Ma ritorniamo al viaggio di Etchegaray, nel Natale 1989, appena dopo la caduta del Muro di Berlino. La sua missione è quella di creare ponti. La Messa di inizio anno che tiene a Cuba è uno spettacolo. Davanti alla folla, il Cardinal Etchegaray chiede durante l’omelia: “Che messaggio devo portare al Papa?” E la folla: “Che venga!” E il Cardinale: “Ho sentito il vostro messaggio. Non so cosa risponderà, ma di certo verrà”.
Durante i nove giorni di permanenza a Cuba, il Cardinale Etchegaray incontra anche Fidel Castro, e chiede un allentamento di tensioni tra Chiesa e Stato, dopo 30 anni di oppressione. Dall’altra parte, Fidel Castro non fa mistero della sua volontà di accogliere il Papa, in parte perché una visita avrebbe ridato lustro alla sua immagine internazionale in declino e in parte perché pensava che sarebbe stato bene parlare a quattr’occhi con Giovanni Paolo II di molti dei problemi del mondo secolare, come il disarmo, il debito del Terzo Mondo, la povertà.
Giovanni Paolo II non accetta subito l’invito. Vuole degli sviluppi positivi in tema di libertà religiosa. Castro recepisce il messaggio, e comincia un percorso di piccoli ma significativi passi. Uno fu il permesso, dato al professor Enrique Lopez Oliva, di diffondere Religion en Cuba, una newsletter quindicinale che era l’unica pubblicazione indipendente del Paese, diffusa in sole 30 copie e 12 abbonati, tutti giornalisti stranieri e ambasciate.
Quindi, nel 1996, il governo cubano permette a 30 sacerdoti stranieri di unirsi ai 210 sacerdoti cubani che già erano sul campo a Cuba. Le 30 suore che arrivano, per il loro lavoro incessante negli ospedali e tra i profughi, vengono definite da Fidel Castro un “modello per i Comunisti”.
Il 12 luglio 1994, Fidel Castro incontra per due ore nella nunziatura apostolica di Cuba il Cardinal Bernardin Gantin, al tempo presidente della Congregazione dei Vescovi e presidente della Commissione Pontificia per l’America Centrale.
Tornato a Roma, Gantin parla a Giovanni Paolo II del miglioramento dell’atmosfera religiosa, spiega che Castro avrebbe apprezzato una visita papale. “I cambiamenti verso la Chiesa sono parte di un cambiamento più ampio a Cuba… un cambiamento che è sia sociale che economico. In generale, la nazione ha bisogno di grandi cambiamenti, e questi sono avvenuti, seppur su piccola scala,” spiega il Cardinal Gantin al Papa.
All’incontro aveva partecipato anche Jaime Lucas Ortega y Alamino, allora arcivescovo dell’Avana, che Giovanni Paolo II crea cardinale nell’ottobre 1994, facendone il primo cardinale cubano creato dai tempi della revoluciòn e il secondo cardinale cubano di tutti i tempi. La porpora ad Ortega y Alamino è considerata da Castro un gesto di riconciliazione, e il líder maximo permette così a 2500 fedeli cubani di volare a Roma per prendere parte al Concistoro, e invia anche un alto ufficiale del governo.
Nel 1996, pochi giorni prima del viaggio a Cuba dell’allora Segretario per i Rapporti con gli Stati, la Santa Sede si esprime per la prima volta contro l’Helms-Burton Act, firmato dal presidente Clinton a marzo di quell’anno dopo che il governo di Cuba aveva abbattuto due aerei civili statunitensi pilotati da Cubani-Americani e che ha lo scopo di isolare Cuba. La legge, infatti, permetteva agli americani di fare causa e marchi stranieri se questi usano proprietà che sono state loro sequestrate dopo la rivoluzione cubana del 1959, e impediva l’ingresso negli USA agli amministratori di aziende sospette.
