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Diplomazia pontificia, Parolin in Giordania. Verso l’incontro di Papa Francesco con i diplomatici

Il cardinale Parolin non ci sarà per la visita di Biden, perché sarà in Giordania come inviato speciale del Papa. Numeri, cifre, curiosità della diplomazia del Papa

Papa Francesco, corpo diplomatico | Papa Francesco in un passato incontro con i rappresentanti del Corpo Diplomatico | Vatican Media Papa Francesco, corpo diplomatico | Papa Francesco in un passato incontro con i rappresentanti del Corpo Diplomatico | Vatican Media

Dal 10 al 13 gennaio, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, sarà in Giordania, per una visita lunga che ha come centro la consacrazione della Chiesa del Battesimo di Gesù, e che però lo vedrà anche in vari incontri a livello locale.

Il segretario di Stato vaticano non ci sarà, dunque, per la visita di congedo del presidente statunitense Joe Biden, il cui incontro con Papa Francesco è previsto per il 10 gennaio. Ci sarà, invece, il 9 gennaio, per il consueto incontro di inizio anno di Papa Francesco con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

Papa Francesco dovrebbe affrontare vari temi, inclusa la crisi in Ucraina e in Medio Oriente, nel suo discorso. Il 27 dicembre 2024, il Papa ha assegnato un titolo nobiliare vaticano ad un suo amico russo, ed è una decisione da decifrare per comprendere quale sia il suo peso.

                                               FOCUS PAROLIN IN GIORDANIA

Il cardinale Parolin in Giordania

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Il cardinale Pietro Parolin è stato nominato da Papa Francesco come suo legato pontificio per la consacrazione della Chiesa del Battesimo di Gesù in Giordania. La notizia ufficiale è stata diffusa attraverso un bollettino della Sala Stampa della Santa Sede dello scorso 2 gennaio.

Benedetto XVI ha posato la prima pietra dell'attuale chiesa nel corso del suo pellegrinaggio in Terra Santa nel 2009. La chiesa, recentemente portata a termine, si trova in una zona un tempo minata, essendo adiacente al fiume Giordano, che segna il confine tra la Giordania e Israele/Palestina, Fu un gruppo di archeologici, alcuni dei quali italiani, guidati da p. Michele Piccirillo, noto archeologo francescano, a individuare il probabile luogo del battesimo di Gesù, attestato dal fatto che vi furono costruite in loco in epoca bizantina ben tre chiese, così come dalle testimonianze dei primi pellegrini, tra i quali Egeria nel IV secolo

Re Hussein di Giordania affidò poi ad alcune chiese cristiane dei terreni, sui quali sono state costruite diverse chiese. Quella latina, che verrà consacrata dal card. Parolin, è di proprietà del Patriarcato latino di Gerusalemme ed è stata costruita soprattutto con il contributo di alcuni benefattori, soprattutto giordani. Anche Papa Francesco ha visitato Maghtas nel suo viaggio in Terra Santa nel 2014. La chiesa è stata affidata ai padri dell'Istituto del Verbo Incarnato.

Il viaggio in Giordania, per il cardinale Parolin, sarà anche l’occasione per una serie di incontri istituzionali.

Il viaggio del Cardinale durerà dal 10 al 13 gennaioIl cardinale arriverà nella notte tra il 9 e il 10 gennaio, e la consacrazione della chiesa è prevista già la mattina del 10 gennaio, alle 11, con a seguito un ricevimento cui parteciperanno esponenti del governo, ambasciatori, membri della Chiesa locale.

L’11 gennaio, il Cardinale Parolin incontrerà il clero e i religiosi di Giordania e si pensa possa fare una visita a Caritas Giordania e al Catholic Relief Service, mentre nel pomeriggio incontrerà i rappresentanti delle Chiese cristiane e la sera sarà a colloquio con il ministro degli Esteri di Giordania Ayman Safadi e alcuni ambasciatori.
Domenica 12 gennaio è prevista l’udienza con re Abdallah di Giordania, la visita alla chiesa latina di Madaba e la Messa celebrata al santuario del monte Nebo con il Custode di Terrasanta Patton.

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                                               FOCUS INCONTRO DIPLOMATICI

Cifre e numeri della diplomazia pontificia

L’incontro con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede è l’occasione, per il Papa, di avere di fronte tutti quanti gli ambasciatori, residenti e non residenti, delle 184 nazioni che hanno piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede.

Solo 12 nazioni non ha piene relazioni diplomatiche, e in 8 di queste non c’è nemmeno un rappresentante. Il Vietnam potrebbe presto diventare il 185esimo stato con piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Il Vietnam è uno degli Stati che non ha piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede. A partire da metà degli anni Novanta, però, si è operato un progressivo avvicinamento, anche con un accordo per la nomina dei vescovi che ha mostrato di funzionare, e poi con lo stabilimento di una commissione congiunta che si è riunita alternativamente in Vietnam e presso la Santa Sede.

