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“Il Medio Oriente sia terra di pace”. Parolin si incontra con i nunzi della regione

Sfide molto diversificate per tutti i Paesi della regione Mediorientale. Parolin incontra i nunzi, per un punto della situazione cruciale per la diplomazia della Santa Sede

Cardinale Pietro Parolin | Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano | Vatican Media Cardinale Pietro Parolin | Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano | Vatican Media

Non solo l’inaugurazione della nuova chiesa del Battesimo di Gesù, non solo l’incontro con il re Abdullah e con il ministro degli Esteri di Giordania. Prima di partire da Amman, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha concluso la visita incontrando i rappresentanti pontifici dell’area mediorientale, per discutere delle grandi sfide della zona, e chiedere la “pace in Medioriente”. Una aspettativa di pace che il Cardinale ha anche delineato con il presidente del Libano Joseph Aoun, eletto la scorsa settimana, con il quale c’è stata una telefonata prima del ritorno a Roma.

La notizia dell’incontro arriva nella serata del 13 gennaio, quando il cardinale Parolin ha già concluso la sua visita di ben quattro giorni in Giordania – cominciata già nella notte del 10 gennaio, quando è atterrato ad Amman intorno all’una di notte – con una riunione di nunzi apostolici della Regione Mediorientale, in quello che appare essere una iniziativa senza troppi precedenti.

La riunione era prevista, ma non annunciata ufficialmente nel programma pubblicato dall’account X della Segreteria di Stato, che infatti non dava informazioni riguardo la giornata del 13 gennaio. In fondo, si doveva trattare di una riunione da non gestire con clamore mediatico, ma con discrezione.

Hanno partecipato alla riunione – afferma un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede -

i rappresentanti pontifici accreditati presso il Regno del Bahrein, la Repubblica Araba d’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, il Regno Hashemita di Giordania, la Repubblica islamica dell’Iran, la Repubblica d’Iraq, lo Stato d’Israele, lo Stato del Kuwait, la Repubblica del Libano, il Sultanato dell’Oman, lo Stato di Palestina, lo Stato del Qatar, la Repubblica araba di Siria e la Repubblica dello Yemen.

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Sono 14 Paesi – e va notato che Palestina e Israele vengono considerati come due Stati – dove il Papa è rappresentato da otto nunzi e un incaricato di affari, cioè un numero 2 perché il nunzio ancora non è stato nominato. L’incaricato di affari era quello della nunziatura in Iraq, ancora vacante da quando il Papa ha inviato l’arcivescovo Mitja Leskovar in Congo lo scorso marzo.

Ovviamente c’era l’arcivescovo Giampietro Dal Toso, nunzio apostolico in Giordania e “padrone di casa”. È rappresentante del Papa ad Amman dal 2023, da quando cioè si decise di scorporare la rappresentanza pontificia da quella di Baghdad, cui era legata.

Dal 2023, c’è anche un nunzio solo per gli Emirati Arabi Uniti, che in questi anni hanno sviluppato un grande rapporto con la Santa Sede a partire dalla firma della Dichiarazione di Abu Dhabi sulla fraternità umana, anche con lo stabilimento di un Abrahamic Family Housenella capitale. Il nunzio è l’arcivescovo Christophe Zakhia El-Kassis.

Prima, gli Emirati Arabi cadevano nella più ampia nunziatura del Vicariato di Arabia, con sede a Kuwait City, istituita da Paolo VI nel 1969. Il nunzio in Kuwait ha anche le funzioni di nunzio apostolico in Bahrein, nunzio apostolico in Qatar, nunzio apostolico in Yemen e delegato apostolico nella Penisola Arabica. Attualmente, il nunzio è l’arcivescovo Eugene Martin Nugent.

L’arcivescovo Nicolas Thevenin è invece nunzio in Egitto dal 2019, e dal 2023 a questa nunziatura è stata associata la rappresentanza pontificia presso il Sultanato di Oman, l’ultimo “acquisto” della rete diplomatica del Papa.

In Siria c’è il Cardinale Mario Zenari, in Libano dal 2022 c’è l’arcivescovo Paolo Borgia, che è stato anche assessore della segreteria di Stato, in Iran l’“ambasciatore del Papa” è l’arcivescovo Andrzej Józwowicz.

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Secondo la nota della Sala Stampa della Santa Sede, nel corso della riunione "sono state affrontate le crisi in atto nella regione, la condizione politica ed ecclesiale di ciascun Paese, i segni di speranza che si intravedono in alcuni, le gravi situazioni umanitarie in cui si trovano le popolazioni maggiormente coinvolte nei conflitti, la necessità della solidarietà della Comunità internazionale".

