Il numero delle relazioni diplomatiche della Santa Sede è considerevolmente cresciuto negli ultimi anni.
All’inizio del Pontificato di Giovanni Paolo II, la Santa Sede intratteneva relazioni diplomatiche con 84 Stati. Nel 2005, all’elezione di Benedetto XVI, erano 174. Con Benedetto XVI si sono aggiunti il Montenegro (2006), gli Emirati Arabi Uniti (2007), il Botswana (2008), la Russia (2009), la Malesia (2011) e il Sud Sudan (2013). Con Papa Francesco, si sono aggiunte Palestina nel 2015, Mauritania nel 2016, Myanmar nel 2017 e Oman nel 2023.
Per tradizione, il nunzio apostolico è decano del corpo degli ambasciatori accreditati presso una nazione, segno del credito dell’importanza che ha la diplomazia pontifica nel mondo. Basti pensare che dal 1871 al 1929, ovvero dall’annessione degli Stati pontifici fino al Trattato lateranense, nonostante il Vaticano non avesse più un vero e proprio territorio, il numero degli Stati con relazioni diplomatiche presso la Santa Sede comunque quasi raddoppiò, passando da 16 a 27, e questo nonostante alcuni Paesi avessero smesso di intrattenere rapporti diplomatici con la Santa Sede.
Per questo motivo, la decisione del Nicaragua di non avere più il nunzio apostolico come decano del Corpo diplomatico è stata considerata un segno di rottura con la Chiesa. Il nunzio non è decano nemmeno in Repubblica Democratica del Congo, con una scelta fatta dal governo Mobutu per segnare una distanza dalla Santa Sede.
Ambasciatori presso la Santa Sede
Gli ambasciatori presso la Santa Sede residenti a Roma sono 91, inclusi quelli dell’Unione Europea e del Sovrano Ordine Militare di Malta. Le ultime ambasciate stabilite sono l’ambasciata svizzera e l’ambasciata azerbaijana presso la Santa Sede. L’ambasciata di Palestina presso la Santa Sede si è installata in seguito all’entrata in vigore dell’Accordo Globale tra la Santa Sede e dello Stato di Palestina del 26 giugno 2015, e nello stesso anno si erano aggiunte di Malesia e di Repubblica Democratica del Congo.
Tra le relazioni con sede a Roma, anche gli uffici della Lega degli Stati Arabi, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – la Santa Sede è stato membro dal 2011 - e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Accordi e Concordati
Il 24 ottobre 2024, a Praga, Santa Sede e Repubblica Ceca hanno firmato un accordo. Si tratta dell’accordo numero 216, e rientra nell’ampia casistica di accordi o concordati che la Santa Sede sigla con le nazioni con cui ha rapporti bilaterali per definire meglio il ruolo e le competenze della Chiesa nello Stato.
Con l’accordo, lo Stato Ceco riconosce il diritto della Chiesa Cattolica di operare secondo le proprie regole, di autogovernarsi e di nominare liberamente i propri ministri di culto, e garantisce il diritto all’obiezione di coscienza sia nel contesto del servizio militare che in ambito sanitario.
Importante anche che l’Accordo tuteli “l’inviolabilità del sigillo sacramentale, senza condizioni o limitazioni, e del segreto analogo a quello confessionale degli operatori pastorali”. La Chiesa ha il diritto di istituire centri educativi e caritativi e di fornire assistenza spirituale e cura pastorale alle persone ospitate in strutture di assistenza sociale, sanitarie e penitenziarie, e sarà facilitata la cura per i membri delle forze armate e di polizia.
L’accordo deve essere ancora ratificato da Papa Francesco e dal Parlamento della Repubblica Ceca. Tuttavia, c’è molto ottimismo, dopo che un altro accordo era invece naufragato negli anni passati.
Per quanto riguarda accordi e concordati, si contano 261 accordi bilaterali della Santa Sede. Tra questi, alcuni sono modifiche di accordi, mentre altri sono accordi ancora in vigore. In tutto, secondo una relazione, ci sono 216 concordati e accordi tra la Santa Sede e 74 nazioni, e di questi 155 accordi sono stipulati con 25 nazioni europee.
FOCUS MESSAGGIO PER LA PACE
La campagna della Chiesa per la cancellazione del debito estero
Tra i cardinali affacciatisi con Papa Francesco dalla Loggia delle Benedizioni per l’urbi et orbi di Natale, c’era il Cardinale Silvano Maria Tomasi. Tomasi era lì perché “patrono” – anche se il termine non è appropriato – della campagna per la cancellazione del debito dei Paesi poveri, che viene portata avanti da Jubilee USA Network, organizzazione statunitense che si è costituita dopo l’appello per la cancellazione del debito lanciato da Giovanni Paolo II nel corso del Giubileo del 2000.
La campagna per la cancellazione del debito è stata rilanciata sia nella bolla di indizione del Giubileo Spes Non Confundit, sia nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, sul tema “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”.
Il tema viene rilanciato anche perché, nell’attuale contingenza internazionale, in tanti Paesi dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia la questione del debito pubblico è riesplosa in maniera molto dura.
Secondo alcuni dati rielaborati dall’Unctad – l’agenzia dell’Onu per il commercio e lo sviluppo – a fine 2023 il debito pubblico ha raggiunto a livello globale la cifra (record) di circa 97 mila miliardi di dollari. Di questi, però, oltre 33 mila miliardi di dollari sono debito Usa. L’intero debito pubblico italiano supera i 3 mila miliardi di dollari. Quello di tutti i Paesi dell’Africa considerati nel loro insieme supera di poco i 2 mila miliardi di dollari.
