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I personaggi del Presepe: la storia dei simboli che incarnano

Ogni personaggio ha un proprio significato teologico.

Il Presepe della Reggia di Caserta | Il Presepe della Reggia di Caserta | Credit pd Il Presepe della Reggia di Caserta | Il Presepe della Reggia di Caserta | Credit pd

Il Natale in casa, così si potrebbe definire ogni piccolo (o grande che sia) Presepe presente nei salotti, nelle stanze di ogni abitazione. La scenografia, quasi sempre, è uguale: montagne, ruscelli artificiali e piccoli laghetti, capanne e grotte. E poi sopra, le stelle. Una grotta o capanna (dipende dai “gusti”), e sopra la stella più importante, la stella delle stelle, la Cometa. E’ un paesaggio che tutti abbiamo in mente. Lo incontriamo sempre. O nelle case o nelle chiese. E in tutto questo scenario, ecco venir fuori i vari personaggi del Presepe, donne e uomini, volti, espressioni che ci raccontano storie e simboli: sono le statuine di terracotta (quelle più pregiate) o di plastica (quelle più commerciali) dei pastori. 

 

Primo fra tutti, “incontriamo” Benino, il pastorello che dorme, posizionato - di solito - sotto un pagliaio. Il suo volto è immerso nel sonno; sta sognando; i suoi occhi sono chiusi a gustare il meritato riposo dopo aver chissà quanto tempo camminato, lavorato. Ci sono molte tradizioni e leggende su di lui. Alcune raccontano che il Presepe stesso nasca proprio da un suo sogno e che cesserebbe di esistere nel momento in cui si dovesse destare dal sonno. Benino simboleggia l’attesa del Natale.

 

Durante la strada incontriamo anche il cacciatore, armato di fucile. Non possiamo che provare timore per questo personaggio: il fucile puntato verso di noi, incute paura, ma sappiamo bene che non potrà farci del male. La figura del cacciatore racchiude una forte simbologia: rappresenta, infatti, la morte. E non è un caso che venga posizionato vicino al fiume, simbolo dei cicli dell'esistenza umana: vita-morte; giorno–notte; estate–inverno;  la dualità del mondo celeste e di quello dell’ade. Ma anche la dualità del mondo: il pagano e il sacro. 

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Non spostiamoci dal fiume. Qui troviamo un altro personaggio-chiave: il pescatore che ci ricorda San Pietro. L’apostolo, successore di Cristo, divenuto “pescatore di uomini”. E sempre nello stesso fiume, si intravedono i pesci: nuotano felici. In questo caso abbiamo due simboli importantissimi: l’acqua, segno del Battesimo.  L’altro: tutta la simbologia dell’IXTHYC (ichtùs, in latino; pesce in italiano). Disposte verticalmente, le lettere di questa parola formano un acròstico: Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr,  Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. E poi, sempre vicino al fiume, troviamo un altro personaggio: è una lavandaia intenta a lavare i panni. E’ in ginocchio. Rappresenta le levatrici che hanno assistito alla nascita di Gesù. Quei panni non sono altro che i teli che sono stati utilizzati per pulire il Bambino Gesù appena nato: bianchi, immacolati, miracolosamente puliti, rappresentano la verginità di Maria.

 

Altro immancabile personaggio è Ciccibacco. Si trova vicino a una delle due grotte poste a lato della Natività. Guida un carretto trainato da due buoi e carico di botti di vino. Ciccibacco è la personificazione del dio pagano Bacco. E’ spesso circondato da zampognari e suonatori di flauto che richiamano a loro volta i riti dionisiaci in cui ci si abbandonava all’ebrezza, all’eccesso. Poco più in là, un’osteria che ha un significato ben preciso posta lì vicino alla grotta-capanna del Salvatore: posizionata in quel determinato luogo, simboleggia  l’eterna lotta tra il bene e il male. Qui, il diavolo-oste attira gli avventori nell’osteria e lì, tra l’ebbrezza del vino e del cibo, impedisce agli uomini di accorgersi che poco lontano sta nascendo ciò che rappresenta la vera Gioia del Mondo, il Bambino Gesù.

Ma il nucleo principale non può che essere rappresentato dalla Natività: i tre personaggi principali. La Vergine Maria ha accanto San Giuseppe. Vegliano il Bambino Gesù. La capanna (o grotta) e i tre personaggi sono la meta che il Presepe vuole farci raggiungere, in cammino come i pastori, come i re Magi, verso la Famiglia di Nazareth. Maria incarna la verginità, l’innocenza e la purezza. Veste una mantella celeste, colore della fede e della lealtà. San Giuseppe lo si trova in piedi, accanto alla sua famiglia; ha in mano una lanterna accesa che illumina il mondo con la nascita di Gesù; il bastone che tiene con l’altra mano è la saggezza ma diviene anche simbolo dell’essere il custode di Maria e di Gesù. Dietro loro, sono presenti il bue e l’asino. In merito ai due animali troviamo diverse interpretazioni. Fra queste, due in particolare. La prima, di natura prevalentemente storica, interpreta la loro presenza con la seguente lettura: gli animali erano in viaggio con Giuseppe e Maria; l’asino serviva per non far stancare troppo Maria durante il viaggio verso Betlemme; il bue, invece, serviva a San Giuseppe come merce per pagare le tasse. L’interpretazione teologica sottolinea invece che i due animali rappresenterebbero le nazioni pagane (il bue cui gli idolatri tributano un culto specifico) e il popolo ebraico (testardo nel non voler riconoscere il Messia).

Al centro di tutto, eccolo, il grande protagonista: il Bambino Gesù, il Salvatore del mondo, che con le braccia aperte abbraccia tutti con la semplicità di un bambino, con gli occhi sorridenti di amore e di pace. E a noi non rimane altro che contemplarlo. In silenzio. E abbracciarlo. Cullarlo anche noi, almeno un poco. 

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