Dal 2022 la Santa Sede ha nominato una suo rappresentante residente, ultimo passo prima dell’avvio delle formali relazioni diplomatiche.

Tra gli otto Stati senaz invece alcuna rappresentanza diplomatica, spicca l’Afghanistan, dove dal ritorno dei talebani non c’è nemmeno una chiesa funzionante, considerando che quella che c’è era nell’ambasciata italiana poi evacuata e che anche i padri barnabiti che se ne prendevano cura hanno dovuto lasciare il Paese.

Altro Paese senza nemmeno un rappresentante della Santa Sede è l’Arabia Saudita. Tuttavia, la Snata Sede ha alcuni rapporti informali con Ryadh. Ha, per esempio, partecipato come Paese osservatore alla Costituzione del KAICIID (il centro per il dialogo interreligioso sponsorizzato dai sauditi, con sede a Vienna e ora a Lisbona) C’è stato anche un viaggio in Arabia Saudita del Cardinale Jean-Louis Tauran da presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, che riuscì persino a celebrare una Messa in un territorio considerato sacro per l’Islam.

Nemmeno la Cina ha alcuna relazione con la Santa Sede. La nunziatura di Cina è a Taipei, in Taiwan, dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma un incaricato d’affari da interim. C’è una missione diplomatica vaticana che risiede nella “missione di studio” ad Hong Kong, sebbene collegata formalmente alla missione della Santa Sede nelle Filippine. Nel 2016, l’Annuario pontificio recava per la prima volta, in nota, indirizzo e numero di telefono di questa missione ad Hong Kong. Dopo il rinnovo dell’accordo sino-vaticano, il Cardinale Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha fatto sapere che la Santa Sede sarebbe anche disposta a spostare la missione di studio a Pechino.

Non ci sono relazioni diplomatiche nemmeno con Corea del Nord, Bhutan, Maldive e Tuvalu, che comunque avrebbe un interesse ad aprirle.

La Santa Sede ha invece delegati apostolici nelle Comore e in Somalia in Africa, e in Brunei e Laos in Asia. In queste due ultime nazioni, Papa Francesco aveva anche avviato una particolare “diplomazia della porpora e dei martiri”: ha creato un cardinale in Brunei (deceduto improvvisamente lo scorso anno, senza mai vedersi imposta la porpora per l’impossibilità di viaggiare a causa della pandemia) e uno nel Laos, Paese da cui proviene anche uno dei gruppi di martiri beatificato nel corso del pontificato, che ha raggiunto quest’anno la soglia degli 80 anni.

Le missioni diplomatiche della Santa Sede

La Santa Sede ha attualmente 180 missioni diplomatiche all’estero, e di queste 73 non sono residenti. Ci sono dunque 106 missioni, alcune delle quali non accreditate solamente nella nazione in cui sono situate, ma anche in uno o più altre nazioni o organizzazioni internazionali.

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Il numero delle relazioni diplomatiche della Santa Sede è considerevolmente cresciuto negli ultimi anni. 

All’inizio del Pontificato di Giovanni Paolo II, la Santa Sede intratteneva relazioni diplomatiche con 84 Stati. Nel 2005, all’elezione di Benedetto XVI, erano 174. Con Benedetto XVI si sono aggiunti il Montenegro (2006), gli Emirati Arabi Uniti (2007), il Botswana (2008), la Russia (2009), la Malesia (2011) e il Sud Sudan (2013). Con Papa Francesco, si sono aggiunte Palestina nel 2015Mauritania nel 2016, Myanmar nel 2017 e Oman nel 2023.

Per tradizione, il nunzio apostolico è decano del corpo degli ambasciatori accreditati presso una nazione, segno del credito dell’importanza che ha la diplomazia pontifica nel mondo. Basti pensare che dal 1871 al 1929, ovvero dall’annessione degli Stati pontifici fino al Trattato lateranense, nonostante il Vaticano non avesse più un vero e proprio territorio, il numero degli Stati con relazioni diplomatiche presso la Santa Sede comunque quasi raddoppiò, passando da 16 a 27, e questo nonostante alcuni Paesi avessero smesso di intrattenere rapporti diplomatici con la Santa Sede.

Per questo motivo, la decisione del Nicaragua di non avere più il nunzio apostolico come decano del Corpo diplomatico è stata considerata un segno di rottura con la Chiesa. Il nunzio non è decano nemmeno in Repubblica Democratica del Congo, con una scelta fatta dal governo Mobutu per segnare una distanza dalla Santa Sede.