Il debito dei Paesi poveri, sebbene proporzionalmente più piccolo, consiste in maggior fragilità, perché le condizioni sono diverse, e gli interessi sono diverse. Per esempio, i Paesi africani, per gli interessi sul loro debito, pagano attualmente 163 miliardi di dollari l’anno, contro i 61 che pagavano nel 2010.
Guardando in termini di popolazione, ci sono oltre 3,3 miliardi di persone, distribuite in Africa, America Latina ed Asia, che vivono oggi vivono in Paesi che sono costretti a spendere più soldi per ripagare gli interessi sui debiti da loro contratti che per finanziare la sanità o l’istruzione. Nella metà dei Paesi in via di sviluppo, oltre il 6,3% di tutte le entrate generate dalle esportazioni sono destinate a ripagare i creditori.
La situazione si è aggravata con la pandemia. Papa Francesco ha anche invitato a immaginare "una nuova architettura finanziaria internazionale, che sia audace e creativa". Per far sì che il peso delle crisi di domani non finisca di nuovo per scaricarsi sulle spalle dei poveri.
Anche questo, non è un tema nuovo. Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace aveva redatto una nota nel 2011, intitolata “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale
nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale”. L’idea dell’autorità era stata lanciata per la prima volta da Giovanni XXIII nella Pacem in Terris, mentre si è parlato a più riprese anche di una riforma della rappresentatività dei Paesi più poveri – riforma che la Snata Sede appoggia, come si legge anche nell’enciclica Caritas In Veritate.
FOCUS NOTIZIE
Papa Francesco dà un titolo nobiliare al suo amico russo
Lo scorso 27 dicembre, Papa Francesco ha conferito a Leonid Sevastyanos e sua moglie Svetlana un titolo nobiliare vaticano – cioè, il diritto a fregiarsi del riconoscimento di “nobiltà” da parte della Santa Sede. La motivazione dell’onorificenza cita “meriti nel promuovere la pace e la fede cristiana”:
Sevastyanos. Presidente dell’Unione dei Vecchi Credenti, è noto per le sue lunghe conversazioni con Papa Francesco al termine delle quali ha fornito anche lunghe esternazioni facendosi interprete del pensiero del Papa riguardo la guerra in Ucraina.
La concessione di un titolo è cosa assai rara: Giovanni Paolo II ne conferì due, Benedetto XVI non ne diede, Paolo VI una decina.
La decisione del Papa di conferire un titolo nobiliare a Sevastyanos potrebbe essere letto come un appoggio di alcune posizioni russe, e questo nonostante Papa Francesco non dia sostanziale importanza formale al conferimento di questi titoli.
Il Cardinale Parolin ad Orvieto per la Messa per la Pace
Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha celebrato ad Orvieto la Messa per la pace l’1 gennaio 2024. Dopo aver celebrato la Messa presieduta da Papa Francesco, dunque, il Cardinale si è recato ad Orvieto, accolto dal vescovo di Orvieto-Todi Gualtiero Sigismondi e da Georges Poulides, ambasciatore di Cipro presso la Santa Sede e decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
La Messa per la Pace viene organizzata a Orvieto da ormai 30 anni, e si celebra l’1 gennaio, giorno che Paolo VI proclamò come “Giornata Mondiale per la Pace. San Paolo VI proclamò la Giornata l’8 dicembre 1967, e la celebrò la prima volta l’1 gennaio 1968, quattro anni dopo la sua storica visita “fuori porta” alla città di Orvieto, per l’anniversario della Bolla Transiturus. In quell’occasione lo stesso Pontefice lanciò alla Città e al Mondo il “Messaggio di Orvieto”, nel quale affidava alla Città del Corpus Domini il compito di pregare costantemente per la pace.
Nell’omelia, il Cardinale Parolin ha ricordato che “la pace è Gesù”, il quale “ci dona la sua pace, ma non come la dà il mondo. Il cardinale ha poi sottolineato che “nel Messaggio per questa 58ª Giornata Mondiale della Pace, Papa Francesco raccomanda ai responsabili delle nazioni tre azioni: il condono del debito internazionale, l’abolizione della pena di morte e la costituzione di un fondo mondiale che elimini definitivamente la fame”.
Il cardinale Parolin era a Orvieto per la seconda volta da Segretario di Stato vaticano. La prima volta vi era stato in occasione del Corpus Domini per il Giubileo Eucaristico del 2014.
La conferenza annuale dell’Associazione dei Cavalieri e Medaglieri Papali in Nigeria
L'Associazione dei Cavalieri e dei Medaglieri Papali in Nigeria (APKMN) ha tenuto la sua 16a Conferenza Nazionale Annuale dal 14 al 17 novembre 2024, riunendo membri dell'associazione provenienti da tutte le nove province ecclesiastiche (Abuja, Benin, Calabar, Ibadan, Jos, Kaduna, Lagos, Onitsha e Owerri) e vari rappresentanti ecclesiastici, tra cui l’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu, già nunzio papale e attualmente segretario della Sezione della Prima Evangelizzazione del Dicastero per l’Evangelizzazione.
La conferenza ha visto anche l’intervento di Fabio Maximo Cassani Pironti, conte di Giraldeli, officiale della Segreteria di Stato del Vaticano. Quesiti ha parlato di "Il ruolo delle onorificenze papali nell'evangelizzazione della Chiesa cattolica in Nigeria".