Il cardinale Etchegaray sottolinea che la legge presenta delle parti “legalmente discutibili”, tanto da essere criticata non solo dai vescovi o da altri Paesi dell’America Latina, ma anche da “alleati occidentali degli Stati Uniti”.
L’approccio della Santa Sede è coadiuvato dall’impegno delle conferenze episcopali, a partire da quella Statunitense, da sempre in contatto costante con i vescovi Cubani. Nel 1972, la Conferenza Episcopale USA appoggiò la richiesta che i vescovi cubani avevano avanzato nel 1969 di porre fine all’embargo USA contro Cuba. Nel 1985, le conferenze episcopali di Cuba e Stati Uniti si scambiarono una visita. Uno dei maggiori supporter di un nuovo legame diplomatico tra Cuba e gli Stati Uniti – e tra i più decisi a criticare l’embargo – fu il Cardinal Bernard Law, all’epoca arcivescovo di Boston, che andò a Cuba nel 1985 e nel 1989 e in entrambe le occasioni si incontrò con Fidel Castro.
La diplomazia pontificia lavora attivamente, ma sottotraccia, iniziando un dialogo con Castro e chiedendo riconciliazione tra tutti i cubani che vivono a Cuba, e la prima richiesta è la fine dell’embargo USA nei confronti di Cuba.
Il movimento di riconciliazione tra tutti i cubani viene promosso dai vescovi cubani, che nel 1993 pubblicano il documento El Amor Todo Lo Espera, e questo documento è al centro dei colloqui tra Etchegaray e Fidel Castro in quell’anno. Nel 1996, Fidel Castro viene ricevuto da Giovanni Paolo II in Vaticano. Nel 1998, Giovanni Paolo II è il primo Papa a mettere piede su suolo cubano. In una serie di discorsi, il Papa mette in luce i temi della famiglia, della gioventù, della patria, e infine della missione della Chiesa. Criticò la società socialista, ma criticò anche il capitalismo liberista.
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Nel 2008, il Cardinale Bertone, divenuto Segretario di Stato vaticano, ritorna a Cuba sui luoghi della visita di Giovanni Paolo II. Fidel non guida più il Paese, lo fa il fratello Raul, e Bertone è il primo diplomatico straniero ad incontrarlo in visita ufficiale. È l’inizio di un nuovo dialogo che porta al viaggio di Benedetto XVI nel Paese nel 2012.
Fidel Castro va a prendere un caffè con il Papa, parla con lui dell’assenza di Dio, chiede e ottiene dei libri da leggere sul tema. Raul è presente sempre, sembra quasi che dalla Chiesa cattolica dipenda la credibilità di un regime che sta per finire.
Nel frattempo, si avviano i colloqui per il ripristino delle relazioni tra Stati Uniti e Cuba. L’appoggio della Chiesa è fondamentale per Raul Castro. Ma è fondamentale anche per il presidente USA Barack Obama. Entrambi vogliono far cadere l’embargo, ma entrambi necessitano di una stampa favorevole. E, nel gioco della diplomazia, individuano nel popolarissimo Papa Francesco un buono sponsor.
Obama lo ha citato due volte per nome, annunciando la ripresa delle relazioni diplomatiche: anche un modo per dare una rinfrescata alla sua immagine pubblica, ad una credibilità ormai ridotta al minimo. E lo stesso fa Raul Castro, con lo scopo di mostrarsi vicino ad una popolazione in maggioranza cattolica. La diplomazia della Santa Sede, che da sempre lavora per questo obiettivo, accetta e anzi favorisce il gioco. Le due lettere di Papa Francesco testimoniano una sensibilità particolare per il tema.
Papa Francesco poi andrà a Cuba, terzo pontefice consecutivo. La prima volta nel 2015, e la seconda volta nel 2016, con un passaggio in aeroporto per un incontro storico, il primo tra un Papa e un Patriarca di Mosca, Kirill. Il segno di una mediazione lunga più di 30 anni che ha portato Cuba ad aprirsi al mondo, come Giovanni Paolo II aveva auspicato.
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