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Diplomazia pontificia, verso l’Urbi et Orbi di Natale

Quali saranno i temi del prossimo Urbi et Orbi di Natale? Tre nuovi ambasciatori presentano le credenziali. La questione ucraina. La prossima visita di Biden

Papa Francesco, Joe Biden | Papa Francesco e Biden nel 2016 | Vatican Media Papa Francesco, Joe Biden | Papa Francesco e Biden nel 2016 | Vatican Media

Non è stata comunicata, ed è rimasta riservata, la visita che il metropolita Antonij, capo del Dipartimento di Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, ha compiuto in Vaticano. Il 12 dicembre, il giorno prima che iniziasse la visita ufficiale del metropolita Epifanij, capo della Chiesa Ortodossa Ucraina, Antonij ha avuto incontri con Papa Francesco e poi in Segreteria di Stato con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano.

Non ci sono informazioni sui colloqui, rimasti riservati e non comunicati nemmeno dai siti del Patriarcato di Mosca, ma si è parlato con tutte le probabilità delle possibilità di pace in Ucraina.

Tra l’altro, dopo anche il piano di pace proposto dal premier ungherese Viktor Orbán non è andato a buon fine, e in un contesto mondiale che sembra ora premere per una soluzione del conflitto, la risoluzione del conflitto passa attraverso delicati equilibri. La Santa Sede non ha mai negato la sua possibilità ad operare da mediatore, ma finora, al di là delle missioni umanitarie, questa mediazione non ha potuto avere luogo.

Se, dunque, la settimana prima di Natale è stata caratterizzata da una sorta di “diplomazia ecumenica”, con le visite di Antonij ed Epifanij, non va trascurato che lo scenario mondiale è complesso. C’è preoccupazione per la situazione a Cipro, dove il nuovo protagonismo della Turchia nello scenario Medio Orientale potrebbe esacerbare la situazione che si è creata a Cipro Nord, occupata dalla Turchia e riconosciuta solo dalla Turchia. Perché Cipro Nord potrebbe diventare territorio di approdo e copertura per molti, e questo renderebbe la posizione dell’isola particolarmente complicata.

Il viaggio di Gallagher in Azerbaijan, con i suoi risultati e i suoi discorsi ben pesati, ha avuto un suo peso diplomatico. Mentre si attende la visita di addio del presidente USA Joe Biden in Vaticano il prossimo 10 gennaio, il presidente eletto Trump nomina un nuovo ambasciatore presso la Santa Sede.

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Dal punto di vista diplomatico, questa è la settimana della pace: Papa Francesco lancerà il suo messaggio urbi et orbi (alla città e al mondo) nel giorno di Natale, e l’1 gennaio celebrerà la Giornata Mondiale della Pace inviando nelle Cancellerie di tutto il mondo il Messaggio annuale che quest’anno sarà sul tema della cancellazione del debito, e che sarà poi consegnato ad ogni capo di Stato che visiterà il Papa nel corso dell’anno.

                                   FOCUS URBI ET ORBI

L’Urbi et Orbi di Natale è sempre l’occasione di mettere in luce alcune delle questioni che stanno più a cuore al Papa, specialmente dal punto di vista diplomatico. Il messaggio è una carrellata di flash sulle situazioni che la Santa Sede segue con più attenzione, sempre nella cornice degli auguri natalizi e della riflessione sulla nascita del Dio Bambino.

Ma di cosa parlerà quest’anno Papa Francesco?

Il filo conduttore potrebbe essere la speranza, tema del Giubileo che il Papa aprirà il 24 dicembre. E già nella bolla di indizione del Giubileo, si parla a lungo e in maniera diffusa di “speranza di pace”.

Papa Francesco potrebbe chiedere ancora un cessate il fuoco a Gaza e nuovi negoziati tra Palestina e Israele per un accordo di pace. Potrebbe reiterare gli appelli all’Ucraina e alla Russia di trovare un accordo per il cessate il fuoco e per la costruzione della pace.

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Ma Papa Francesco potrebbe parlare anche del tema dei nuovi diritti, toccando la questione del riconoscimento dell’aborto come un diritto umano, e sottolineando il 75esimo anniversario della promulgazione della Carta Universale per i Diritti dell’Uomo.