Ambasciatori presso la Santa Sede

Gli ambasciatori presso la Santa Sede residenti a Roma sono 91, inclusi quelli dell’Unione Europea e del Sovrano Ordine Militare di Malta. Le ultime ambasciate stabilite sono l’ambasciata svizzera e l’ambasciata azerbaijana presso la Santa Sede. L’ambasciata di Palestina presso la Santa Sede si è installata in seguito all’entrata in vigore dell’Accordo Globale tra la Santa Sede e dello Stato di Palestina del 26 giugno 2015, e nello stesso anno si erano aggiunte di Malesia e di Repubblica Democratica del Congo.

Tra le relazioni con sede a Roma, anche gli uffici della Lega degli Stati Arabi, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – la Santa Sede è stato membro dal 2011 - e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

Accordi e Concordati

Il 24 ottobre 2024, a Praga, Santa Sede e Repubblica Ceca hanno firmato un accordo. Si tratta dell’accordo numero 216, e rientra nell’ampia casistica di accordi o concordati che la Santa Sede sigla con le nazioni con cui ha rapporti bilaterali per definire meglio il ruolo e le competenze della Chiesa nello Stato.

Con l’accordo, lo Stato Ceco riconosce il diritto della Chiesa Cattolica di operare secondo le proprie regole, di autogovernarsi e di nominare liberamente i propri ministri di culto, e garantisce il diritto all’obiezione di coscienza sia nel contesto del servizio militare che in ambito sanitario.

Importante anche che l’Accordo tuteli “l’inviolabilità del sigillo sacramentale, senza condizioni o limitazioni, e del segreto analogo a quello confessionale degli operatori pastorali”. La Chiesa ha il diritto di istituire centri educativi e caritativi e di fornire assistenza spirituale e cura pastorale alle persone ospitate in strutture di assistenza sociale, sanitarie e penitenziarie, e sarà facilitata la cura per i membri delle forze armate e di polizia.

L’accordo deve essere ancora ratificato da Papa Francesco e dal Parlamento della Repubblica Ceca. Tuttavia, c’è molto ottimismo, dopo che un altro accordo era invece naufragato negli anni passati.

 

Per quanto riguarda accordi e concordati, si contano 261 accordi bilaterali della Santa Sede. Tra questi, alcuni sono modifiche di accordi, mentre altri sono accordi ancora in vigore. In tutto, secondo una relazione, ci sono 216 concordati e accordi tra la Santa Sede e 74 nazioni, e di questi 155 accordi sono stipulati con 25 nazioni europee.

                                               FOCUS MESSAGGIO PER LA PACE

La campagna della Chiesa per la cancellazione del debito estero

Tra i cardinali affacciatisi con Papa Francesco dalla Loggia delle Benedizioni per l’urbi et orbi di Natale, c’era il Cardinale Silvano Maria Tomasi. Tomasi era lì perché “patrono” – anche se il termine non è appropriato – della campagna per la cancellazione del debito dei Paesi poveri, che viene portata avanti da Jubilee USA Network, organizzazione statunitense che si è costituita dopo l’appello per la cancellazione del debito lanciato da Giovanni Paolo II nel corso del Giubileo del 2000.

La campagna per la cancellazione del debito è stata rilanciata sia nella bolla di indizione del Giubileo Spes Non Confundit, sia nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, sul tema “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”.

Il tema viene rilanciato anche perché, nell’attuale contingenza internazionale, in tanti Paesi dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia la questione del debito pubblico è riesplosa in maniera molto dura.  

Secondo alcuni dati rielaborati dall’Unctad – l’agenzia dell’Onu per il commercio e lo sviluppo – a fine 2023 il debito pubblico ha raggiunto a livello globale la cifra (record) di circa 97 mila miliardi di dollari. Di questi, però, oltre 33 mila miliardi di dollari sono debito Usa. L’intero debito pubblico italiano supera i 3 mila miliardi di dollari. Quello di tutti i Paesi dell’Africa considerati nel loro insieme supera di poco i 2 mila miliardi di dollari.

Il debito dei Paesi poveri, sebbene proporzionalmente più piccolo, consiste in maggior fragilità, perché le condizioni sono diverse, e gli interessi sono diverse. Per esempio, i Paesi africani, per gli interessi sul loro debito, pagano attualmente 163 miliardi di dollari l’anno, contro i 61 che pagavano nel 2010.

Guardando in termini di popolazione, ci sono oltre 3,3 miliardi di persone, distribuite in Africa, America Latina ed Asia, che vivono oggi vivono in Paesi che sono costretti a spendere più soldi per ripagare gli interessi sui debiti da loro contratti che per finanziare la sanità o l’istruzione. Nella metà dei Paesi in via di sviluppo, oltre il 6,3% di tutte le entrate generate dalle esportazioni sono destinate a ripagare i creditori.

