il Vaticano e il Sommo Pontefice, una relazione rispettosa, franca e costruttiva – si legge infine nella nota – e questo “facilita decisioni come l’ultima presa”.

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Il 14 gennaio, il ministero degli Esteri cubano ha invece reagito alla decisione del governo degli Stati Uniti di escludere Cuba dalla lista dei Paesi accusati di patrocinare il terrorismo, redatta dal dipartimento di Stato, in cui figurano anche Stati come l’Iran e la Corea del Nord. Inoltre, gli USA hanno annunciato che si sarebbe fatto uso delle prerogative presidenziali per impedire che si possa agire nei tribunali statunitensi attivando il titolo III della legge Helms-Burton.

La legge, del 1996, aveva visto il titolo III sospeso fino alla prima amministrazione Trump, quando era stato riattivato. Ma cosa dice? Il titolo III definisce un diritto privato di azione dei cittadini USA nelle corti statunitense contro quegli individui o corporazioni che trafficano proprietà espropriate dal governo cubano sin dal 1959.

Infine, l’amministrazione Biden ha deciso di eliminare la lista di entità cubane ristretta che delinea un gruppo di istituzioni con le quali è proibito compiere transazioni finanziarie.

Secondo il ministero degli Esteri di Cuba, sebbene limitata, “si tratta di una decisione nella direzione corretta” che risponde al reclamo fermo del popolo di Cuba ma anche alle richieste di un ampio arco di governi, “specialmente in America Latina e nei Caraibi”, nonché di cubani residenti all’estero.

Il ministero degli Esteri, tuttavia, segnale che “restano vigenti l’embargo economico e buona parte delle decine di mezzi coercitivi che sono stati posti in vigore dal 2017, in “violazione del diritto internazionale e dei diritti umani di tutti i cubani”, come per esempio “la persecuzione illegale e aggressiva contro le riserve di combustibile che Cuba ha tutto il dirito importare”.

Viene, insomma, corretta “una politica crudele e ingiusta” – nelle parole del governo cubano.  Tuttavia si riconosce che queste decisioni possono essere ribaltata dalla prossima amministrazione, annunciando che “Cuba continuerà ad affrontare e denunciare questa politica di guerra economica, i programmi di ingerenza e le operazioni di disinformazione e discredito finanziate ogni anno con decine di milioni di dollari dal presupposto federale degli Stati Uniti”, pur rimanendo “disposta a sviluppare una relazione di rispetto” con gli Stati Uniti.

La liberazione dei prigionieri è uno dei canali di dialogo più visibili tra Santa Sede e Cuba. Nel 1998, quando Giovanni Paolo II visitò la isla, Fidel Castro liberò circa 200 persone, mentre migliaia di prigionieri furono liberati in occasione della visita di Benedetto XVI a Cuba del 2012 e altri 3 mila 500 in occasione della visita di Papa Francesco nel 2015.

Il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha reagito alla notizia con una dichiarazione raccolta dai media vaticani, in cui ha descritto come “significativo” il fatto che “le autorità dell’Avana abbiano messo in relazione diretta la decisione con l’appello di Papa Francesco, che nella Bolla di Indizione del Giubileo e dopo in varie altre occasioni, ha chiesto gesti di clemenza”.

Parolin ha aggiunto che “il 2024 si era concluso con la commutazione da parte del presidente degli Stati Uniti di decine di condanne a morte in ergastoli, e con la notizia che lo Zimbabwe ha abolito la pena capitale. Speriamo che il 2025 continui in questa direzione e che le buone notizie si moltiplichino, specialmente con la tregua per numerosi conflitti ancora in corso”.

                                                           FOCUS GIORDANIA

L’incontro di Parolin in Giordania con i nunzi, di cosa si è parlato e cosa significa

Prima di ritornare dalla Giordania, il Cardinale Parolin ha avuto in Giordania un incontro i rappresentanti pontifici accreditati presso il Regno del Bahrein, la Repubblica Araba d’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, il Regno Hashemita di Giordania, la Repubblica islamica dell’Iran, la Repubblica d’Iraq, lo Stato d’Israele, lo Stato del Kuwait, la Repubblica del Libano, il Sultanato dell’Oman, lo Stato di Palestina, lo Stato del Qatar, la Repubblica araba di Siria e la Repubblica dello Yemen.

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Ma di cosa ha parlato il Segretario di Stato con i nunzi dei quattordici Paesi che vanno dal Mar Morto al Golfo?

L’arcivescovo Giampietro Dal Toso, nunzio apostolico in Giordania, sottolinea che “il Medio Oriente vive oggi una fase del tutto delicata, ma da sempre la Santa Sede ha un’attenzione speciale per questa regione e in particolare per le comunità cristiane di qui. Già questi sono validi motivi per un incontro dei Rappresentanti Pontifici”.

Entrando più nei dettagli, l’incontro si è svolto in una casa delle Suore del Rosario, nelle vicinanze di Amman, e si è esteso per tutta la giornata di lunedì 13 gennaio. Si è concluso poi con una visita alla città di Al-Salt, la prima capitale della Giordania, dove è sorta la prima parrocchia latina in tempi moderni in Giordania”.