Altri scenari che stanno a cuore al Papa sono lo Yemen e in generale il Medio Oriente, il Myanmar e il suo dramma dei Rohingya, gli attacchi alle chiese in Sudamerica. Il ritorno del conflitto in Siria, oggetto della prima grande iniziativa diplomatica di papa Francesco, sarà sicuramente menzionato, così come la difficile situazione istituzionale del Libano. L’Africa dovrebbe entrare nell’Urbi et Orbi con menzioni alle grandi crisi continentali, a partire da quella del Sud Sudan, ma forse anche con una menzione specifica alle relazioni bilaterali e agli accordi quadro (Parolin è stato in Camerun, Gallagher sarà a gennaio in Congo).

Forse il Papa non menzionerà nel dettaglio tutte le situazioni, ma darà indicazioni precise su come superare la crisi. Sarà, quello di Papa Francesco, un messaggio pragmatico. Vale la pena notare che Papa Francesco ha scritto una lettera al nunzio in Russia Giovanni d’Aniello in occasione dei mille giorni del conflitto, così come aveva già fatto inviando una lettera all’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina. Sono segni di distensione vaticana.

                                     FOCUS USA

Il presidente USA Biden da Papa Francesco il prossimo 10 gennaio

Il presidente USA Joe Biden sarà ricevuto da Papa Francesco il prossimo 10 gennaio, nell’ambito di un viaggio di congedo dalla presidenza che includerà anche una tappa in Italia. Biden e Papa Francesco hanno avuto un colloquio telefonico il 19 dicembre, a seguito del quale la Casa Bianca ha annunciato il viaggio del presidente uscente in Italia e in Vaticano.

Papa Francesco non ha mai nascosto la sua simpatia per il presidente Biden, con il quale si congratulò, fuori protocollo, ancora prima che il suo mandato iniziasse. Francesco aveva incontrato Biden quando questi era il vice di Barack Obama, gli aveva fatto avere vicinanza alla morte prematura del figlio Beau, gli ha concesso una udienza insolitamente lunga e lo ha incontrato nuovamente a margine del G7 a Borgo Egnazia.

Papa Francesco è in sintonia con Biden sui temi del cambiamento climatico, della pandemia e della difesa della democrazia, mentre non c’è identità di vedute sulle questioni dell’aborto e della bioetica in generale, così come sugli scenari di guerra.

L’ultimo presidente USA ad effettuare una visita di congedo in Vaticano è stato George Bush jr., nel 2008.

Trump nomina il nuovo ambasciatore USA presso la Santa Sede

Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, ha nominato il 20 dicembre Brian Burch ambasciatore USA presso la Santa Sede. Burch dovrà ora ricevere l’approvazione del Senato dopo una audizione perché la sua nomina sia approvata e diventi effettiva.

Burch è cofondatore e presidente del comitato di azione politica conservatrice CatholicVote, che ha raccolto 1,7 milioni di dollari per la campagna elettorale di Trump.

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Trump ha detto dal suo account X che Burch “ha ricevuto numerosi premi e dimostrato una leadership eccezionale, aiutando a costruire uno dei più grandi gruppi di advocacy nella nazione”, e ha aggiunto che lo ha “rappresentato bene durante l’ultima elezione, avendo guadagnato un numero di voti cattolici superiore a quello di qualsiasi altro candidato presidenziale della storia”.

Burch ha affidato ad X una sua prima reazione, in una thread in cui ha sottolineato di “impegnarsi a lavorare con i leader del Vaticano e la nuova amministrazione per promuovere la dignità di tutte le persone e il bene comune”.

Burch sostituirà l’ambasciatore Joe Donnelly, che ha lasciato l’incarico lo scorso luglio, mentre l’ambasciata è gestita da Laura Hochla come chargée d’affairs.

                                FOCUS GALLAGHER IN AZERBAIJAN

Gallagher in Azerbaijan, l’incontro con il presidente

Quattro giorni di viaggio in Azerbaijan, per posare e benedire la prima pietra di una nuova chiesa a Baku e per incontrare le autorità del Paese. L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, è stato dal 13 al 16 dicembre a Baku, in una nazione che gode di ottimi rapporti diplomatici con la Santa Sede e che allo stesso tempo vuole rispondere alle accuse di “genocidio culturale” nel Nagorno Karabakh riconquistato.

E se la Santa Sede non può non guardare con attenzione alla sorte dei luoghi e della civiltà cristiana che si trovano in Armenia, e ci sono stati vari appelli in tal senso, è anche vero che le relazioni con l’Azerbaijan sono solide, e rese ancora più concrete dai vari lavori di restauro finanziati dalla fondazione legata al presidente.

