Città del Vaticano , giovedì, 16. gennaio, 2025 12:30 (ACI Stampa).
"Le cerimonie pontificie, pertanto, accompagnano il difficile cammino del Papato a cavallo tra XVIII e XIX secolo, costituendosi quali «produttori di senso, canalizzatori e sublimatori nei momenti di crisi, di cambiamento o di passaggio». E se è vero che l’arcana ripetitività connota riti e cerimonie, nondimeno è la variabilità del contesto in cui si esprimono a determinare alterazioni, sottolineature, omissioni e risignificazioni di taluni dei loro aspetti. In tal senso la cortina impenetrabile del cerimoniale – qui «le mutazioni sono per natura loro quasi impercettibili e non facilmente documentabili», avvertiva (Paolo) Prodi – può essere scostata in favore dell’osservabilità materiale di ruoli e posizionamenti e, quindi, della proiezione esterna del potere pontificio in differenti contesti politici e religiosi. È l’idea di collocare il “testo” del cerimoniale, superandone la sola analisi della struttura interna, nel suo ambiente specifico al fine di avviarne il processo interpretativo".
A scriverlo in “Cerimonie Pontificie alla prova. Tra Ancien Régime e Restaurazione” edizioni Studium, è l’oratoriano Padre Simone Raponi, archivista, bibliotecario e storico. Il suo ultimo libro con grande rigore storico spiega ai contemporanei perché le cerimonie non sono solo una cornice inutile, ma il senso stesso di certi momenti storici e il supporto ad eventi e vicende.
Lo studio del passato, lungi da essere muffoso, è la vera chiave per affrontare il presente e il futuro.
Così, se la storia è maestra di vita, molto si può imparare dalla cerimonialità pontificia nel delicato passaggio dall’Antico Regime al mondo restaurato, concentrandosi sui pontificati di Pio VI (1775-1799), Pio VII (1800-1823) e Leone XII (1823-1829). Complessivamente, si tratta di una fase storica in cui le tradizioni delle cerimonie papali furono sottoposte alla dura prova del fenomeno rivoluzionario e napoleonico, che condusse alla forzata mancanza da Roma dei papi Braschi e Chiaramonti, entrambi nati a Cesena, in Emilia-Romagna. A cavallo tra il XVIII e XIX secolo lo svolgimento dei conclavi in tre luoghi diversi (Vaticano-Venezia- Quirinale) imporrà ai cerimonieri pontifici e al Collegio dei cardinali tutta una serie di riflessioni sulla permanenza e sull’adattabilità degli elementi tradizionali del cerimoniale e delle consuetudini pontificie.
Quelle molteplici cerimonie che descrivono la relazione del papa con i sovrani, i principi e i loro rappresentanti costituiscono un terreno di dialogo e di confronto acceso, dove emergono compromessi, cessioni, riduzioni e una rielaborazione dell’immagine del pontefice più marcatamente spirituale. Indagando la mens cerimoniale romana, l’autore lascia riaffiorare le preoccupazioni ma anche le possibilità per la rappresentazione del Papato in una delle epoche più travagliate della sua storia.