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Mediazioni pontificie, Giovanni XXIII e la soluzione della crisi dei missili di Cuba

Gli appelli del “Papa buono” furono fondamentali ad evitare una crisi nucleare. E la situazione ispirò al Papa una enciclica, la Pacem in Terris, che è ancora pietra miliare della diplomazia pontificia

Giovanni XXIII | Giovanni XXIII firma l'enciclica Pacem In Terris | Vatican Media Giovanni XXIII | Giovanni XXIII firma l'enciclica Pacem In Terris | Vatican Media

La storia che porta all’enciclica Pacem in Terris ha un inizio preciso: il 14 ottobre 1962. È in quel giorno che un aereo spia statunitense nota che a Cuba stanno installando delle piattaforme missilistiche. A soli 150 chilometri della Florida, lo Stato socialista guidato da Fidel Castro che nemmeno tre anni prima ha rovesciato il generale Fulgencio Batista rappresenta per gli Stati Uniti una minaccia, anche perché ci sono varie tensioni tra Stati Uniti e Cuba. Gli Stati Uniti hanno imposto l’embargo dopo che il governo cubano ha deciso di nazionalizzare le società a capitale estero. Hanno anche provato ad invadere Cuba dalla Baia dei Porci. Non ci sono riusciti.

E così, il mondo diviso in due blocchi ha in Cuba il grande avamposto occidentale del blocco sovietico. Non a caso il segretario del Partito Comunista Sovietico Nikita Chruščёv si accorda in segreto con Fidel Castro per installare missili sovietici proprio a Cuba.

In Guerra Fredda, la minaccia atomica non può che far scattare un campanello di allarme. John Fitzgerald Kennedy, allora presidente degli Stati Uniti, viene informato il 16 ottobre e riunisce un comitato esecutivo del Consiglio di Sicurezza Nazionale, che decide di non permettere all’Unione Sovietica di installare missili a Cuba, pur respingendo l’opzione militare diretta, e decidendo invece la linea della quarantena navale, ossia di respingere tutte le navi di qualsiasi tipo dirette a Cuba da qualsiasi nazione o porto se portano armi.

Il 24 ottobre, la tensione si alza ulteriormente quando navi sovietiche cariche di rifornimenti e materiale militare arrivano al limite della quarantena navale, e solo alcune, dopo perquisizione USA, possono andare avanti. Nonostante tutto, USA e Unione Sovietica continuano le comunicazioni.

Il 25 ottobre, Giovanni XXIII decide di intervenire. Pochi giorni prima aveva aperto il Concilio Vaticano II, ora decide di diffondere un radiomessaggio, trasmesso da Radio Vaticana, nel momento di massima tensione.

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“Con la mano sulla coscienza – dice Giovanni XXIII - che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della Terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: pace! Pace! Noi rinnoviamo oggi questa solenne implorazione”.

Il Papa supplica anche “tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell'umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze. Che continuino a trattare, perché questa attitudine leale e aperta è una grande testimonianza per la coscienza di ognuno e davanti alla storia. Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra”.

Il 26 ottobre, il giorno successivo all’appello Chruščëv avanza la proposta del ritiro dei missili se gli Stati Uniti promettono di non invadere l'isola di Cuba. Sembra una distensione. Il 27 ottobre, però, viene abbattuto un aereo U2 americano. Gli USA sono quasi pronti all’invasione, poi decidono la via diplomatica. L’Unione Sovietica si dice pronta allo smantellamento dei sistemi di lancio già installati a Cuba se da Washington arriva una mossa analoga in Turchia.

Il 28 ottobre, la crisi è conclusa, grazie al dialogo. La quarantena navale termina nel mese di novembre del 1962. Un anno dopo viene installata la cosiddetta linea rossa tra Washington e Mosca, in modo che i leader delle di Stati Uniti e Unione Sovietica potessero parlarsi direttamente in caso di eventi gravi.

Ma la situazione porta Giovanni XXIII a scrivere una enciclica, la Pacem In Terris, una grande utopia che ha compiuto 60 anni lo scorso anno, e che pure è ancora attuale.

Era una enciclica che nasceva dalla volontà di dare delle fondamenta alla pace, e che spiegava come la pace non poteva nascere solo dal negoziato, né dagli equilibri contrapposti. La pace poteva esserci solo se gli esseri umani avessero riconosciuto l’ordine divino proveniente da Dio, perché solo quest’ordine divino permetteva all’uomo di realizzarsi al massimo delle sue aspirazioni. Si parla, da allora, di “sviluppo umano integrale”, che è un tema costante dell’enciclica.

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Sono i temi di oggi. Allora la forza morale della Santa Sede aveva avuto un peso necessario e fondamentale. Oggi, quel peso è ancora riconosciuto?

 

(3 – continua)