Le problematiche di ogni Paese sono diverse, perché “ogni Paese ha una sua specificità”, afferma Dal Toso, e “anche la presenza dei cristiani varia molto e diverse per composizione sono le comunità tradizionali in Paesi come il Libano e la Giordania da quelle nei Paesi del Golfo”.

Tuttavia, Dal Toso ribadisce che i cristiani sono cittadini del Medio Oriente, anche perché vi “sono presenti da sempre, ne sono parte integrante e hanno dato un contributo fondamentale alla crescita dei rispettivi popoli”.

Per quanto riguarda il contributo che può dare la Santa Sede, il nunzio in Giordania nota che “il recente conflitto di Gaza abbia messo in evidenza il ruolo della Santa Sede di richiamare principi fondamentali per il nostro vivere insieme, che vanno dal rispetto del diritto internazionale alla promozione del bene comune. La Santa Sede, come sappiamo, ha piuttosto un’autorità morale, direi anche un dovere di dire la verità, anche se a volte scomoda, e perciò il suo contributo è richiesto ed apprezzato. Poi non si deve dimenticare che la Chiesa cattolica nel suo complesso può formare dei cittadini che, grazie alla fede, si impegnano per il bene comune all’interno della società”.

Visto dal Medio Oriente, comunque, le prospettive sono diverse. “Proprio perché lo scenario è complesso – afferma l’arcivescovo Dal Toso - la narrazione non può limitarsi a stabilire il bianco e il nero, a vedere buoni e cattivi solo da una parte o dall’altra. Le narrazioni si devono incontrare. Si deve camminare verso una accettazione reciproca, un mutuo rispetto, una collaborazione comune per raggiungere riconciliazione e pace. L’accordo su Gaza dopo tanti mesi di guerra è il segno che si può fare”.

Infine, l’arcivescovo ha rivolto un pensiero all’inaugurazione della Chiesa latina presso il Luogo del Battesimo di Gesù. Il fatto che ci sia stato un legato pontificio riconosce Dal Toso, “suggella le ottime relazioni tra Santa Sede e Regno di Giordania. Essa è già meta di pellegrinaggio, che spero che si possa ulteriormente implementare, sia perché le comunità cristiane locali possano entrare in contatto diretto con la Chiesa universale, sia per offrire a tutti i pellegrini la possibilità di rivivere il proprio Battesimo. Si trova presso un luogo biblico di enorme importanza. Ma ci sono anche altri luoghi biblici nel Paese, che saranno oggetto di una mostra in Vaticano nel prossimo febbraio dal titolo ‘Giordania: l’alba del cristianesimo’.”

Gli incontri istituzionali del Cardinale Parolin in Giordania

Il 12 gennaio, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, in Giordania come inviato speciale del Papa per la consacrazione della nuova chiesa del Battesimo di Gesù ad al Maghtas, ha avuto un incontro con il re Abdullah di Giordania. Il regno hashemita è anche custode dei luoghi santi.

Secondo un comunicato dell’ufficio del Re, all’incontro era presente anche il principe Ghazi Bin Muhammad, consigliere capo del re sugli affari religiosi e culturali. Hanno partecipato all’incontro anche Alaa Batayeh, direttore dell’Ufficio di Sua Maestà, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, e la delegazione che accompagnava il cardinale Parolin.

Durante l’incontro, si è parlato dei legami molto profondi e radicati tra Giordania e Vaticano.

Il Re Adbullah ha chiesto al Cardinale Parolin di portare a Papa Francesco i suoi saluti, il Cardinale Parolin ha ringraziato il re per il supporto dato alla comunit cristiana in Giordania.

La discussione – si legge nel comunicato della Casa Reale – ha toccato “il bisogno di terminare la guerra di Israele a Gaza e far crescere la risposta umanitaria nella Striscia”, e il Re ha lodato “il supporto di Papa Francesco alla fine delle sofferenze di Gaza”.

Il re “ha messo in guardia dalle pericolose ripercussioni delle attuali violazioni sui Luoghi Santi musulmani e cristiani, perpetuate da Israele.

Il Cardinale Parolin ai media giordani

Parlando con Jordan News Agency durante il suo viaggio in Giordania, il Cardinale Pietro Parolin ha sottolineato che la presenza del sito di San Giovanni Battista, così come quello di altri luoghi santi in Giordania, accresce l’importanza delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Regno di Giordania, che hanno celebrato i trenta anni di relazioni diplomatiche.

Il cardinale Parolin ha anche espresso gratitudine a Re Abdullah II per – sottolinea l’agenzia – “il suo grande sforzo politico e diplomatico e per il supporto umanitario che fornisce ogni volta che la regione si trova in agitazione, particolarmente a Gaza”.

Il Cardinale Parolin ha incontrato anche il Primo Ministro di Giordania, Jaafar Hassan. Con lui, ha riferito il Cardinale, sono stati discussi diversi temi di importanza bilaterale.

Il Cardinale ha affermato che la Santa Sede è profondamente interessata alle comunità cattoliche e cristiane in Medio Oriente, auspicando che ci sarà un più grande numero di pellegrini a visitare i Luoghi Santi di Giordania, specialmente nell’Anno del Giubileo.

