Ma, viene aggiunto, “non esiste nel Diritto della Chiesa un delitto tipificato col nome di ‘falso misticismo’, anche se l’espressione è a volte utilizzata da canonisti in un senso strettamente collegato ai delitti di abuso”.
Il Dicastero fa quindi riferimento alle nuove “Norme per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali” che all’articolo 16 afferma come sia “considerarsi di particolare gravità morale l’uso di esperienze soprannaturali asserite o di elementi mistici riconosciuti come mezzo o pretesto per esercitare un dominio sulle persone o compiere degli abusi”.
Se questa circostanza si presenta dunque come “circostanza aggravante” se si presenta insieme ad altri delitti.
Il dicastero sottolinea dunque che “è possibile tipificare un delitto di ‘abuso spirituale’, evitando l’espressione troppo ampia e polisemica di ‘falso misticismo’,” e propone di analizzare la possibilità costituendo un gruppo di lavoro presieduto dal Prefetto del Dicastero per i Testi Legislativi, il quale, si legge in una nota successiva “ha accettato la proposta e procede alla costituzione del Gruppo di lavoro previsto, composto da membri indicati da entrambi i Dicasteri, per adempiere quanto prima al compito affidatogli”.
Cosa cambierebbe con il reato di abuso spirituale? Come detto, mentre sulla questione degli abusi sui minori si è (giustamente) delineato un apparato giuridico preciso e definito, che stabilisce le competenze e i reati, e che cade nella sezione disciplinare del Dicastero della Dottrina della Fede, diversa è la questione degli adulti vulnerabili, tipizzati nella Vos Estis Lux Mundi ma in realtà ancora privi di un quadro giuridico che li tuteli.
L’unico punto in cui vagamente si parla di un provvedimento con un membro del clero che compie abusi su un adulto vulnerabile è il canone 1395, quando si parla del “chierico che permanga scandalosamente in un altro peccato esterno contro il sesto precetto del decalogo”, cosa punibile “con la sospensione, alla quale si possono aggiungere gradualmente altre pene, se persista il delitto dopo l’ammonizione, fino alla dimissione allo stato clericale”.
Insomma, se ci si trova di fronte ad adulti che possono sentirsi ad un momento consenzienti, e si usa la propria aura mistica per compiere degli abusi, ma questi abusi non “permangono scandalosamente”, c’è il rischio che non ci possa essere alcuna sanzione di tipo canonico per chi ha perpetuato l’abuso.
Anche perché, il 30 gennaio 2024, lo stesso Dicastero per la Dottrina della Fede aveva emesso un chiarimento sugli adulti vulnerabili, che notava come il motu proprio “Sacramentorum Sanctitatis Tutela” dava al Dicastero per la Dottrina della Fede, a partire dal 21 maggio 2010, “la competenza a trattare i delitti contro il sesto comandamento del Decalogo commessi da chierici con persone che abitualmente hanno un uso imperfetto della ragione”, competenza confermata nella seconda revisione del motu proprio del 2021.
Tuttavia, si specificava nel chiarimento, in seguito alla promulgazione del motu proprio Vos Estis Lux Mundi, in vigore dall’1 giugno 2019, è stato introdotto nell’ordinamento canonico il concetto di adulto vulnerabili. Chi è l’adulto vulnerabile? Appunto, dice il Vos Estis, “ogni persona in stato d’infermità, di deficienza fisica o psichica, o di privazione della libertà personale che di fatto, anche occasionalmente, ne limiti la capacità di intendere o di volere o comunque di resistere all’offesa”.
Questa definizione, si specificava nel chiarimento, “integra fattispecie più ampie rispetto alla competenza del Dicastero della Dottrina della Fede, la quale resta limitata, oltre ai minori di diciotto anni, a chi ha abitualmente un uso imperfetto di ragione”.
Di fatto, dunque, la sezione disciplinare del Dicastero non aveva competenza a trattare gli altri casi.
Si vedrà, dunque, se il gruppo di studio chiamato a definire il concetto di “abuso spirituale” definirà una cornice legale adeguata perché casi come quelli di Karadima, Rupnik, ma anche Jean Vanier, per citare gli ultimi più tristemente noti, ma anche – andando a ritroso nel tempo – gli abusi del fondatore dei Legionari di Cristo Marciel Maciel, o dell’Abbé Pierre. Casi in cui anche una cosiddetta “visione mistica” era stata utilizzata per perpetuare gli abusi, e per convincere i cosiddetti “adulti vulnerabili” ad accettare l’abuso, o comunque a non denunciarlo subitaneamente.
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Altra questione riguarderà l’eventuale applicazione della norma. Le norme non possono essere retroattive, e dunque il diritto canonico potrà “aggiustare” un vuoto normativo che fino ad ora non è stato affrontato.
Ma, qualora casi del passato saranno portati all’attenzione, questi dovranno essere giudicati secondo la vecchia o la nuova norma? E poi, ancora, resterà la competenza dell’abuso sui vari dicasteri interessati, o si opererà una centralizzazione verso la sezione disciplinare del Dicastero della Dottrina della Fede, come si cominciò a fare a seguito dello scoppio del dramma della pedofilia nella Chiesa per superare il fatto che i delitti non venivano dai vescovi comunicati né riportati, ma autogestiti, a volte creando la moltiplicazione del delitto?
Sono tutti temi da esplorare. Una nuova normativa dovrà comunque essere armonizzata con il Libro VI del Codice di Diritto Canonico, revisionato nel 2021 con lo scopo, appunto, di fornire ai vescovi strumenti più adeguati per prevenire e punire i crimini perpetrati nella Chiesa.