Era un viaggio, quello di Gallagher, che si colorava di diversi significati. Per raccontarlo si deve partire dalla fine, ovvero dall’incontro del 16 dicembre con il presidente Ilham Aliyev.

È la stessa presidenza azerbaijana a diffondere un lungo comunicato sull’incontro, sottolineando che Gallagher ha portato anche i saluti di Papa Francesco al presidente.

Alyiev, da parte sua, ha ricordato la visita di Papa Francesco al Paese nel 2016, nonché il suo viaggio in Vaticano nel 2020, e ha invitato il Papa a ritornare in Azerbaijan.

L’arcivescovo Gallagher, prosegue il comunicato, ha rimarcato che il principale scopo della sua visita era quello di benedire il terreno destinato alla costruzione di una Chiesa cattolica dedicata a Giovanni Paolo II, e ha espresso gratttudine al presidente per aver donato il terreno e per aver supportato il progetto. Gallagher ha definito il progetto come “una testimonianza della forte partnership tra Azerbaijan e Santa Sede”, e che il gesto del presidente di donare un terreno è stato “ricevuto calorosamente dalla comunità cattolica Azerbaijana”.

Alyiev ha risposto che la visita dell’arcivescovo “mette in luce l’importanza della relazione della Santa Sede con la comunità cattolica locale”, e che la chiesa “resterà come un simbolo dei forti legami bilaterali tra Azerbaijan e Vaticano”.

Secondo il comunicato della presidenza, Gallagher ha lodato “gli sforzi del leader nazionale Heydar Aliyev e del presidente llham Aliyev nello sviluppare un ambiente di pace e armonia per tutte le comunità religiose in Azerbaijan”, e ha sottolineato “il rispetto dell’Azerbaijan per le differenti religioni e denominazioni”, descritto come “una delle caratteristiche distintive” della nazione.

Ancora, Aliyev ha raccontato delle ampie tradizioni di multiculturalismo della sua nazione, e ha enfatizzato che “persone di varie etnie e fedi hanno sempre vissuto insieme in pace ed armonia”, e che questa armoniosa coesistenza è “sia il modo tradizionale di vivere del popolo azerbaijano e una pietra angolare della politica di Stato”.

Sempre secondo il comunicato della presidenza, l’arcivescovo Gallagher ha notato le “forti relazioni” tra la comunità cattolica azerbaijana, gli officiali del governo e la società, e ha affermato che questo è “un fattore chiave nel migliorare la reputazione internazionale dell’Azerbaijan”.

Il presidente Alyiev si è detto orgoglioso degli sviluppi, ha riaffermato l’impegno dell’Azerbaijan al multiculturalismo e alla multietnicità e ha affermato che “la coesistenza pacifica di diverse nazionalità e comunità religiose rafforza l’Azerbaijan e contribuisce significativamente alla armonia sociale e alla sua stabilità”.

In particolare, Aliyev ha fatto anche riferimento all’incontro dei leader religiosi che ha anticipato il COP 29, che ha generato un appello interreligioso sul cambiamento climatico, e che ha descritto come parte dello sforzo azerbaijano di costruire ponti tra i vari stakeholders durante il summit sul clima.

Parlando degli incontri su questioni regionali e internazionali del Cop 29, il presidente Aliyev ha riaffermato l’impegno dell’Azerbaijan nel promuovere la pace e la stabilità nel Sud del Caucaso. Si è parlato anche della situazione in Medio Oriente, e Aliyev si è detto pronto ad aiutare nelle questioni umanitarie che colpiscono oggi la popolazione siriana, in coordinamento con la Turchia considerata “fratello” – parola che ha un suo interesse e che stabilisce tra l’altro in maniera chiara l’asse dell’alleanza dell’Azerbaijan.

Gallagher in Azerbaijan, l’incontro con il ministro degli Esteri

Sempre il 16 dicembre, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato il ministro degli Esteri di Baku Jeyhun Bayramov.

Azerbaijan e Santa Sede hanno relazioni diplomatiche dal maggio 1992, e un significativo aspetto delle relazioni diplomatiche è caratterizzato dagli scambi culturali, considerando che l’Azerbaijan, con la fondazione Aliyev, ha finanziato diversi restauri in Vaticano.