“Allo stesso tempo – ha affermato il cardinale – ho visitato la Giordania come inviato papale per inaugurare la chiesa del Battesimo di Cristo. In quell’occasione, ho avuto la possibilità di testimoniare la vitalità della Chiesa Cattolica in Giordania, sotto la leadership del Cardinale Pierbattista Pizzaballa”.

Il segretario di Stato vaticano ha anche notato che il grande numero di rifugiati che vivono in Giordania dimostra la cura della nazione per le popolazioni da nazioni vicine come Siria, Iraq, Palestina, che hanno trovato rifugio nel Paese. Allo stesso tempo, ha sottolineato che la Santa Sede contribuisce agli sforzi in tutto il mondo per iniziare o rafforzare il processo di pace per il bene di popoli e comunità, i loro diritti base ed aspirazioni, e ha chiesto per l’applicazione e il rispetto della legge internazionale.

Il Segretario di Stato vaticano ha rimarcato che valori come eguaglianza, integrità territoriale, non uso della forza e cooperazione per lo sviluppo dovrebbero essere fondamentali in ogni nazione che ha davvero cura dei suoi cittadini e lavora per il bene comune.

Parolin ai media vaticani dalla Giordani

Durante il suo viaggio in Giordania, Parolin ha dato una intervista di campo ampio ai media vaticani.

Il Segretario di Stato vaticano si è soffermato sul ruolo dei cristiani in Medio Oriente, presenti in questi Paesi “da tempo immemorabile”, che “continuano ad essere parte a pieno titolo e pieno diritto degli Stati e delle società mediorientali”, anche se numericamente le comunità cristiane si sono assottigliate a causa degli ultimi sommovimenti.

Il Cardinale Parolin ha sottolineato che “arabo significa anche cristiano, perché in queste terre c’è una comunità cristiana che ha radici nel passato”.

Guardando in particolare alla Siria, Parolin ha detto di apprezzare le dichiarazioni positive della nuova leadership, e di sperare che “per la Siria possa cominciare un tempo nuovo, dove tutti i cittadini avranno gi stessi diritti e le stesse prerogative”.

Il cardinale Parolin considera anche un “segnale positivo” l’elezione del nuovo presidente del Libano, Joseph Aoun, dopo due anni di “vacanza” del ruolo, e ricorda che il Libano è da sempre considerato dalla Santa Sede “un Paese messaggio”, dove “convivono insieme diversità sociali, diversità politiche, diversità religiose”.

La Santa Sede ha sempre sostenuto – dice Parolin – “che la prima cosa da fare era quella di assicurare la Presidenza cioè di rafforzare le istituzioni. È dunque un segno di speranza. Ci auguriamo davvero che questa elezione segni per il Libano una nuova fase in cui tutte le forze politiche si mettono insieme per trovare un terreno comune e lavorino per il bene del Paese e soprattutto per quelle riforme di cui il Paese ha assolutamente bisogno”.

Il Cardinale Parolin si è soffermato anche sulle difficoltà nelle negoziazioni di pace in alcune aree calde, sottolineando che “provoca molta tristezza che non si sia più capaci di negoziare e che prevalga il diritto alla forza più che la forza del diritto”.

Secondo il Cardinale Parolin, “manca un minimo di fiducia. Per negoziare, per dialogare, ci vuole un minimo di fiducia nell’altro”, cui si aggiunge il tema della “crisi delle organizzazioni internazionali”.

Il Segretario di Stato vaticano rievoca “lo spirito di Helsinki”, che è “il superamento di questa mentalità”, perché in un mondo diviso in due blocchi si è andato “al di là della categoria del nemico riuscendo a trovare dei punti comuni anche con chi non la pensava come lui”.

Il Cardinale Parolin afferma anche che “pace giusta è una pace che si fonda sul diritto internazionale e sulle dichiarazioni dell’ONU”, che sono gli strumenti della comunità internazionale.

Quindi, il Segretario di Stato si sofferma sull’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi, che ha subito molte critiche, sottolineando che “da parte della Santa Sede si è creduto che questa fosse la soluzione più efficace: cominciare il dialogo da uno dei temi che erano sul tavolo. Uno di quelli di maggiore importanza ed anche di maggiore difficoltà era proprio quella della nomina dei vescovi”. “Credo – aggiunge - che l'accordo sulla nomina dei vescovi si proponga fondamentalmente due cose che avanzano lentamente - a volte c’è anche qualche ritorno un po’ indietro - nella giusta direzione, e cioè il fatto che tutti i vescovi siano in comunione con il Papa. Questo è fondamentale per la Chiesa cattolica”.

Gli altri incontri del Cardinale Parolin in Giordania

Durante la sua vista in Giordania, il Cardinale ha anche visitato la sede di Caritas Jordan e del Catholic Relief Service di Amman, e ha incontrato, nella sede del Vicariato della Diocesi latina, i Rappresentanti delle Chiese non cattoliche in Giordania. Il cardinale ha tenuto un discorso in cui ha sottolineato – si legge in una nota sull’Osservatore Romano,l’importanza del cammino ecumenico verso l’unità e di una collaborazione tra le Chiese attenta e rispettosa di ciascuna identità, anche per il bene dei cristiani in Medio Oriente”.

