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Da Tallin un messaggio di speranza per l’Europa

“Da molti anni la comunità ecumenica di Taizé guida il pellegrinaggio di fiducia sulla Terra"

Taizè |  | Taizè | |

“Da molti anni la comunità ecumenica di Taizé guida il pellegrinaggio di fiducia sulla Terra, un filo
ininterrotto di incontri in molti Paesi che si è fermato più volte in Francia. Così, su iniziativa
dell’Arcivescovo di Parigi e su invito delle Chiese cristiane di Parigi e della sua regione, il prossimo
incontro europeo dei giovani si svolgerà nella capitale francese dal 28 dicembre 2025 al 1° gennaio
2026”: questo annuncio è stato dato al termine dell’incontro europeo dei giovani, svoltosi a Tallin,
in Estonia, a fine dicembre, in un comunicato congiunto dal metropolita Dimitrios, presidente dei
vescovi ortodossi francesi, dal pastore Christian Krieger, presidente della federazione protestante
francese, e da mons. Éric de Moulins-Beaufort, presidente della conferenza episcopale francese.

Nell’annuncio i co-presidenti del Consiglio delle Chiese Cristiane di Francia, hanno dato il loro
‘pieno’ sostegno a questa scelta della comunità di Taizé, che nei mesi precedenti hanno effettuato
diversi incontri per pianificare l’incontro annuale, invitando i giovani nella capitale francese:
“Questo incontro sarà una grande opportunità per incontrarci in uno spirito di preghiera e di
fraternità, di condivisione e di celebrazione, e per stabilire così una testimonianza cristiana di unità
nel cuore di un mondo attraversato da tante tragedie e crisi. E’ a nome delle Chiese cristiane
presenti in Francia che noi, leader cattolici, ortodossi e protestanti, vi invitiamo a venire a Parigi. In
effetti, anche noi parliamo con una sola voce”.

Nel messaggio conclusivo hanno richiamato la lettera di frére Matthew, che è stato il filo conduttore
dell’incontro appena terminato, per ‘sperare oltre ogni speranza’: “E crediamo che questo incontro a
Parigi ci permetterà di sperimentare in modo molto concreto come l’ospitalità condivisa sia un
segno bello e vero di speranza. Cari giovani, ne siamo convinti: sarete accolti con calore dai
credenti delle nostre rispettive comunità cristiane, e anche dalle persone di buona volontà che
decideranno di aprirvi le loro porte… E fino ad allora, la nostra comunione fraterna ci rafforzi
reciprocamente per un migliore servizio a Dio e ai nostri fratelli e sorelle in Cristo, al servizio
dell'annuncio del Vangelo in un mondo che ha tanto bisogno di speranza”.

Infatti nell’ultima meditazione frére Matthew ha ringraziato i giovani per le loro testimonianze di
comunione con l’invito a condividere nei propri Paesi di origine ciò che hanno vissuto in questi
giorni: “Ciò che avete condiviso insieme vi preparerà per il viaggio di ritorno, perché sebbene ciò
che viviamo in questi giorni qui a Tallinn sia importante, il suo valore aumenta quando influenza la
nostra vita quotidiana”.

La sfida è quella di testimoniare Dio, che è speranza, nel mondo: “La sfida per tutti noi è come
discernere la presenza di Dio nel mezzo delle nostre lotte. Pur provenendo da situazioni molto
diverse, come possiamo restare persone di speranza? Nella lingua kikuyu dell’Africa orientale, uno
degli attributi di Dio è che Egli è ‘degno di speranza’, il Dio in cui possiamo riporre la nostra
speranza”.

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Tale speranza si concretizza nella resurrezione di Cristo: “Ciò si manifesta soprattutto nella vita,
morte e risurrezione di Gesù. Eppure Gesù ha veramente sperimentato la durezza dell’esistenza
umana e perfino la morte. Non è scappato da lei. Perché la nostra speranza cresca veramente,
significa che dobbiamo affrontare la realtà così com'è, ma vederla alla luce delle promesse di Dio.