Gallagher in Azerbaijan, l’incontro con il capo dei musulmani del Caucaso

Il 15 dicembre, l’arcivescovo Gallagher si è incontrato con Sheikh-ul-Islam Allahshukur Pashazadeh, presidente del Consiglio dei Musulmani del Caucaso.

Secondo le informazioni diffuse dai media locali, Sheikh-ul-Islam ha detto che le relazioni tra Santa Sede e Azerbaijan stanno approfondendosi.

Ul-Islam ha ricordato la visita di Papa Francesco in Azerbaijan nel 2016 e il suo incontro con le altre denominazioni religiose nella moschea Heydar, ma anche la sua visita in Vaticano nel 2022. Quindi, il presidente del Consiglio dei Musulmani del Caucaso ha parlato delle attività dell’Azerbaijan dopo la guerra – si riferisce alla guerra che li ha portati a prendere il controllo del Nagorno Karabakh – e ha sostenuto che la Heydar Aliyev Foundation sta portando avanti i lavori di restauro di moschee e chiese. Rivolgendosi a Gallagher ha detto: “Se ha l’opportunità di visitare il Karabakh libero, potrà rendersi conto del lavoro del nostro stato per il restauro e la protezione della eredità religiosa e spirituale nei nostri territori che sono stati soggetti al culturicidio”.

Ul-Islam ha detto che “insieme ad altri templi, nella parte centrale della capitale Baku, così come in Karaakh, nella città di Shushi, insieme a templi e moschee anche le chiese armene, così come le antiche chiese apostoliche albaniane, sono portate avanti dallo Stato”.

L’Azerbaijan sostiene che nel territorio non ci fosse solo una componente armena, ma anche una Chiesa greco cattolica locale e antica descritta come albaniana.

L’arcivescovo Gallagher ha invece sottolineato che le crescenti relazioni azerbaijane-vaticane sono il risultato di misure mirate implementate sotto la presidenza di Ilham Alyiev, e si è detto soddisfatto delle relazioni.

Gallagher in Azerbaijan, la posa della prima pietra della chiesa San Giiovanni Paolo II

Il 14 dicembre, l’arcivescovo Gallagher ha benedetto il territorio e la pietra angolare della futura chiesa San Giovanni Paolo II a Baku.

Alla consacrazione erano presenti anche l’arcivescovo Marek Solczynski, nunzio apostolico in Azberaijan, il vescovo Vladimir Fekete, prefetto apostolico di Azerbaijan, il presidente del Comitato di Stato dell’Azerbaijan per il Lavoro con le Organizzazioni Religiose, Ramin Mammadov, l’ambasciatore di Azerbaijan presso la Santa Sede Ilgar Muktharov, il vicedirettore esecutivo della Fondazione Heydar Aliyev Soltan Mammadov, il vescovo di Baku e di Azerbaijan Alessio, fedeli e rappresentanti di corpo diplomatico e media.

Indirizzando un discorso di Benvenuto ai presenti, il vescovo Fekete ha dett che la posa della prima pietra e la benedizione del terreno è “un momento storico per i cattolici di Azerbaijan”, perché “dopo decenni di oscurità, durante i quali l’ideologia ateistica ha distrutto tutto ciò che testimoniava Dio, specialmente chiese, moschee e sinagoghe, stiamo ora vivendo una nuova era”.

L’arcivescovo Gallagher ha ringraziato il presidente Aliyev per il dono del terreno dove si sta costruendo la nuova chiesa, e ha detto che “l’occasione evoca un profondo senso della storia”, perché “nel 2002, durante la visita di San Giovanni Paolo II, il presidente Heydar Aliyev, padre scomparso dell’attuale capo di Stato, prese la storica decisione di dedicare un pezzo di terra per una chiesa cattolica nella città”, e oggi “stiamo vivendo la continuazione di quella impressionante eredità in un modo ugualmente ispiratore”.

                                        FOCUS UCRAINA

Ucraina, Kulbokas: “In corso positivi tentativi di trattative”

In una intervista concessa il 18 dicembre al quotidiano dei vescovi italiani Avvenire, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, ha messo in luce le difficoltà del terzo Natale di guerra, ma ha anche ammesso che sono “in corso positivi tentativi di trattative”.

Kulbokas ha notato che “nella gente c’è stanchezza”, ma che “il fatto che esponenti di governo o di partito di moltissimi Paesi parlino allo stesso modo lascia intendere che ci sia un certo fermento e movimento”, sebbene sia “difficile prevedere se e come si raggiungerà la pace”.

