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Il teologo Brunetto Salvarani: il dialogo cristiano-ebraico, "un percorso difficile"

"Il dialogo va rafforzato. Continuiamo a crederci"

La copertina del libro |  | Casa editrice La copertina del libro | | Casa editrice

“In questi ultimi tempi, segnati dal tragico atto terroristico del 7 ottobre 2023, dalla guerra successiva e dall’escalation del conflitto in Medio Oriente, i rapporti tra cattolici ed ebrei, in Italia, sono stati difficili con momenti di sospetto, incomprensioni e pregiudizi. Ma il dialogo non si è interrotto. In Europa sono tornati deprecabili atti di antisemitismo e incaute prese di posizione, a volte anche violente. Proprio per questo il dialogo va rafforzato. Continuiamo a crederci”: così scrive la commissione episcopale per l’ecumenismo ed il dialogo nel messaggio ‘Pellegrini di Speranza’ in occasione della 36^ Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei in svolgimento venerdì 17 gennaio.

E nella prefazione al libro ‘Un percorso difficile anche per Dio. Sul futuro del dialogo cristiano- ebraico’, scritto dal teologo Brunetto Salvarani, docente di Missiologia e Teologia del dialogo presso la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna di Bologna, direttore della rivista ‘QOL’ e presidente dell’associazione italiana ‘Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam’, il presidente della Commissione Episcopale CEI per l’ecumenismo ed il dialogo, mons. Derio Olivero, vescovo della diocesi di Pinerolo, ha scritto: “Consapevoli che il dialogo cristiano-ebraico sta attraversando una fase critica, è necessario conoscere quali siano state e siano le pietre d’inciampo più classiche, e anche quali siano le contestuali tracce di speranza, oltre che interrogarsi su come, con e dopo il 7 ottobre 2023, si sia aperta un’ulteriore crepa, che rimanda alla necessità di elaborare un paradigma inedito nel dialogo fra cristiani ed ebrei.

Tutto da pensare, tutto da costruire, e sul quale occorrerà esercitarsi a fondo da parte di chi intenda dedicarvisi. Noi non siamo ‘la sostituzione’ del popolo d’Israele, né il ‘vero Israele’. Siamo un ramo spuntato da un popolo che continua a esistere. Il dialogo con questo popolo concreto ci è essenziale per dire noi stessi. Gesù di Nazareth appartiene al popolo ebraico. Non possiamo comprenderlo negando tale appartenenza. Non possiamo comprenderci negando tale appartenenza”:
A Brunetto Salvarani abbiamo chiesto di spiegarci il titolo di questo libro: “Il titolo, volutamente paradossale, l’ho tratto da un testo che mi aveva donato Paolo De Benedetti, uno dei miei più cari maestri. Allude, evidentemente, alle difficoltà in cui opera chi si dedica al dialogo fra cristiani ed ebrei”.

Ed ha spiegato i passaggi della genesi del libro: “Come ogni libro, anche questo nasce da unapassione, che viene da lontano. E’ lunga, ormai, la lista di maestri e maestre che hanno contribuito a maturare in me l’idea che il dialogo fra ebrei e cristiani risiede al cuore dell’identità delle Chiese e dei cristiani. Ora, è evidente che dal 7 ottobre scorso, data della mattanza di ebrei in Israele da parte di Hamas, i processi dialogici fra ebrei e cristiani si sono ulteriormente complicati, messi duramente alla prova, come mai finora, mostrando tutte le loro gracilità e vulnerabilità”.

Per quale motivo il dialogo tra ebrei e cristiani è difficile?