Nella mattinata dell’11 gennaio  nei locali della parrocchia latina di Swefieh, ad Amman, Parolin ha incontrato il clero, le religiose e i religiosi di tutte le Chiese cattoliche presenti in Giordania, ovvero la greco-melchita, latina, maronita, siro-cattolica, armena, caldea. A loro ha parlato delle sfide pastorali presenti in Medio Oriente, e ha chiesto sempre maggiore attenzione ai giovani e alla famiglia, richiamando l’importanza della scuola cattolica come luogo di formazione integrale.

Il cardinale ha anche visitato la Chiesa greco ortodossa di Madaba, la parrocchia latina della zona, e ha celebrato l’Eucarestia al Monte Nebo.

                                                           FOCUS CONGO

Gallagher in Congo, verso l’implementazione dell’accordo fondamentale

Dal 10 al 14 gennaio, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è stato in Congo, in occasione dell’apertura dell’iter dell’intesa tra la Santa Sede e il Paese firmata nel 2017 ed entrata in vigore nel 2019.

L’inizio dell’iter per l’implementazione dell’accordo ha avuto luogo il 13 gennaio, in una cerimonia presso il ministero degli Esteri, presieduta dall’arcivescovo Gallagher alla presenza di Jean-Claude Gakosso, ministro degli Affari Esteri del Congo, del nunzio apostolico, l’arcivescovo Javier Herrera Corona, di alcuni vescovi del Paese ed autorità civile ed ecclesiastiche.  

Nel suo discorso, l’arcivescovo Gallagher ha sottolineato che l’Accordo Quadro “costituisce, in un certo modo, il coronamento di un lungo cammino di amicizia positiva e di collaborazione tra la Santa Sede e il governo congolese”. È una tappa che “si iscrive in un movimento molto più ampio e anziano, che ha condotto, in più di quaranta anni, all’incontro fruttuoso e promettente tra il Vangelo di Cristo e le differenti culture locali congolesi”.

Il “ministro degli Esteri” vaticano ricorda che “la presenza cattolica è stata parte integrante della storia e della cultura congolese, al medesimo titolo di altri movimenti e confessioni religiose”, tanto che “la Repubblica del Congo è oggi un esempio per molti altri Paesi, non solamente di coesistenza pacifica sul piano religioso, ma anche di laboratorio aperto perché tutte le persone di fede e di buona volontà possano lavorare insieme alla costruzione di una società giusta e fraterna, una società che cresce sotto il segno della pace e l’incontro di tutti i popoli”.

L’arcivescovo Gallagher ha sottolineato che negli ultimi anni è stata rilanciata la riflessione sulla “laicità positiva” in contesto politico e culturale europeo, ma che oggi sembra “sempre più pertinente riflettere sul principio di una laicità costruttiva e inclusiva”, che significa “una declinazione strutturale della laicità dello Stato che valorizzi correttamente l’apporto positivo della religione nella sfera pubblica”, e ciò che viene fatto per il bene di tutti.

L’arcivescovo Gallagher afferma che l’Accordo “mentre offre un quadro giuridico alla personalità pubblica della Chiesa Cattolica in Congo, rafferma allo stesso tempo il principio internazionale di collaborazione tra gli Stati e l’interesse comune a promuovere negli anni a venire degli intenti specifici, tra gli altri, nel campo dell’educazione, della sanità e dell’assistenza spirituale delle forze armate”.

Tutto questo, ha affermato l’arcivescovo, per rafforzare il piano bilaterale e internazionale delle buone relazioni che esistono tra la Repubblica del Congo e la Santa Sede, relazioni che vogliono promuovere concretamente cammini di pace e di riconciliazione nel mondo di oggi drammaticamente marcato da conflitti e da profonde ineguaglianze sociali”.

L’arcivescovo Gallagher ha anche ricordato la recente visita in Vaticano del presidente Denis Sassou N’Guesso, e ha messo in luce che “le due parti hanno convenuto dell’importanza del dialogo e della fraternità come mezzi efficaci per facilitare la risoluzione dei conflitti internazionali attuali”.

Gallagher ricorda che “questo panorama di cooperazione tra Congo e Santa Sede mostra bene tutti i progressi raggiunti”. Sui temi di cooperazione, c’è la questione ambientale che tocca direttamente il corpo, ma anche “lo sviluppo integrale delle nostre società che possano offrire a ciascuno e a tutti le opportunità di crescita personale e professionale”, mentre la Chiesa, attraverso la Conferenza Episcopale congolese, “non mancherà di apportare il suo contributo alla promozione di uno sviluppo armonioso e solidale di tutti i componenti della società”.

Quindi, “sarà essenziale educare le nuove generazioni a un patto rinnovato di fraternità”.

Gallagher in Congo, la Messa nella Place Mariale

Il 12 gennaio, il “ministro degli Esteri” vaticano ha presieduto una messa con una grande moltitudine di fedeli. “Papa Francesco – ha detto – pensa a tutti voi, cari fratelli e sorelle della comunità cattolica congolese. Egli conosce bene le vostre attese e le vostre speranze di pace e di fraternità. Egli vi è vicino nei momenti difficili, quando il vostro spirito di resilienza è messo alla prova dalle catastrofi naturali, così come dalle situazioni difficili della vita e della società”.