Mosca e Kiev si sono dette disposte a un nuovo scambio di detenuti di guerra, e per il nunzio questo “è un tema che tocca sia le istituzioni, sia soprattutto tante famiglie”, la Santa Sede “insiste su questo versante perché è la dimostrazione che la guerra non ha corroso tutto e c'è ancora un sussulto di umanità fra le parti”.

“Come Chiesa – afferma il nunzio - auspichiamo uno scambio completo dei prigionieri, tutti per tutti, non soltanto dei militari”.

L’arcivescovo Kulbokas ha sottolineato che “il Papa ha nel cuore l’Ucraina” e notato che “spesso Francesco ha condannato i produttori di armi”.

                                FOCUS EUROPA                                                   

Tajani ai media Vaticani mette in luce la possibilità di un’altra conferenza di pace per l’Ucraina

Il 20 dicembre, il ministro italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani ha fatto visita ai media vaticani, cui ha concesso una lunga intervista. Nell’intervista, ha anche parlato della possibilità di una nuova conferenza della pace in Ucraina, sul modello di quella di Bürgenstock dello scorso anno, ma questa volta con la presenza della Russia. L’assenza di Mosca era stata lamentata da diversi osservatori, inclusa la Santa Sede.

Alla conferenza dovrebbero partecipare tutti i BRICs, ovvero anche Cina, India e Brasile. Vale la pena di notare che Cina e Brasile hanno presentato un loro piano per la pace in Ucraina.

Tajani ha anche auspicato la protezione delle minoranze religiose in Siria.

Il ministro degli Esteri italiano si è detto “ottimista” sulla possibilità di un cessate il fuoco tra Israele e Hamas e Russia ucraina.

“Bisogna – ha detto - lavorare in questa direzione, così come si è ottenuto un risultato positivo in Libano, speriamo che si possano convincere da un lato Putin e dall’altro Zelensky, sapendo bene che la responsabilità di ciò che è accaduto è della Federazione Russa e l'Ucraina è la vittima. Credo però che sia giunto il momento di costruire una pace giusta”.

Guardando alla Siria, il ministro ha parlato di “segnali positivi”, sebbene la Siria sia in mano ad ex combattenti dello Stato Islamico.

L’Italia – ha detto Tajani – chiede il riconoscimento e la tutela delle minoranze religiose, a cominciare da quelle cristiane, l’unità dello Stato, l’agevolazione del rientro volontario dei rifugiati da Turchia, Giordania e Libano.

Il ministro si è detto anche preoccupato dalla situazione economica di Germania e Francia, mentre ha detto che la situazione economica dell’Italia è migliore di quella di questi due Paesi. E ha aggiunto: “Serve poi che l’Europa non perda la sua anima, la sua identità, i suoi valori. Ricordo la battaglia contro la pena di morte, fortunatamente qualche risultato si è raggiunto, cresce costantemente il numero di Paesi che ci seguono per la moratoria della pena capitale, quindi questa credo che sia una scelta molto importante, che fa ben sperare, nessuno può arrogarsi il diritto di togliere la vita a un'altra persona”.

Per quanto riguarda l’immigrazione, questo non può essere solo “un problema di ordine pubblico ma deve essere affrontato e risolto con una strategia a medio, a breve e a lungo termine. Bisogna sradicare le cause dell'immigrazione: le malattie, la povertà, il cambiamento climatico, il terrorismo, le guerre. Gran parte dell’immigrazione parte dall’Africa o da lì passa”.

Il ministro ha affermato che bisogna “combattere i trafficanti di esseri umani”, ma anche “favorire l’emigrazione regolare".

                                       FOCUS PAPA FRANCESCO

Papa Francesco incontra una delegazione della Lega Musulmana Mondiale

Non ci sono stati comunicati estesi riguardanti l’incontro che Papa Francesco ha avuto lo scorso 19 dicembre con alcuni rappresentanti della Lega Musulmana Mondiale.

Uno scarno comunicato della Lega Musulmana Mondiale, in arabo, parla di una buona cooperazione. Il leader dell’organizzazione è Muhammad al-Isa, che è già stato in Vaticano lo scorso anno e nel 2021.