La situazione si è aggravata con la pandemia. Papa Francesco ha anche invitato a immaginare "una nuova architettura finanziaria internazionale, che sia audace e creativa". Per far sì che il peso delle crisi di domani non finisca di nuovo per scaricarsi sulle spalle dei poveri.

Anche questo, non è un tema nuovo. Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace aveva redatto una nota nel 2011, intitolata “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale
nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale
”. L’idea dell’autorità era stata lanciata per la prima volta da Giovanni XXIII nella Pacem in Terris, mentre si è parlato a più riprese anche di una riforma della rappresentatività dei Paesi più poveri – riforma che la Snata Sede appoggia, come si legge anche nell’enciclica Caritas In Veritate.

                                                           FOCUS NOTIZIE

Papa Francesco dà un titolo nobiliare al suo amico russo

Lo scorso 27 dicembre, Papa Francesco ha conferito a Leonid Sevastyanos e sua moglie Svetlana un titolo nobiliare vaticano – cioè, il diritto a fregiarsi del riconoscimento di “nobiltà” da parte della Santa Sede. La motivazione dell’onorificenza cita “meriti nel promuovere la pace e la fede cristiana”:

Sevastyanos. Presidente dell’Unione dei Vecchi Credenti, è noto per le sue lunghe conversazioni con Papa Francesco al termine delle quali ha fornito anche lunghe esternazioni facendosi interprete del pensiero del Papa riguardo la guerra in Ucraina.

La concessione di un titolo è cosa assai rara: Giovanni Paolo II ne conferì due, Benedetto XVI non ne diede, Paolo VI una decina.

La decisione del Papa di conferire un titolo nobiliare a Sevastyanos potrebbe essere letto come un appoggio di alcune posizioni russe, e questo nonostante Papa Francesco non dia sostanziale importanza formale al conferimento di questi titoli.

Il Cardinale Parolin ad Orvieto per la Messa per la Pace

Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha celebrato ad Orvieto la Messa per la pace l’1 gennaio 2024. Dopo aver celebrato la Messa presieduta da Papa Francesco, dunque, il Cardinale si è recato ad Orvieto, accolto dal vescovo di Orvieto-Todi Gualtiero Sigismondi e da Georges Poulides, ambasciatore di Cipro presso la Santa Sede e decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

La Messa per la Pace viene organizzata a Orvieto da ormai 30 anni, e si celebra l’1 gennaio, giorno che Paolo VI proclamò come “Giornata Mondiale per la Pace. San Paolo VI proclamò la Giornata l’8 dicembre 1967, e la celebrò la prima volta l’1 gennaio 1968, quattro anni dopo la sua storica visita “fuori porta” alla città di Orvieto, per l’anniversario della Bolla Transiturus. In quell’occasione lo stesso Pontefice lanciò alla Città e al Mondo il “Messaggio di Orvieto”, nel quale affidava alla Città del Corpus Domini il compito di pregare costantemente per la pace.

Nell’omelia, il Cardinale Parolin ha ricordato che “la pace è Gesù”, il quale “ci dona la sua pace, ma non come la dà il mondo. Il cardinale ha poi sottolineato che “nel Messaggio per questa 58ª Giornata Mondiale della Pace, Papa Francesco raccomanda ai responsabili delle nazioni tre azioni: il condono del debito internazionale, l’abolizione della pena di morte e la costituzione di un fondo mondiale che elimini definitivamente la fame”.

Il cardinale Parolin era a Orvieto per la seconda volta da Segretario di Stato vaticano. La prima volta vi era stato in occasione del Corpus Domini per il Giubileo Eucaristico del 2014.

La conferenza annuale dell’Associazione dei Cavalieri e Medaglieri Papali in Nigeria

L'Associazione dei Cavalieri e dei Medaglieri Papali in Nigeria (APKMN) ha tenuto la sua 16a Conferenza Nazionale Annuale dal 14 al 17 novembre 2024, riunendo membri dell'associazione provenienti da tutte le nove province ecclesiastiche (Abuja, Benin, Calabar, Ibadan, Jos, Kaduna, Lagos, Onitsha e Owerri) e vari rappresentanti ecclesiastici, tra cui l’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu, già nunzio papale e attualmente segretario della Sezione della Prima Evangelizzazione del Dicastero per l’Evangelizzazione.

La conferenza ha visto anche l’intervento di Fabio Maximo Cassani Pironti, conte di Giraldeli, officiale della Segreteria di Stato del Vaticano. Quesiti ha parlato di "Il ruolo delle onorificenze papali nell'evangelizzazione della Chiesa cattolica in Nigeria".