L’arcivescovo ha anche ringraziato la popolazione per “la testimonianza a favore del Vangelo” e “per la costruzione di una società più giusta e fraterna”.

Gallagher ha anche aggiunto che il Giubileo, “tempo privilegiato di conversione e speranza” è anche “un invito radicale a risvegliarci dal sonno delle abitudini, un invito a liberare il nostro cuore da tutto ciò che ci impedisce di attendere veramente la venuta del Signore nella nostra vita” e a “riprendere con rinnovato vigore il cammino dell’evangelizzazione” offrendo testimonianza cristiana su rispetto del creato, creazione di legami di fraternità, pratica della giustizia, carità e aiuto verso deboli e poveri”.

L’arcivescovo Gallagher ha poi messo in luce la testimonianza del cardinale Emile Biayenda, servo di Dio, sequestrato e assassinato tra il 22 e il 23 marzo, all’età di 50 anni, vittima di lotte tribali.

All’inizio del viaggio, l’arcivescovo Gallagher, appena atterrato a Brazzaville, è rimasto in preghiera davanti alla tomba di Bayenda, e poi è stato davanti alla tomba del primo arcivescovo di Brazzaville Théophile Mbemba, morto nel 1971.  

                                                           FOCUS FRANCIA

Il cardinale Parolin a Parigi, incontro con il primo ministro Bayrou

Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, è stato il 15 e 16 gennaio in visita a Parigi per partecipare a un convegno organizzato dal ministero egli Esteri in occasione del centenario degli scambi delle lettere (avvenuto l’11-17 gennaio 1924) tra l'allora presidente del Consiglio Poincaré e il nunzio Cerretti riguardanti le associazioni diocesane.

Il Consiglio di Stato francese considera, infatti, questi testi come un accordo internazionale che vincola la Francia e la Santa Sede e che consente la costituzione di un’associazione diocesana in ciascuna diocesi. Lo scambio andava a correggere il vuoto giuridico nato dalla legge del 1905 sulla separazione tra Chiese e Stato, che non sono stati toccati dai successivi sviluppi giuridici.

Il Cardinale Parolin è stato accompagnato al convegno dall’arcivescovo Celestino Migliore, nunzio apostolico, e dall’arcivescovo Éric de Moulins-Beaufort di Reims, presidente della Conferenza Episcopale francese.

Il cardinale ha incontrato il ministro dell’interno Bruno Retailleau, che ha anche la  responsabilità del culto. C’è stato anche un incontro istituzionale con il Primo Ministro francese François Bayrou.

Il 16 gennaio, il Cardinale Parolin ha incontrato il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot, con il quale ha parlato di temi internazionali di interesse comune.

Parolin in Francia, la conferenza al Quai d’Orsay

Il 16 gennaio, il cardinale Parolin è intervenuto alla conferenza Continuità e attualità dell’Accordo Poincaré-Cerretti del 1924.

Un accordo longevo, ha detto il cardinale, che nasceva “dopo un ventennio di contrasti e tensioni tra Repubblica Francese e Santa Sede” a seguito della legge 1905 sulla separazione tra Chiese e Stato.

Nel suo discorso, il cardinale Parolin ha sottolineato anche il concetto della laicità, che “non viene messo in discussione nel suo principio”. Tuttavia, ha aggiunto il Segretario di Stato vaticano, la “particolare interpretazione specifica e il modo in cui è inteso, invocato o applicato può sollevare preoccupazioni, soprattutto quando è associato a sentimenti religiosi o quando mina le tradizioni”.

Il cardinale ha dunque chiesto di sviluppare “una laicità in evoluzione e dinamica, capace di adattarsi a vari contesti e promuovere una cooperazione continua tra autorità civili e religiose”.

Parolin concede che “l’arrivo di popolazioni di diverse origini culturali e religiose mette talvolta in discussione la laicità così come è stata costruita in Francia”, ma sottolinea che allora ci si deve rifare alla fraternità, altro valore della Repubblica francese, perché “la risoluzione di queste tensioni richiede il rispetto dell’equilibrio tra l’uguaglianza dei cittadini e la loro libertà di coscienza, equilibrio che solo la fraternità può rendere possibile”.

Infine, Parolin ha detto di sperare che il cattolicesimo, come le altre religioni, sia sempre trattato nel rispetto dell’uguaglianza davanti alla legge dei cittadini e nel rispetto di tutte le credenze, come previsto dalla legge del 1905 e dalla Costituzione francese.

Tra gli esempi di buona collaborazione tra Stato e Chiesa, il cardinale ha citato anche la riapertura della cattedrale di Notre Dame a Parigi, la cui riapertura “non è stato semplicemente un segno forte, ma anche l’espressione delle aspirazioni di tutti: ritrovarsi in serenità in un luogo santo che ha attraversato i secoli, segnando per 850 anni i grandi momenti della storia francese”.

