Taipei , venerdì, 20. dicembre, 2024 9:00 (ACI Stampa).
Nel 2015, per il sessantesimo anniversario della persecuzione della Chiesa Cattolica a Shanghai, il gesuita Matteo Chu Li-teh era andato, ottantacinquenne, fino in Vaticano per incontrare Papa Francesco. Il quale gli aveva detto di conoscere da tempo la sofferenza del suo fratello più vecchio, padre Chu-Shu-teh, anche lui arrestato durante la perfezione della Chiesa nel 1955, rilasciato e poi riarrestato nel 1981 e morto per la sua fede in prigione nel 1983, le cui reliquie Bergoglio avrebbe fatto arrivare a Buenos Aires, dove sono ancora custodite nella casa arcivescovile.
La sorte di Chu Li-teh è stata diversa. È uscito, è riuscito a coronare il sogno di diventare sacerdote, e ha vissuto più di 30 anni come sacerdote. La sua morte, avvenuta a Taiwan e resa nota da Asia News, chiude un pezzo di storia della Chiesa perseguitata cinese.
Matteo Chu Li-teh era sesto di otto bambini, e aveva frequentato le scuole dei gesuiti. Era ancora un seminarista quando fu arrestato a Shanghai, nell’ambito di una grande retata. Era il 1955, e i comunisti misero in carcere in quel giorno oltre mille cattolici, tra cui il vescovo di Shanghai Ignazio Gong Pigmei. Dopo 27 anni tra carceri e lavori forzati, il 9 gennaio 1994, a ormai 61 anni, poté essere ordinato sacerdote a Taipei, dopo che era stato rilasciato.
Non che la sua vita fosse stata semplice, comunque. Nel 2005, gli era sto impedito di lasciare la Cina quando stava per imbarcarsi su un aereo per unirsi ai suoi fratelli in una concelebrazione.
Tuttavia, nel 2019, per il venticinquesimo dell’ordinazione sacerdotale, ebbe invece la possibilità di una celebrazione, con i suoi amici, tra cui anche il Cardinale Joseph Zen, l’arcivescovo emerito di Taipei Ti-Kang.