Niente, nemmeno la morte, può separarci dall’amore fedele di Dio”.
Dopo essere risorto Gesù ha invitato i discepoli ad andare in Galilea, che anche oggi è inizio per
testimoniare Gesù nel mondo contemporaneo: “Gesù li precede in Galilea, dove ha avuto inizio il
Vangelo. Ciò suggerisce un nuovo inizio, ma anche un ritorno alle origini. Ma le donne fuggono dal
sepolcro, prese dal terrore e dallo stupore. Questo è il motivo per cui, ci viene detto, non lo hanno
detto a nessuno…

In questi giorni, provenienti da contesti, Paesi, Chiese ed epoche diverse, non abbiamo sperimentato un segno della speranza che ci promette la fiducia in Cristo risorto? Poiché Cristo è la nostra pace e ci dona questa pace, da pellegrini di speranza diventiamo anche pellegrini di pace”.
L’incontro è concluso con l’invito alla preghiera: “La pace senza giustizia non è vera pace, ma
esiste anche una libertà interiore che deriva dalla fiducia più semplice, che chiamiamo fede. Mentre
lottiamo per una pace giusta ovunque viviamo, faremo tutto ciò che è in nostro potere per rimanere
liberi dentro di noi? Ogni venerdì a Taizé preghiamo in silenzio per la pace nel nostro mondo.
Potremmo non avere le risposte che desideriamo, ma stare alla presenza di Dio può far sorgere in
noi intuizioni. Alcune di queste intuizioni, condividendole con gli altri, ci porteranno forse ad
agire”.

Un invito all’azione come ha fatto Gesù in quanto commosso dalla folla che lo seguiva: “La sua
emozione si tradurrà in un’azione gentile ed efficace. Per prima cosa guarì i malati tra la folla. Ma
la notte comincia a calare. I suoi amici vogliono mandare via la folla in cerca di cibo. Gesù, invece
di essere d’accordo con loro, chiede ai suoi amici di guardare quello che già hanno. Trovarono
cinque pani e due pesci, il che sembrò insufficiente data la grandezza del compito.

Ringrazia per quel poco che hanno trovato, spezza il pane e gli amici distribuiscono il cibo alla
folla. E ciò che resta va oltre i loro bisogni. Gesù rifiuta di rassegnarsi ad una situazione che sembra
impossibile. Il pasto che segue è un assaggio di ciò che avverrà in pieno nel futuro di Dio. La nostra
fame e sete saranno soddisfatte ad ogni livello”.

Frère Matthew ha invitato i giovani ad avere fiducia in Gesù ed ad agire nello stesso modo: “Questa
storia può plasmare la nostra speranza che, come è scritto nella Lettera, diventa ‘come l’ancora di
una barca’. Ci tiene stretti quando infuria la tempesta. Ci permette di sperimentare piccoli segni
della nostra fedeltà alla chiamata che abbiamo ricevuto e alle persone che ci sono state affidate”.
Ciò che è stato ascoltato e vissuto nella capitale estone è possibile vivere anche nelle proprie
comunità locali: “Inizi a pensare al tuo ritorno a casa. Quanto poco avete da offrire a Gesù affinché
la speranza fiorisca nelle vostre comunità locali, nelle vostre Chiese e cappellanie? I segni più
piccoli significano molto. Il profeta Geremia aveva acquistato un campo nella sua città, nonostante
la minaccia della sua distruzione. Segni di speranza danno coraggio a tutti, speranza per la famiglia
umana, speranza per la buona creazione di Dio”.

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Il racconto è proseguito con la sua visita natalizia in Libano: “Ho trascorso la settimana scorsa in
Libano. Con uno dei miei fratelli di quel Paese abbiamo visitato i cristiani in diversi luoghi per
festeggiare con loro il Natale. Sapete che il Medio Oriente è attualmente dilaniato dalla guerra.
Abbiamo tanti amici lì e la nostra visita è stata un piccolo segno di solidarietà nei loro confronti”.
Quindi ha raccontato l’accoglienza offerta dal popolo libanese: “La generosità dell’accoglienza in
un Paese dove c’è stata tanta distruzione mi ha tolto il fiato. In molte parti del Paese gli edifici sono
in rovina, ma le persone stanno dimostrando un’incredibile resilienza. Questa resilienza è un modo
per resistere alla violenza che è stata scatenata. C’è tanta incertezza oggi. La guerra potrebbe
tornare. Nonostante ciò, le persone che abbiamo incontrato hanno condiviso la gioia del Natale. La
loro fede è la luce che splende nelle tenebre”.

Ma nonostante la guerra i giovani libanesi non hanno perso la speranza: “Abbiamo anche incontrato
uno sceicco musulmano nel sud del Paese. La sua casa è stata distrutta e alcuni villaggi vicini sono
ancora inaccessibili. Le bombe cadevano ancora quando seppellì anche i morti cristiani aspettando
che il sacerdote venisse a compiere i riti necessari.