                                                           FOCUS NORVEGIA

Il cardinale Parolin in Norvegia, l’incontro con il Re

Il 17 e 18 gennaio, il Cardinale Parolin è stato in Norvegia, per ordinare vescovo Fredrik Hansen, che Papa Francesco ha nominato lo scorso primo novembre vescovo coadiutore di Oslo.

Hansen, appena 45 anni, ha servito nella diplomazia pontificia. È entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 2013, e ha lavorato presso la nunziatura apostolica in Honduras, presso la missione permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna, e poi presso la missione dell’Osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite a New York. Nel 2022 ha terminato il suo servizio da rappresentante pontificio, ed è entrato nella Compagnia dei Preti di San Sulpizio.

Questa carriera diplomatica è il motivo della presenza del Cardinale Parolin. Lo scorso 17 gennaio, a Oslo, il cardinale ha fatto visita al re Harald V di Norvegia.

Il Segretario di Stato vaticano ha incontrato anche il ministro degli Esteri, Espen Barth Eide. In entrambi i colloqui - ha detto il porporato in un’intervista rilasciata a “Katolsk.no”, ovvero la testata afferente all’Ufficio diocesano per la Comunicazioni sociali – il tema centrale è stato quello della pace nel contesto internazionale. “La Santa Sede e la Norvegia hanno in comune il volere la pace”, ha sottolineato il cardinale Parolin.

Nell’intervista, Parolin ha notato che la Norvegia è “un promotore di pace molto attivo che ha partecipato, e partecipa tuttora, a molti colloqui di pace a vari livelli in tutto il mondo”.

E ha aggiunto che in un mondo segnato ovunque dai conflitti “drammatici e tragici” che finiscono per colpire anche “molti civili”, c’è “bisogno di speranza”.

Sono cruciali i negoziati e il dialogo, ha sottolineato il porporato, rimarcando poi che “la missione della Chiesa è quella di essere un segno di pace e di riconciliazione, sia all’interno delle singole nazioni, sia nella comunità internazionale”.

Il Cardinale Parolin ha anche parlato del conflitto in Ucraina, definito “una grande tragedia umanitaria”, e ha ricordato l’offerta di mediazione della Santa Sede, sottolineando comunque il sostegno umanitario portato avanti dalla Chiesa, in particolare con la missione del Cardinale Matteo Zuppi per riportare a casa i bambini ucraini in Russia.

“Abbiamo – ha detto - dato priorità ai bambini e abbiamo lavorato per permettere loro di tornare dalla Russia in Ucraina, presso loro famiglie”.

Parolin ha poi ricordato che “la Santa Sede ha anche lavorato attivamente per il rilascio dei prigionieri di guerra e per il miglioramento delle loro condizioni di detenzione. Si tratta di sforzi importanti per creare condizioni che rendano possibile la pace”.

Il Cardinale Parolin in Norvegia,  sfide ed opportunità

Parlando con EWTN alla vigilia dell’ordinazione di Hansen, il Cardinale Parolin si è soffermato molto sulle caratteristiche della Chiesa di Norvegia. Ha detto che ci si trova prima di tutto di fronte ad una Chiesa “piccola in numeri, ma molto viva e molto attiva, segno di speranza per la società in questa nazione e in generale nelle nazioni scandinave”.

Seconda caratteristica è che si tratta di una Chiesa “molto impegnata nel campo della carità, e sappiamo che la carità un mezzo di evangelizzazione”.

Infine, si tratta di una Chiesa “molto unita al Papa e alla Santa Sede. C’è davvero grande vicinanza, con attenzione al magistero, agli insegnamenti, alle indicazioni”.

Il Cardinale Parolin ha anche affermato che la Chiesa cresce “perché è un fatto del Vangelo”, e anche perché "forse, in un ambiente sempre più secolarizzato, le persone cercano un po’ di verità, perché non si può vivere senza verità e senza accettare la verità nella propria vita”.

Il Segretario di Stato vaticano ha anche parlato delle aspirazioni di pace, ha ricordato in particolare i conflitti di Ucraina, Gaza e Myanmar, e ha detto che, in questi scenari, “la Santa Sede sta cercando di mettere in azione questa richiesta di pace secondo le nostre possibilità e i nostri mezzi”.

L’omelia del Cardinale Parolin all’ordinazione di Hansen

Il cardinale Parolin ha chiesto il dono della speranza “per il mondo intero, e soprattutto per le regioni segnate dalla guerra” nell’omelia pronunciata il 18 gennaio alla messa per l’ordinazione episcopale del vescovo coadiutore di Oslo Fredrik Hansen.

In particolare, il Cardinale ha guardato all’Ucraina, alla Palestina e Israele, a Myanmar e al Sudan, sottolineando l’importanza di un “ecumenismo dall’amore fraterno”, tema particolarmente sentito in Norvegia, Paese di “grande apertura”, dove si notano il “dialogo e la collaborazione reciproca che contraddistingue le relazioni tra cattolici e luterani”.

“Questo cammino della fraternità e della solidarietà cristiana – ha sottolineato il cardinale Parolin – è quanto mai necessario e urgente per affrontare le molteplici sfide che il mondo contemporaneo pone alle Chiese”.