                                           FOCUS SEGRETERIA DI STATO

Gallagher riceve il presidente della FAFCE

Il 19 dicembre, Vincenzo Bassi, presidente della Federazione della Associazioni Famigliari Cattoliche, ha avuto un incontro con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati.

Durante l’incontro, l’arcivescovo Gallagher ha supportato il lavoro della FAFCE e ha apprezzato in particolare la costituzione del Family 7 (F7)  in collaborazione con sette importanti organizzazioni, una per ciascuno degli stati del G7.

L’F7 nasce con l’occasione della presidenza italiana del G7. Nella sua dichiarazione costitutiva, l’F7 presenta la richiesta che "abbiamo bisogno di un riconoscimento internazionale della funzione della famiglia".

La dichiarazione si basa su cinque aree di attenzione politica: Emancipazione delle donne nell'economia; Lavoro di cura non retribuito; Demografia; Sviluppo sostenibile; Inclusione sociale.

Le organizzazioni che partecipano all’F7 – vale la pena di notare – non sono tutte cattoliche o cristiane, ma sono piuttosto una coalizione eterogenea di gruppi che condividono una piattaforma di valori il cui valore centrale è quello di dare protagonismo alla famiglia.

Sul tema della pace in un contesto di, come lo chiama Papa Francesco, una "Terza guerra mondiale a pezzi", il presidente della FAFCE Vincenzo Bassi vede anche la speranza che la famiglia può portare durante le discussioni del G7: "Senza riconoscere la funzione della famiglia come pilastro essenziale delle nostre società, anche la stabilità geopolitica e la pace sono in pericolo. Come va la famiglia, così va la società. In particolare, le reti di famiglie hanno una funzione fondamentale per il mantenimento della pace, poiché le famiglie sono il luogo naturale della riconciliazione e del perdono".

La priorità chiave della FAFCE è stata la crisi demografica, che ha portato a una cultura di solitudine e squilibrio generazionale.

                                                 FOCUS AFRICA

Il nunzio in Botswana presenta la credenziali

L’arcivescovo Henryk Mieczysław Jagodziński, Nunzio Apostolico in Sud Africa, Lesotho, Namibia ed eSwatinim, si è visto aggiungere lo scorso 20 agosto anche la responsabilità di essere “ambasciatore del Papa” in Botswana.

Lo scorso 12 dicembre, l’arcivescovo Jagodziński ha dunque consegnato le proprie lettere credenziali. Era stato nominato nunzio il 20 agosto, ma l’evento ufficiale era stato posticipato a causa delle elezioni presidenziali che si sono tenute il 30 ottobre, e che per la prima volta dal 1966 ha visto la vittoria di un partito diverso da quello governativo, ovvero il Partito Democratico del Botswana (BDP), in favore del partito chiamato “Umbrella for Democratic Change” (UDC), con una affluenza alle urne dell’80 per cento.

Il nunzio ha così presentato le credenziali al nuovo presidente, Duma Gideo Boko, classe 1969, avvocato specializzato in diritti umani con studi anche ad Harvard, e dal 2010 attivo ad alto livelli nella politica locale, avendo ricoperto anche l’incarico di leader dell’opposizione nell’Assemblea Nazionale.

Le elezioni hanno mostrato una grande partecipazione democratica in uno dei Paesi politicamente più stabili dell’Africa, nonché uno dei maggiori esportatori di diamanti e casa per la più grande popolazione di elefanti al mondo.

L’arcivescovo Jagodziński ha visitato il Paese per tre giorni. A Gabrone, capitale del Paese, l’arcivescovo ha prima incontrato il capo del protocollo al ministero degli Esteri, poi il ministro degli Affari Esteri Phenyo Butale, cui è stata consegnata copia delle lettere credenziali, con cui si è avuta una conversazione sulle relazioni tra Santa Sede e diocesana. Quindi, dopo un incontro con i dipendenti della Curia diocesana, il nunzio è stato portato dal capo del Protocollo verso la presidenza, dove è stato accolto da una guardia d’onore presidenziale, e poi è stato ricevuto dal presidente, cui ha consegnato le lettere credenziali e le lettere di revoca del predecessore.

“Durante il breve colloquio – dice l’arcivescovo Jagodziński – abbiamo sottolineato l’eccellente qualità delle relazioni tra la Santa Sede e la Repubblica del Botswana. Ho trasmesso al Presidente i saluti e la benedizione di Papa Francesco, assicurandogli le nostre preghiere per lui e il suo popolo. È stato un incontro toccante, che mi ha permesso di vedere il sincero impegno del Presidente per il bene della sua nazione”.