Quando ho parlato con i giovani libanesi durante i recenti bombardamenti, ho potuto percepire la
loro speranza per un futuro di pace e giustizia. Il loro coraggio era palpabile, anche se la disperazione non era lontana… Questo è quello che ho sentito molto forte ascoltando questi giovani. Gli incontri della scorsa settimana hanno confermato ciò che avevo sentito in precedenza”. Però l’invito del priore di Taizè è stato quello di non scoraggiarsi: “Gesù stesso è nato nella povertà, in un tempo in cui nulla era chiaro nel paese in cui avrebbe vissuto. Anche noi possiamo trovarci in situazioni in cui non vediamo la strada da seguire. Potremmo sentirci arrabbiati e impotenti riguardo a certe realtà, ma questo può spingerci all’azione?.. I gesti più semplici possono diventare indicatori del nostro desiderio di speranza”.

A tale meditazione è seguita la testimonianza di Marta ed Andriana, provenienti da Leopoli:
“Sarò sincero, non è sempre facile mantenere la speranza quando vediamo questa ingiustizia che
dura da così tanto tempo… Ma ciò che ci aiuta a non perderla è la fede. Crediamo che ciò che non è
possibile per gli esseri umani sia possibile per Dio. C’è sempre l’alba dopo una notte buia.
Crediamo che Lui sia sempre con chi soffre e che senta anche il nostro dolore. Sappiamo anche che
Egli non ci lascia soli in questa difficile situazione”.

Mentre Marta ha chiesto di intensificare la preghiera: “Pregate per tutte le persone che hanno perso
la vita a causa di questa guerra crudele e ingiusta, che hanno perso i loro cari e le loro case, per i
nostri soldati che ci proteggono ogni giorno a rischio della loro vita. Possa ogni famiglia ritrovarli
sani e salvi a casa. Per tutti coloro che sono stati catturati, feriti, dispersi, che provano dolore fisico
o mentale, sofferenti e bisognosi. Grazie per le vostre preghiere, le sentiamo tutti!”.

Le meditazioni di questo incontro europeo si sono basate sulla lettera scritta dal priore di Taizé,
‘Sperare oltre la speranza’: “In un tempo in cui è facile lasciarsi scoraggiare da ciò che vediamo nel
mondo e nella società, siamo disposti ad ascoltarci gli uni gli altri e a scoprire cosa è stato
depositato gli uni nei cuori degli altri? Per scrivere questa lettera ho passato molto tempo ad
ascoltare i giovani che vivono in zone di guerra. Sono rimasto colpito dal loro coraggio e dalla loro
resistenza. Molti dei miei interlocutori mi hanno raccontato l’importanza della loro fede di fronte
alla dura realtà della loro esistenza”.

Perciò la riflessione si è concentrata sulla preghiera del Magnificat, in cui la Madre di Dio si trova
ad affrontare una situazione, in cui è chiesto di dare una risposta: “Vivendo in un paese occupato,
capì l’importanza della fede in Dio e seppe dire ‘sì’ a ciò che Dio le chiedeva. Va a trovare sua
cugina Elisabeth, anche lei in attesa di un parto improbabile. Come Maria, ognuno di noi ha bisogno
di persone come Elisabetta che confermino ciò che abbiamo capito che Dio ci chiedeva, ma non
abbiamo osato credere”.

La Sua risposta è conseguenza di una ‘visione’ della realtà, che permette di vivere la speranza: “La
conferma della cugina suscita in Maria il suo canto di lode. Vede che Dio esalterà gli umili e che i
potenti saranno rovesciati dai loro troni. La sua visione è quella di un mondo che, sotto il segno
dell’amore misericordioso di Dio, sia un mondo di giustizia e di pace dove a nessuno manca nulla.
Quando sento queste parole, qualcosa in me osa credere che le situazioni possano cambiare e la mia speranza rinasce”.

Un’ultima sottolineatura; le decorazioni della pista di pattinaggio di Tondiraba, luogo delle
preghiere serali, sono state ispirate dal lavoro dell’artista estone Anu Raud: “I formati e i motivi
utilizzati per la decorazione ci immergono nell’inverno e nel freddo, riunendo diversi elementi della
campagna e della cultura estone. Al centro di tutto c’è una scena semplice: la nascita di Gesù. Nel
freddo e nella neve, una casa calda, una mangiatoia accogliente. La culla diventa il centro che ci
riunisce per una preghiera comune, il calore che ci avvolge nel cuore dell’inverno. Siamo nel bel
mezzo dei giorni bui di novembre in Estonia, e stiamo aspettando la luce, stiamo aspettando la
nascita di un re, la nascita di Gesù”.