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“A mio parere il dialogo cristiano-ebraico ha sofferto e soffre di una doppia, paralizzante asimmetria. La prima risiede nella constatazione che è esso necessario per il cristiano, ma non per l’ebreo. Ciò perché, mentre il cristianesimo senza rapporti con l’ebraismo manca di quelle radici e della linfa che gli consentono di vivere, l’ebraismo, in virtù del dono della Torah e dello speciale legame che lo stringe a Dio, non ha bisogno del cristianesimo per fondarsi e comprendersi. La seconda nasce dal fatto che tale dialogo dovrebbe derivare da un altro dialogo che lo precede, interno alle due fedi. Il dialogo, infatti, non si dà tanto fra cattolici e rabbini, ma fra cristiani ed ebrei. Se così stanno le cose, è necessario un percorso ecumenico che metta a confronto, qui, le diverse confessioni cristiane, e là un dibattito fra ebraismo in terra d’Israele e diaspora, fra ebraismo laico e religioso. Senza tali presupposti, ogni forma di dialogo rischia di essere inconcludente, o di ridursi a dichiarazioni di principio sulla Shoah e sull’antisemitismo, fondate sulla retorica del mai più ma non finalizzate a costruire un cammino, anche solo in parte, comune e condiviso”.

Dopo il 7 ottobre quali difficoltà incontra questo dialogo?

“Con e dopo il 7 ottobre 2023, in effetti, si è aperta un’ulteriore crepa nel dialogo cristiano-ebraico, a partire dalla lettura che si è data a quella tremenda mattanza di ebrei da parte di Hamas, una crepa grave che rimanda alla necessità di elaborare un paradigma inedito nel dialogo. Tutto da pensare, tutto da costruire, e sul quale occorrerà esercitarsi a fondo da parte di chi intenda dedicarvisi. In una manciata di ore è cambiato radicalmente lo scenario in cui si muove chi opera nel campo delle relazioni cristiano-ebraiche, tanto da richiedere un autentico salto di qualità rispetto al passato, a sei decenni dalla dichiarazione conciliare ‘Nostra aetate’: ma senza buttare via il grande lavoro fatto sinora”.

Perché è necessario il dialogo ebraico-cristiano?

“La necessità è fotografata appieno nel famoso incipit della Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane ‘Nostra aetate’ al n. 4: ‘Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo’. Siamo legati, dunque, a un livello molto profondo, e l’identità della Chiesa si intreccia inevitabilmente con quella di Israele (e anche questo dato, se vogliamo, è fra le ragioni delle difficoltà del dialogo)”.

Come è possibile rimuovere le ‘pietre d’inciampo’ per rivitalizzare il dialogo?

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“Ci sarebbe bisogno di un impegno più costante e più approfondito, che favorisca la presa di coscienza della necessità del dialogo con Israele; di più studio, più informazione e più formazione… Conoscenza, stima e riconoscimento dell'altro: sono questi i presupposti del dialogo perché aprono alla collaborazione nella differenza. Cartina di tornasole della situazione attuale è quanto poco sia sentita, in genere, l’esperienza (benemerita) della Giornata del dialogo.


"Quanti, nella Chiesa italiana, sanno che esiste?”.Nel messaggio per questa Giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei, ‘Pellegrini di speranza’, i vescovi italiani invitano a ‘ripartire dalla Scrittura’: è realizzabile?

“Mi auguro di sì! Certo, sono del tutto d’accordo! Ma anche qui, occorre un impegno maggiore e più capillare: dopo la fine dell’esilio della Parola di Dio, con la Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione ‘Dei Verbum’, molto di quell’entusiasmo si è smorzato. Un esempio: quanti, nella Chiesa italiana, sanno che esiste una (pure benemerita) ‘Domenica della Parola di Dio’, giunta alla sua quinta edizione?”.

In questo difficile percorso quanto è importante riscoprire il ‘sogno’ di p. Bruno Hussar?
“E’ molto importante! La presenza, oltre mezzo secolo dopo il suo sorgere, del ‘Villaggio della pace’ di ‘Neve Shalom- Wahat as Salam’ in Israele è il segnale che investire nell’educazione interculturale e interreligiosa, nell’educazione alla pace e alla gestione dei conflitti paga, e può rappresentare una scintilla di autentica profezia”.