L’arcivescovo ha poi presieduto la Messa nella cattedrale, cui hanno partecipato 30 sacerdoti e numerose suore e fedeli laici. "Con grande gioia – ha detto il nunzio nell’omelia - profonda gratitudine e intensa emozione, oggi celebro con voi la mia prima Santa Messa in Botswana, in questa bella Cattedrale di Cristo Re. Porto con me i saluti e la Benedizione Apostolica del nostro Santo Padre, Papa Francesco, il quale vi assicura la sua vicinanza spirituale e il suo amore per la Chiesa qui in Botswana. Egli vi incoraggia a continuare a camminare insieme come una sola famiglia di fede, speranza e amore."

Il nunzio in Sudafrica partecipa ad una conferenza sul dialogo monastico interreligioso

Lo scorso 7 dicembre si è tenuta a Pretoria, capitale del Sudafrica, la conferenza dal titolo “Monastic Interreligious Dialogue: Unitiy of God and Unity in God”, organizzata dal Dipartimento per il Dialogo Interreligiosoa della Conferenza Episcopale del Sudafrica. Alla conferenza ha partecipato anche l’arcivescovo Henryk M. Jagodziński, Nunzio Apostolico in Sud Africa, eSwatini, Botswana, Lesotho e Namibia, e il vescovo Jan De Groef della diocesi di Bethlehem, presidente del Dipartimento per il Dialogo Interreligioso della Conferenza Episcopale, nonché Seyd Mostafa Daryabari, consigliere culturale dell’ambasciata dell’Iran in Sudafrica, insieme ad alcuni leader musulmani sciiti.

La conferenza aveva un carattere internazionale, con partecipanti da varie nazioni, e ha messo in luce l’importanza del dialogo interreligioso, l’origine del dialogo interreligioso monastico – lanciato da una lettera del Cardinale Pignedoli – e l’importanza della Dichiarazione sulla Fraternità Umana di Abu Dhabi.

                                                FOCUS NUNZI

La Pontificia Accademia Ecclesiastica ha un nuovo ritratto di Papa Francesco

Nella consueta visita di auguri in occasione delle festività natalizie alla Pontificia Accademia Ecclesiastica, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, ha anche assistito alla presentazione del nuovo ritratto di Papa Francesco.

Il sostituto è stato alla “scuola degli ambasciatori” della Santa Sede lo scorso 14 dicembre, ha celebrato la Messa, benedetto il Presepe della Comunità, e ha scelato il nuovo ritratto di Papa Francesco, che si trova nella Sala dei Papi.

Il dipinto è opera del pittore spagnolo Raúl Berzosa, che ha realizzato numerose opere a carattere religioso.

Parolin ordina il nuovo nunzio apostolico in Benin e Togo

Il 14 dicembre, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha ordinato vescovo Ruben Darío Ruíz Mainardi, nominato da Papa Francesco nunzio apostolico in Benin e Togo.

Nella sua omelia, il cardinale Parolin si è soffermato sul motto (“Da te e per te”) e dallo stemma episcopale (che raffigura un asinello) scelto dal nuovo arcivescovo.

Eppure, aggiunge il Segretario di Stato, le immagini del sale e della luce sono quelli che “trasmettono meglio di ogni altro il messaggio che siamo chiamati ad accogliere”, perché “tutti desideriamo una Chiesa e soprattutto una vita che abbiano un sapore più limpido di Vangelo”, ma la questione è sempre riguardo “come realizzare tutto ciò, anzitutto nella propria esistenza”.

E questo è racchiuso nel sale, che per saporire si scioglie, così come deve essere anche il servizio dei sacerdoti, e in particolare delle rappresentanze pontificie, chiamate a trasmettere il gusto del Vangelo “attraverso un servizio, perlopiù silenzioso e nascosto, che non ricerca nient’altro se non il dono di sé per il bene di chi lo riceve”.

Ma il sale ha anche il compito di “conservare gli alimenti”, e in effetti, dice il Cardinale, “c’è una funzione di custodia nell’essere nunzio apostolico”. Rivolgendosi al nuovo arcivescovo Ruíz, il Cardinale Parolin ricorda che “presso le comunità credenti e i popoli del Benin e del Togo, ai quali il Santo Padre ti ha destinato, sarai infatti chiamato a servire la bellezza e l’originalità della fede e delle più genuine espressioni culturali e sociali, così che la tua presenza sia come quella di un ‘pregiato condimento’ che aiuta a preservare il gusto del bene”.

