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Letture, i "folli di Dio" nella letteratura russa come esempio per la contemporaneità

Nikolaj Leskov e il suo “Il viaggiatore incantato”

La copertina del libro |  | Neri Pozza La copertina del libro | | Neri Pozza

La steppa è infinita, come il cielo che la sovrasta e infinite sono le storie che si sono sempre incrociate lungo le strade non tracciate, tra le carovane, i pastori, le mandrie, i nomadi. E i “folli di Dio”, vagabondi che errano senza requie, di monastero in monastero e parlano di Dio in modo stravagante e toccante. E’ un mondo che è quasi scomparso, o comunque poco visibile, ma continua a incantare. Ecco perché mai titolo è stato più coerente con quello del romanzo di Nikolaj Leskov, “Il viaggiatore incantato”, che ora viene riproposto dall’editore Neri Pozza, nella nuova traduzione di Verdiana Neglia e con una efficace introduzione di Paolo Nori.

In breve si tratta delle storie, al limite dell’incredibile, del fantastico, capitate ad un viaggiatore incontrato nelle sterminate regioni della Russia di metà Ottocento. Un uomo che tenta di sfuggire al destino che è stato decretato per lui, ossia diventare un uomo di Dio, un monaco che deve vagare, mendicare, predicare e pregare. Lui non ci crede, a questo destino, o meglio non vuole adattarsi a quanto viene rivelato (in sogno e con continui richiami dal Cielo) e la sua follia lo spinge a rischiare la vita nei modi più straordinari possibile. Eppure questa follia – e i suoi numerosi peccati scandalosi – solo apparentemente lo allontanano dalla via che conduce a Dio. “Il protagonista del Viaggiatore incantato, Ivan Sever’janyc Fljagin, ne ha fatte tante, nella sua vita”, scrive infatti Paolo Nori nella sua prefazione, “ma, a leggere la sua confessione, se così si può dire, viene anche da essere d’accordo con Benjamin: è, a modo suo, un giusto, e sicuramente un uomo semplice e attivo ed è anche, forse, una specie di santo”.

Il folle di Dio, lo jurodiyvi, è una figura-chiave del folklore russo, e della sua grande letteratura, l’uomo in grado di rivelare  le verità più profonde, o più terribili; è l’innocente per eccellenza, colui che, proprio perché privo di ragione ma dotato della ragionevolezza  del cuore, non solo può cogliere  ciò che si cela agli occhi dei “sapienti”, dei prudenti e dei potenti, ma arriva a comprendere le logiche divine, le vie che non sono le nostre. Non a caso il romanzo di Leskov termine proprio con questa considerazione, rispetto al protagonista: “Aveva raccontato la storia del suo passato con tutto il candore della sua anima semplice, e le sue profezie rimanevano nelle mani di Colui che nasconde il destino ai saggi e ai prudenti e solo a volte lo rivela ai bambini”.

Qualche legame esiste con un altro mito della letteratura russa, quel Pellegrino errante protagonista di uno dei più suggestivi e diffusi  testi ascetici, anche lui un viandante, un mendicante, un  mistico e protagonista di mille avventure ma non sprovveduto, il Pellegrino si mostra come pazzo per meglio praticare quell’invocazione continua, giorno e notte, a Cristo. È un sapiente, nelle preghiera intesse continuamente riferimenti ai libri sacri e San Paolo.

Va ricordato poi che la stoltezza in Cristo (in russo, appunto,  jurodstvo) è una particolare forma di ascetismo presente nella quotidianità della Chiesa ortodossa.  Gli stolti, o folli in Cristo, sono asceti o monaci russi che abbandonano la sapienza umana per scegliere la "sapienza del cuore". E per la verità, nonostante tutto, ancora oggi ci sono dei folli in Cristo che si aggirano per le città e le campagne vestiti di stracci, mortificando il corpo attraverso digiuni e  lunghe veglie e dormendo all'aperto o nelle case di chi offre loro ospitalità.  Una realtà che decisamente si tende a dimenticare, pensando alla Russia contemporanea.   Il loro comportamento si differenzia  a seconda delle situazioni: in mezzo alla folla simulano pazzia e non esitano a insultare   chiunque, senza fare differenze tra ricchi, poveri, socialmente importanti, mentre in privato sono calmi e assennati e offrono aiuto e consigli a chi si rivolge loro. Ritenuti  capaci di miracoli e di prevedere il futuro, sono trattati con il più profondo rispetto e molto spesso venerati già in vita. Accadeva ai tempi del Viaggiatore incantato e, sia pure in forma più ridotta, continua ad accadere.

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Leskov, nato nel 1831 nel governatorato di Orel, per lavoro girerà la Russia intera, soprattutto quella più “profonda” e sconosciuta, accumulando un bagaglio di incontri, esperienze, storie che poi trasfonderà nei suoi racconti, il più famoso e conosciuto dei quali è proprio Il viaggiatore incantato, grazie anche ad una capacità descrittiva ed una scrittura capace di catturare l’attenzione del lettore. Al centro di questi racconti  vi è quasi sempre la figura del giusto, che non è propriamente un asceta o un mistico, ma qualcuno di semplice, trascinato in una girandola di avventure, al limite, appunto, della follia, spesso e volentieri oltre la soglia del lecito, per sfociare palesemente nel territorio infido del peccato, del proibito, del delitto addirittura. Ma attraverso queste vite storte, Dio a volte scrive le Sue storie migliori, per citare un’altra grande santa, Madre Teresa di Calcutta, che, come in fondo tutti i i santi, anche lei è stata definita una folle di Dio.

Nikolaj Leskov, Il viaggiatore incantato, Neri Pozza editore, pp.202, euro 15