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Letture, Giacomo Leopardi e la sua fede cristiana

Come rileggere la grande passione cristiana del Poeta di Recanati

La biblioteca di Casa Leopardi |  | www.giacomoleopardi.it La biblioteca di Casa Leopardi | | www.giacomoleopardi.it

In una calda  penombra contempla La caduta di Lucifero, dipinta secoli prima dal grande Lorenzo Lotto, che sentiva affine al suo spirito – Lotto,  uomo e artista refrattario alle consuetudini sociali, poco avvezzo al successo, errabondo, troppo avanti per il suo tempo. Che proprio a Loreto decide di passare gli ultimi giorni della sua vita terrena, dopo tanto vagabondare, senza mai trovare un luogo da poter chiamare “casa”.

Medita, forse, sull’infinito cadere nell’abisso dalle vastità del cielo. Poi, passeggiando lentamente, passa la mano sulle pietre di quella casa venerata nei secoli come la dimora terrena della Madre di Dio ed approdata misteriosamente, e per tanti miracolosamente, nella collina di Loreto. Giacomo, figlio del conte Monaldo Leopardi, è un ragazzo straordinario, pieno di talento, ma anche chiuso in se stesso, spesso, come se rincorresse pensieri troppo lontani, troppo veloci. Dalla vicina Recanati alla Santa Casa Giacomo va in visita più volte, fin da bambino, insieme  al padre Monaldo, appassionato del mistero della traslazione della dimora di Maria, una passione sostenuta da studi approfonditi, ma anche dall’erudito precettore, Joseph Anton Vogel, canonico onorario a Loreto. In quel luogo, familiare e amato, il poeta porterà Pietro Giordani, quando, nel settembre 1818, dopo i loro primi scambi epistolari, arriva a Recanati e sarà ospitato in casa Leopardi, ed è, in realtà, la testimonianza concreta del legame intimo, nato proprio a Loreto, con la Vergine Maria.

Lasciando le briglie sciolte all’immaginazione e alle suggestioni generate dalla bellezza, potremmo immaginare che il piccolo Giacomo si possa essere incantato davanti all’Annunciazione di Lotto, quel quadro così diverso da tanti altri, audace e insieme domestico, commovente, Maria ritratta come una ragazza forse intenta  alle faccende quotidiane,  colta di sorpresa dal Mistero nella sua stanza semplice e ordinata, e in ogni particolare del volto e del corpo stesso fa intuire il moto interiore  “ove per poco il cor non si  spaura”, come scriverà a breve nell’Infinito. Il cuore che trema, si rischia di sperdersi davanti alla grandezza di ciò che accade, e che non si riesce a comprendere.

Tutto questo vorremmo rievocarlo in questi giorni in cui è andato in onda l’ennesimo film, in questo caso fiction, sulla vita di Leopardi, in cui si è messo in rilievo l’aspetto più ribelle e pop del poeta, bisognoso di amore, anticonvenzionale, affamato di vita. E fieramente in conflitto con l’autorità, prima di tutto quella paterna, e con le istituzioni, in primis, quella della Chiesa, quindi non credente, ateo, pessimista. Del resto, la fiction – sulla quale non vogliamo esprimere giudizi particolari, ma in generale non ci ha appassionati, com’era successo invece con il film “Il giovane favoloso”  di Mario Martone del 2014  -  inizia con una sequenza in cui un sacerdote si rifiuta di celebrare le esequie religiose per Leopardi, definito un senza Dio e per il fatto che, essendo scoppiata l’ennesima violenta epidemia di peste a Napoli, per decreto pubblico, il cadavere sarebbe dovuto essere portato in una fossa pubblica.

Ma esiste l’atto di morte di Leopardi, firmato dal parroco della Santissima Annunziata a Fonseca di Napoli: qui infatti si trovava la casa dove il poeta è morto il 14 giugno 1837. In cui si legge: "A 15 detto (cioè, giugno 1837, ndr), D. Giacomo Leopardi Conte, figlio di D.Monaldo e Adelaide Antici, di anni 38, munito dei SS. Sag.ti (santissimi sacramenti, ndr), morto a 14 d. sepolto idem [cioè, nel Camposanto del Colera] dom.to Vico Pero, n. 2". E il notaio Leonardo Anselmi, a sua volta, ha lasciato scritto: "Mi trovai in casa Ranieri il giorno della morte del Conte. Verso le quattro pomeridiane il Leopardi chiamò la sorella di Antonio Ranieri, la quale, vestitasi in fretta, uscì di casa e ritornò col parroco, il quale verso le sei pomeridiane gli porta il viatico. La morte avvenne alle otto o alle nove di sera. A tutto questo mi trovai presente e mi ritirai verso la mezzanotte". Commuove poi il pensiero che lascia la sorella Paolina: "Addio caro Giacomo, quando ci rivedremo in Paradiso?".

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Il sentimento religioso di Leopardi è tutto intessuto in quella tensione verso l’infinito, nella disperata ricerca di un senso dell’esistenza, nonostante che si sia proclamato incapace di credere nell’eternità. Non a caso monsignor Luigi Giussani, fondatore del movimento Comunione e Liberazione, lo citava spesso e lo ha incluso, tanto per fare un esempio, nel suo libro “Le mie letture”. Lo ha amato fin dai tempi degli studi liceali, Lo stesso Giussani rivelerà: "E fu tanta questa emozione (per Leopardi, ndr) che per un periodo della mia vita recitai brani delle sue poesie come ringraziamento alla Santa Comunione".

E il poco conosciuto legame con Maria Vergine viene testimoniato da poesie e preghiere a Lei rivolte. Il 23 novembre 1825  il poeta scrive in prosa una preghiera alla Madonna per la sorella Paolina : "A Maria. È vero che siamo tutti malvagi, ma non ne godiamo, siamo tanto infelici. È vero che questa vita e questi mali sono brevi e nulli, ma noi pure siam piccoli e ci riescono lunghissimi e insopportabili. Tu che sei già grande e sicura, abbi pietà di tante miserie". 

Leopardi, inoltre, lascia due preghiere dedicate alla Madonna. La prima è l’invocazione contenuta nel quinto canto del poemetto in terzine dantesche, Appressamento della morte, scritto nel dicembre 1816, a 18 anni: O Vergin Diva, se prosteso mai /caddi in membrarti, a questo mondo basso,/ se mai ti dissi Madre e se t’amai,/deh tu soccorri lo spirito lasso/quando de l’ore udrà l’ultimo suono,/deh tu m’aita ne l’orrendo passo”. Un’invocazione alla Madonna, ispirata da Dante,  perché si chini su di lui, nel momento difficile della morte, e che, chissà, forse sarà tornata in mente al poeta quando si stava preparando al “grande salto”  verso l’infinito.

Giacomo Leopardi, I canti, pp.288, euro 10, Oscar Mondadori