La nota aggiunge che si è auspicato “che presto possa cessare il fuoco su ogni fronte e il Medio Oriente possa essere una terra di pace, dove i cristiani rimangano una componente essenziale per la convivenza fraterna tra le varie religioni e per il progresso dei rispettivi Paesi".

Durante l’incontro si è potuta sperimentare anche la varietà delle sfide che ci sono nella regione del Medioriente, dove ogni nunzio affronta situazioni diverse. Grande attenzione viene data alla Terrasanta, teatro del conflitto scaturito a seguito degli attentati del 7 ottobre, e infatti il Cardinale Parolin, durante questo viaggio, ha anche avuto modo di avere un incontro privato con il Cardinale Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme.

Guardando al Medio Oriente in generale, ci sono aree in cui le relazioni sono molto positive, altre in cui ci sono elementi di criticità da risolvere.

Per esempio, Santa Sede ed Iran sono stati in costante contatto sin dall’inizio del conflitto a Gaza, e Papa Francesco aveva avuto un colloquio telefonico con il presidente al Raisi il 5 novembre 2023 – questi è poi morto in un incidente di elicottero nel maggio 2024 – mentre il Cardinale Parolin aveva avuto una conversazione telefonica con il nuovo presidente iraniano Pezeshkian il 12 agosto 2024. Lo scorso 2 gennaio, Papa Francesco ha ricevuto anche l’ambasciatore di Iran presso la Santa Sede.

Se dal punto di vista diplomatico i rapporti sono costanti, c’è da dire che la Chiesa Cattolica in Iran non sempre ha vissuto tempi facili. Per esempio, nel 2021 ad una suora, Giuseppina Berti, fu rifiutato il rinnovo del visto dopo 26 anni di servizio nel lebbrosario di Tabriz.

Più positiva la situazione del Sultanato dell’Oman, entrato dal 2023 in piene relazioni con la Santa Sede dopo essere stato tra i facilitatori della liberazione del sacerdote salesiano missionario in Yemen Tom Uzhunnalil nel 2017.

La situazione in Siria è tutta da decifrare, ma ci sono stati segnali positivi da parte delle comunità cristiane riguardo alla nuova amministrazione. In Iraq ci sono stati anche attimi di tensione con il Patriarcato Caldeo, al punto che il Patriarca, il Cardinale Rafael Sako, si è recato in “esilio” a Erbil per nove mesi tra il 2023 e il 2024. In Bahrein è stata inaugurata nel 2021 la cattedrale di Nostra Signora di Arabia, gli Emirati Arabi hanno mantenuto un rapporto privilegiato dalla firma della Dichiarazione della Fraternità Umana nel 2019, la Giordania mantiene un ottimo rapporto – e una mostra su “Giordania Alba della Cristianità” sarà presto a Roma a ricordarne la storia cristiana – e il Libano sembra stia uscendo fuori dalla crisi istituzionale con la nomina del presidente Joseph Aoun lo scorso 9 gennaio.

L’attenzione al Libano è stata confermata da un’altra notizia, e cioè che il Cardinale Parolin ha avuto una telefonata con il presidente Aoun.

La Sala Stampa della Santa Sede ha informato che “nel corso della cordiale telefonata, Sua Eminenza si è congratulato per la sua elezione alla Presidenza della Repubblica e gli ha espresso i migliori auguri, assicurandolo della sua preghiera. Ha anche rilevato con piacere il tempestivo incarico del Primo Ministro conferito oggi al Sig. Nawaf Salam".

Tutti questi temi sono rientrati nella conversazione di Parolin con i nunzi. È interessante l’approccio di guardare al Medio Oriente come una unica regione, nonostante le grandi differenze che si trovano sul territorio, e anche i differenti rapporti interreligiosi, a seconda del “ramo” islamico con cui ci si trova a parlare.

C’è, comunque, la preoccupazione comune di definire il terrorismo come un fenomeno separato e differente dall’etnia, specialmente in Terrasanta, dove, tra l’altro, i cristiani sono in maggioranza arabi. In una situazione variegata e complessa come quella mediorientale, la questione cruciale resta quella di trovare un equilibrio nell’approccio diplomatico e anche nella narrazione degli eventi. L’incontro di Parolin con i nunzi della regione ha permesso al Segretario di Stato di avere di prima mano tutti i punti di vista, e di vedere il confronto diretto dalle situazioni, e si auspica sarà di aiuto alla Segreteria di Stato per i prossimi interventi nella e sulla Regione.

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