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Mediazioni pontificie, il trattato di amicizia tra Argentina e Cile

La controversia sul canale di Beagle fu risolta grazie ad una mediazione della Santa Sede, operata dal cardinale Samoré, che non ne vide la conclusione

Argentina e Cile | Il francobollo vaticano che commemora il 40esimo del Trattato di Pace e di Amicizia tra Argentina e Cile | Vatican Media Argentina e Cile | Il francobollo vaticano che commemora il 40esimo del Trattato di Pace e di Amicizia tra Argentina e Cile | Vatican Media

C’è un discorso di Giovanni Paolo II che è una sorta di sintesi degli obiettivi della diplomazia vaticana. Giovanni Paolo II incontra, il 23 aprile 1982, i responsabili della mediazione tra Argentina e Cile sulla controversia sulla zona australe. Era da tre anni che la Santa Sede si era impegnata ad aiutare a risolvere la controversia. Ma il conflitto sembrava esacerbarsi in quel momento.

Nel suo discorso, Giovanni Paolo II sottolineava che si sperava di “giungere ad una felice conclusione in molto meno tempo”, lamentava che “si sono verificati, a volte, purtroppo, fatti non del tutto conformi con lo spirito degli impegni assunti al momento della richiesta di mediazione”, e notava che “tutta una concomitanza di circostanze spinge ora ad accelerare il passo e a moltiplicare gli intenti perché le affermazioni di buona volontà, sincere e ripetute da ambo le parti, si traducano in realtà concrete e soddisfacenti”.

Giovanni Paolo II elencava poi i criteri della proposta di pace consegnata ai ministri degli Esteri di Argentina e Cile: l’anelito di pace, il desiderio di vedere stabilite tra i popoli di Cile e Argentina ottime relazioni, la speranza di segnalare le nazioni come esempio. E chiedeva che, proprio per questo, si stipulasse un “Trattato di pace ed amicizia perenni”.

Questo venne effettivamente stipulato il 29 novembre 1984, 40 anni fa, e l’anniversario è stato ricordato con un atto diplomatico, una conferenza accademica e un francobollo dedicato.

Ma come si era arrivati al conflitto? Argentina e Cile, a fine anni Settanta del secolo scorso, erano entrambi governati da regimi militari, con Videla in Argentina e Pinochet in Argentina. Il territorio conteso era il Canale di Beagle, un corridoio di 240 chilometri che collega Atlantico e Pacifico nella parte meridionale del continente americano.

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Un arbitrato internazionale del 1977 fu favorevole alle richieste cilene. L’Argentina lo rifiutò, e arrivò sul punto di lanciare la cosiddetta “Operazione Soberanía”, ovvero un attacco all’isola Nueva, sul lato Est del canale di Beagle, programmata già per il 22 dicembre 1978.

La Santa Sede però intervenne. Prima con Giovanni Paolo I, in quello che è stato l’unico intervento diplomatico del suo brevissimo pontificato, e poi con Giovanni Paolo II, che si offrì di una mediazione, accettata dal generale argentino Videla.

Giovanni Paolo II scelse il Cardinale Antonio Samoré, particolarmente esperto di America Latina, come capo del team di mediazione. Questi arrivò a Buenos Aires il 26 dicembre 1978, incontrò subito Videla, e poi cominciò a viaggiare tra Cile e Argentina, con vari colloqui organizzati dall’allora nunzio in Cile Angelo Sodano (che sarà poi cardinale e segretario di Stato) e l’allora nuzio in Argentina Pio Laghi, anche lui successivamente cardinale.

Due settimane dopo, i ministri degli Esteri di Cile e Argentina firmarono l’Atto di Montevideo, chiedendo formalmente la mediazione della Santa Sede e impegnandosi a rinunciare all’uso della forza.

La velocità con cui si arrivò all’Atto di Montevideo non fu pari alla velocità con cui si arrivò ad un trattato. Anzi. Ci fu la guerra Falkland-Malvinas del 1982, e altre situazioni. Samoré riferì dei (lenti) progressi a Giovanni Paolo II anche quando questi era ricoverato in ospedale dopo l’attentato del 1981. E si arriva così al discorso di Giovanni Paolo II che abbiamo ricordato all’inizio di questo articolo.

Una svolta giunge nel 1983, con la caduta del regime militare argentino e la volontà di Pinochet di non cadere nell’isolamento internazionale. Quindi, tutto fu reso possibile dalla volontà popolo argentino, che accettò l’accordo in larga maggioranza esprimendosi in un referendum promosso dal governo di Raúl Alfonsín poco prima della firma.

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Così, dal 1984 Argentina e Cile hanno una cooperazione costruttiva, e, nonostante condividano uno dei confini più lunghi del mondo, non hanno mai combattuto una guerra tra loro. Al confine dei due Paesi è stato costruito un monumento per la pace.

 

(2 – continua)