Il Cardinale ha espresso apprezzamento per il lavoro della Chiesa norvegese nei campi della carità, dell’accoglienza e della cooperazione, con un “abbraccio veramente cattolico”. Al vescovo coadiutore di Oslo, il Cardinale Parolin ha detto che il suo incarico necessita che abbia “uno stile umile di servizio”, con una “conformazione a Cristo che richiede un costante rinnegamento personale”; una “invocazione incessante dello Spirito”, così da non finire “fuori strada”, deviando “dalla retta fede e dalla morale”.

Insegnare, santificare e governare – ha aggiunto il segretario di Stato – devono essere i compiti primari dell’esercizio pastorale.

Parolin ha poi ripercorso le tappe della carriera di Hansen, dal lavoro in parrocchia agli undici anni da “diplomatico del Papa”,

                                               FOCUS NUNZI

Il Cardinale Re celebra i Vespri alla Pontificia Accademia Ecclesiastica

Il patrono dell’Accademia Ecclesiastica, la scuola degli “ambasciatori” del Papa, è Sant’Antonio Abate, e il 17 gennaio, giorno della sua festa, si celebrano ogni anno i Vespri con tutti gli alunni dell’accademia presenti a Roma.

Questo 17 gennaio, i vespri sono stati presieduti dal Cardinale Giovan Battista Re, decano del Collegio Cardinalizio, mentre la celebrazione è stata preceduta da un indirizzo di saluto dell’arcivescovo Salvatore Pennacchio, presidente dell’Accademia.

Nella sua omelia, il Cardinale Re ha parlato della importanza della preghiera per poter portare avanti il servizio di pace che è tipico dei rappresentanti pontifici.

Alla cena, erano prsenti anche l’arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali. Papa Francesco ha inviato come dono all’Accademia una icona della Madonna di Częstochowa. “Assente giustificato”, il Cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano, che era ad Oslo per l’Ordinazione episcopale del coadiutore Frederik Hansen.

Un nuovo nunzio in Papua Nuova Guinea e Isole Salomon

L’arcivescovo Mauro Lalli era stato nominato nunzio a Papua Nuova Guinea l’1 marzo 2024, ma dopo l’ordinazione episcopale non aveva mai potuto raggiungere il Paese per questioni di salute. Il 15 gennaio, è stato nominato un nuovo nunzio a Papua Nuova Guinea, nella persona di monsignor Maurizio Bravi, che ha servito finora Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione Mondiale del Turismo.

Nato nel 1962, ordinato sacerdote nel 1986, è nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1995, e ha prestato la propria opera nelle Rappresentanze pontificie in Repubblica Dominica e in Argentina, presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali della Segreteria di Stato, e poi nelle nunziature apostoliche di Francia e Canada. Era osservatore della Santa Sede presso l’Organizzazione Mondiale del Turismo dal 27 febbraio 2016.

                                               FOCUS TERRASANTA

I vescovi cattolici di Terrasanta sulla tregua

In un comunicato successivo all’annuncio del cessate il fuoco tra Israele e Hamas, i vescovi cattolici di Terrasanta esprimono “serenità e sollievo” dopo 467 giorni di guerra e più di 46 mila morti, con la speranza che “questo cessate il fuoco segni in modo importante la fine della violenza”, e con la consapevolezza che “la fine della guerra non significa la fine del conflitto”.

Secondo gli ordinari di Terrasanta, una “pace autentica e duratura può essere raggiunta solo attraverso una soluzione giusta che affronti le cause originali di questa prolungato scontro”, dando vita a “un lungo processo”, nel quale mostrare la “volontà di riconoscere reciprocamente l’uno dell’altro”.

I vescovi aggiungono di attendere “con impazienza” il ritorno dei pellegrini nei Luoghi Santi, pensati “per essere luoghi di preghiera e di pace” e, “nonostante il dolore che abbiamo sofferto”, sostengono di guardare al futuro “con incrollabile speranza”.

Gli ordinari di Terrasanta fanno anche appello a leader politici e comunità internazionale per sviluppare “una visione politica chiara e giusta”. Il prerequisito della pace vera, aggiungono, è proprio un futuro costruito sulla “dignità, la sicurezza e la libertà per tutti i popoli”.

Tregua in Terrasanta, il Cardinale Zuppi spera in percorsi di pace

Parlando con i giornalisti il 15 gennaio, a margine della presentazione di un libro in ambasciata di Italia presso la Santa Sede, il Cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, ha affermato che “dobbiamo preparare seriamente la pace”, in un frangente “importantissimo” che “aiuta a guardare il futuro”. L’auspicio – aggiunge - è "qualcosa di stabile. Quindi tanta soddisfazione dopo un dolore terribile enorme, che non dobbiamo dimenticare per continuare a lavorare per la pace". 

Zuppi si riferiva all’accordo di tregua che si era raggiunto tra Israele e Hamas, che sembrava imminente.

Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani a margine dello stesso evento ha parlato di un cambio di passo in Medio Oriente, che si nota anche con l’elezione in Libano del presidente Aoun, e da quelli che considera “i primi segnali positivi della nuova amministrazione siriana”.

Tajani ha parlato anche delle garanzie assicurate al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, sul fatto che, se si recasse in Italia, non verrebbe arrestato in esecuzione del mandato emesso dalla Corte Penale Internazionale”.

