Roma , venerdì, 17. gennaio, 2025 18:00 (ACI Stampa).
Non è lontano dal compiere quasi due secoli d’età, ma non li dimostra e soprattutto non smette di conquistare lettori e spettatori. Pubblicato a puntate fra l'agosto 1844 e il gennaio 1846 sul "Journal des Débats", mentre Dumas lo sta ancora scrivendo, senza sapere nemmeno lui come l'avrebbe concluso, "Il conte di Montecristo" ha lasciato, e lascia tuttora col fiato sospeso intere generazioni di lettori ad ogni latitudine. Difficile, forse impossibile, battere i suoi numeri, di edizioni (settantasei solo in Italia, già dal 1846), di adattamenti cinematografici e televisivi, fonte di ispirazione in ogni direzione artistica: musical, fumetti (con Paperino), finito persino su figurine e prodotti vari. Oggi furoreggia più che mai in tv, con film, serie e miniserie che puntualmente registrano successi in termini di ascolto e alla sua trama si ispira la serie Usa Revenge. Quasi tutti possono dire di conoscerne almeno a grandi linee la trama e il protagonista, anche chi non lo ha mai letto.
Ma nulla è comparabile alla pura felicità (da lettori) che sempre si prova a leggerlo, a rimanere intrappolati senza scampo nel suo perfettamente oliato ingranaggio narrativo, che funziona sempre anche se si sa già come andrà a finire la storia. Lo stesso impulso irrefrenabile che costringeva migliaia di persone ad attendere con ansia l’uscita del giornale per leggere l’ennesima puntata delle straordinarie avventure di Edmond Danton, la orribile macchinazione di cui è innocente vittima e la sua trasformazioni in persecutore in nome della vendetta.
Mentre Edmond segue lucidamente il suo macchinoso piano di vendetta, avviene però un’invisibile logorio interno, in lui: quel desiderio di vendicarsi, che lo ha sostenuto per decenni, la fiamma che lo anima e gli da’ la forza per andare avanti, lentamente va spegnendosi, il suo sapore è sempre più amaro e la sua solitudine sempre più insopportabile. Per molto tempo ha creduto che Dio lo avesse risparmiato dagli orrori della prigionia nel castello d’If proprio per punire, e il più crudelmente possibile, chi lo aveva sacrificato alle loro brame, alle loro ambizioni. Insomma, che lui stesso sia lo strumento della giustizia divina. Ma comincia a nutrire dubbi su questa interpretazione di ciò che gli succede.
Il Conte di Montecristo è un Angelo di Dio? O uno strumento del male, o meglio dell’odio che si giustifica con il desiderio di giustizia, che però è più precisamente quello di vendetta? Il lettore crede alternativamente ad una prospettiva o all’altra. In una escalation di colpi di scena e di un turbinio di emozioni interiori si arriva ad un punto di non ritorno: con l’uccisione del figlio e del giudice Villefort e di sua moglie, Montecristo comprende di aver superato ogni limite, di aver pensato non più di essere uno strumento di Dio, ma essersi messo, in un certo senso, al Suo posto. Arriva il pentimento e il desiderio di tornare indietro ed essere nuovamente Edmond Dantès, lasciandosi alle spalle le spoglie affascinanti ma fatali del Conte. Sente di dover meritare il perdono di Dio, anzi comprende che l’unica cosa che potrebbe renderlo davvero simile a Dio. Il sapore della vendetta, ad ogni modo, è un sapore amaro, e quell’arsura, quel vuoto e quel furore che lo agitano non si placano. Il suo cuore indurito comincia nuovamente a fargli male. Ha nostalgia di quel giovane che era un tempo, pieno di coraggio e di amore; ha nostalgia per suo padre, per la sua fidanzata Mercedes, per gli amici. Poi ha perso tutto, ha sofferto le pene dell’inferno e in quell’inferno è rimasto, oppresso dalla rabbia e dal rimpianto. Cambierà davvero? Edmond Dantès sarà in grado davvero di perdonare tutto e tutti? Non viene detto in modo esplicito. Però, come lui stesso una volta aveva detto: «Se la parola miracolo esiste nel linguaggio di noi uomini, evidentemente ha un riscontro nella realtà».
In ogni caso, Edmond decide di lasciare Parigi, quel mondo fato di potere, grandeur e miserie umane, buona società e grandi soprusi e violenze. L’ultima immagine che abbiamo di lui è quella di un uomo che si prepara a salpare per altri lidi e avventure, insieme ad una giovane donna che lo ama e che forse lui imparerà ad amare. Ma sarà davvero un finale alla “vissero felici e contenti”? E’ come se l’autore lasciasse finire la sua storia in una dissolvenza che lascia aperta ogni possibilità, proprio come succede nella vita, quando il Mistero irrompe e permette finali imprevedibili.