È un compito difficile “in un mondo dove è piuttosto facile e talvolta seducente scivolare nel funzionalismo, nella trascuratezza delle radici, nella giustificazione dei mezzi in nome di un fine”.

Quindi, l’immagine della luce, che “non serve a porre in rilievo se stessa, ma ciò che illumina”.

Eppure, nota il Cardinale Parolin, “Gesù nello specifico chiede che la nostra vita risplenda nel mondo, perché gli uomini colgano dai nostri atteggiamenti la luminosità della testimonianza piuttosto che l’ammaestramento dei concetti, ma alla fine sorprende, asserendo che gli uomini in tal modo riconosceranno e daranno gloria non a noi, che pure abbiamo compiuto le opere, ma al Padre, che nessuno vede: vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”.

Insomma, “il bene che compiamo nel suo nome e senza la ricerca del nostro interesse è efficace e porta di per sé gli uomini a glorificare Dio”, secondo “la misteriosa fecondità evangelica per cui il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani, la preghiera può riportare la pace, la vita credente conquista per attrazione”.

                                           FOCUS AMBASCIATORI

Il nuovo ambasciatore di Repubblica Ceca presenta le credenziali

Il 16 dicembre, Pavel Svoboda, ambasciatore della Repubblica Ceca presso la Santa Sede, ha presentato a Papa Francesco le sue lettere credenziali. Una solida formazione in diritto, e un passato anche da professore universitario, ha servito dal 2004 al 2006 come viceministro degli Affari Esteri e dal 2007 al 2008 come ambasciatore di Praga presso il Consiglio di Europa. Dal 2014 al 2019 è stato presidente della Commissione per gli Affari Giuridici della commissione del Parlamento Europeo. Dal 2022 al 2024 è stato consigliere del ministro per gli affari europei.

Ecco chi è il nuovo ambasciatore di Romania presso la Santa Sede

George Gabriel Bologan, ambasciatore di Romania presso la Santa Sede, ha presentato le sue credenziali a Papa Francesco lo scorso 16 dicembre. Ha studi di filosofia e teologia in Gregoriana, Pontificio Istituto Orientale, Urbaniana e Sant’Anselmo, una laurea in Scienza della Comunicazione presso la LUMSA a Roma, e un passato da giornalista vaticanista

Dal 2003 ha occupato vari incarichi come diplomatico, tra cui: - Console Generale a Milano (2012 - 2016) - Ambasciatore in Italia (2016 – 2022) - Ambasciatore in Spagna (2022 – 2024) - Assessore del Presidente della Romania, Dipartimento per gli Affari Esteri e Affari Europei (febbraio – ottobre 2024) Inoltre, è professore associato presso l’Università Ovest di Timisoara, Facoltà di Scienze Politiche, dottore di ricerca presso l’Università Statale Babes-Bolyai di Cluj Napoca, Facoltà di Storia e Filosofia, Dipartimento di Relazioni Internazionali e Studi Europei.

L’ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede presenta le sue credenziali

Bruno van der Pluijm, ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede, ha presentato lo scorso 19 dicembre le lettere credenziali a Papa Francesco.

Ha studi in Filologia Classica alle spalle, e solo nel 1991 è entrato nel servizio diplomatico. Ha ricoperto incarichi: presso l’Ambasciata in Libano (1994 – 1997); presso l’Ambasciata in Costa Rica (1998 – 2000); presso la Rappresentanza Permanente presso le Nazioni Unite a New York (2000 – 2005); Consigliere per gli Affari multilaterali presso l’Ufficio del Ministro per gli Affari Esteri (2005 – 2007); Capo del Ufficio del Ministro allo Sviluppo e la Cooperazione (2007 – 2010).

Dal 2010 al 2014 è stato ambasciatore in Canada, ambasciatore in Tunisia tra il 2014 e il 2016, direttore generale per la cooperazione allo Sviluppo e Aiuto Umanitario, e Segretario Generale a.i. del Dipartimento per gli Affari Esteri, Commercio Estero e Cooperazione allo Sviluppo (2018 – 2019).

Proviene dalla posizione di ambasciatore nel Regno Unito (2020 – 2024).