                                               FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede all’UNCTAD

Il 17 gennaio, la Santa Sede ha partecipato alla 33esima Sessione Speciale del Comitato di Commercio e Sviluppo dell’UNCTAD, l’azienda ONU per il commercio.

Prendendo la parola, l’arcivescovo Ettore Balestrero, osservatore della Santa Sede presso le organizzazioni internazionale di Ginevra, ha ricordato che il prossimo ministeriale “rappresentare un momento chiave nel costruire il nostro futuro comune”, perché andrà a definire il mandato e le aree strategiche di lavoro dell’organizzazione.

Il ministeriale, ha notato Balestrero, ha luogo durante il Giubileo. Proprio in questo spirito, la Santa Sede ha avanzato tre proposte.

La prima riguarda la “necessità di riformare la cornice finanziaria e una significativa riduzione del debito, fino alla cancellazione, in modo da fermare il ciclo di finanziamenti e indebitamenti.

La seconda è di considerare la cultura dell’incontro e del dialogo come un asset fondamentale per un rinnovamento del multilateralismo in un mondo bipolare.

Infine, la Santa Sede chiede che le spese militari dannose, “specialmente quelle correlate agli armamenti, sia ridirezionate a iniziative di sviluppo sostenibile, che possano affrontare, tra le altre cose, povertà, fame ed educazione”.                                                       

                                                           FOCUS PAPA FRANCESCO

Le udienze “diplomatiche” di Papa Francesco

Il 16 gennaio, Alvaro Lario, presidente del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo, è stato ricevuto da Papa Francesco. In un post su X, Lario ha sottolineato che lui e Papa Francesco condividono “un forte impegno per supportare le persone più vulnerabili”.

Nello stesso giorno, Papa Francesco ha incontrato Nosipho Nausca-Jean Jezile, presidente del Comitato Mondiale per la Sicurezza Alimentare. La presidente era accompagnata con una delegazione composta da rappresentanti di Brasile, Germania, Niger e Svizzera. Secondo un post su X, Papa Francesco ha lodato gli sforzi del comitato per eliminare la fame e la malnutrizione con il supporto delle agenzie ONU.

Papa Francesco ha sempre dato molta attenzione alle questioni alimentari, le cui agenzie ONU si trovano a Roma. Il Papa ha visitato due volte la FAO, una volta il programma alimentare mondiale, una volta il Fondo Nazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), e non ha mai mancato di inviare messaggi.

L’Osservatore Permanente della Santa Sede alla FAO e alle altre agenzie è dal 2015 monsignor Fernando Chica Arellano.

                                                 FOCUS AFRICA

Il grazie di Papa Francesco all’arcivescovo uscente di Johannesburg

L’11 gennaio, l’arcivescovo Henryk Mieczysław Jagodziński, nunzio in Sudafrica, ha trasmesso il messaggio di Papa Francesco all’Arcivescovo Buti Joseph Tlhagale OMI, primo arcivescovo di Johannesburg che termina il suo mandato.

Nel messaggio, Papa Francesco ringrazia l’arcivescovo uscente per il suo “incrollabile impegno a favore della Chiesa” nell’Africa meridionale.

Il rappresentante papale ha riconosciuto il significato storico del ministero dell'arcivescovo Tlhagale OMI, sia come arcivescovo dell'arcidiocesi metropolitana di Bloemfontein sia come primo arcivescovo di Johannesburg dal 2003.

Il nunzio ha aggiunto: "I tuoi decenni di servizio dedicato, prima come Vescovo di Bloemfontein e, dal 2003, come primo Arcivescovo di Johannesburg, hanno lasciato un segno indelebile nella vita della Chiesa in Sudafrica. Hai guidato i fedeli con saggezza e amore, sempre attento alle necessità del tuo popolo, incarnando lo spirito di un pastore che dà la vita per il suo gregge." Nel suo discorso, il diplomatico vaticano ha riconosciuto il significato storico del ministero dell'arcivescovo Tlhagale OMI "non solo per la Chiesa in Sudafrica, ma per la Chiesa in tutta l'Africa".

Il rappresentante papale in Sudafrica ha elogiato il vescovo, che è membro degli Oblati di Maria Immacolata (OMI), per la sua “devozione alla Beata Vergine Maria” e per l’istituzione del Santuario della Madre della Misericordia a Magaliesberg che, a suo dire, serve come “fonte di ispirazione per molti”, perché “questo santuario è una testimonianza della vostra fede e continuerà ad avvicinare innumerevoli fedeli al nostro Signore attraverso l'amorevole intercessione della Sua Beata Madre".

Nelle sue osservazioni conclusive, il Nunzio Apostolico in Sudafrica ha ringraziato l'Arcivescovo Tlhagale OMI per la storia vivente che ha "incarnato, una storia intrecciata con la storia del Sudafrica e la vibrante arazzo della Chiesa in Africa".

"Possa la nostra Beata Madre, a cui hai sempre affidato il tuo ministero, guidarti in questa nuova stagione della vita. Possa il Signore benedirti con pace, salute e gioia in abbondanza mentre continui a servirlo in modi nuovi", ha concluso.